Dal 1° gennaio 2025, un nuovo vincolo contributivo può escludere dal diritto alla NASpI chi si è dimesso da un contratto a tempo indeterminato. L'INPS chiarisce i casi in cui si perde la disoccupazione e le eccezioni previste

Con l’inizio del 2025 sono cambiate le regole per accedere alla NASpI. Chi si è dimesso da un lavoro a tempo indeterminato e perde un secondo impiego entro un anno, potrebbe non avere più diritto all’indennità di disoccupazione.
La novità, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 e illustrata dall’INPS con la circolare n. 98 del 5 giugno, prevede infatti un nuovo vincolo per ottenere la NASpI: in presenza di una precedente cessazione volontaria, sarà necessario aver maturato almeno tredici settimane di contribuzione tra le due interruzioni di lavoro.
In mancanza di questo requisito, la domanda potrà essere rigettata.
NaSpI: chi perde la disoccupazione dopo le dimissioni
La nuova regola in vigore dal 1° gennaio per accede alla disoccupazione prevede che, se nei 12 mesi successivi alle dimissioni si perde un altro lavoro, la disoccupazione spetta solo se si sono versati almeno 13 settimane di contributi tra i due eventi.
In pratica, chi lascia volontariamente un impiego fisso e dopo qualche mese viene licenziato da un altro lavoro, potrebbe non ricevere nulla se non ha accumulato abbastanza settimane di contribuzione.
Ad esempio: Mario si dimette a febbraio 2025 da un posto fisso. A maggio inizia un nuovo lavoro a tempo determinato che dura fino a luglio. A fine contratto resta disoccupato. Se nel frattempo non ha raggiunto almeno 13 settimane di contributi, non potrà richiedere la NASpI.
Dunque se non si rispetta il requisito per il versamento dei contributi, non si potrà accedere alla disoccupazione.
Per accedere alla NASpI è prevista continuità contributiva
Nel dettaglio, il diritto alla NASpI è ora subordinato alla verifica di una continuità contributiva nel caso in cui il lavoratore si sia dimesso o abbia risolto consensualmente un contratto a tempo indeterminato nei dodici mesi precedenti a un evento di disoccupazione involontaria.
Si tratta di una stretta mirata a evitare che la disoccupazione venga utilizzata come ammortizzatore dopo dimissioni strategiche, magari seguite da impieghi brevi o saltuari.
La nuova norma impone quindi che, per accedere alla prestazione, si debbano dimostrare tredici settimane di contributi previdenziali tra il momento in cui si è lasciato volontariamente un impiego stabile e quello in cui si perde un altro lavoro, indipendentemente dalla durata o dal tipo di contratto di quest’ultimo.
Quando il diritto alla disoccupazione resta salvo
Non tutte le dimissioni, però, portano a conseguenze negative. La norma distingue chiaramente tra cessazioni volontarie ordinarie e casi tutelati, per i quali non si applica il nuovo requisito.
Restano quindi escluse da questa limitazione le dimissioni per giusta causa, comprese quelle legate a trasferimenti non giustificati, le dimissioni durante i periodi protetti di maternità e paternità, nonché le risoluzioni consensuali concluse nell’ambito delle procedure conciliative previste dalla legge.
In tutti questi casi, il lavoratore potrà ancora accedere alla NASpI anche in assenza del nuovo vincolo contributivo.
Quali contributi sono considerati validi per accedere alla disoccupazione
Ai fini del raggiungimento delle tredici settimane, vengono considerati validi i contributi versati durante rapporti di lavoro subordinato, ma anche quelli figurativi per maternità obbligatoria e congedo parentale indennizzato.
Vengono inoltre inclusi i periodi di lavoro svolti all’estero in Paesi convenzionati e alcune situazioni particolari, come l’astensione per malattia dei figli, entro limiti ben definiti, fino agli 8 anni di età del figlio e nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare. Le settimane agricole, se presenti, possono anch’esse essere computate, rispettando i parametri di equivalenza stabiliti dall’INPS.
È importante sottolineare che la riforma riguarda esclusivamente l’accesso alla prestazione, non le sue modalità di calcolo.
L’importo e la durata dell’indennità NASpI rimangono invariati e continuano a essere regolati secondo i criteri già previsti dalle disposizioni precedenti.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: NASpI dopo le dimissioni: chi perde il diritto alla disoccupazione