Il termine dilatorio per l’emissione dell’avviso di accertamento non ammette eccezioni

Emiliano Marvulli - Imposte

L'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento determina l'illegittimità dell'atto impositivo, al netto di specifiche ragioni di urgenza. La Corte di Cassazione chiarisce che non sono ammesse eccezioni alla garanzia di tutela del contribuente

Il termine dilatorio per l'emissione dell'avviso di accertamento non ammette eccezioni

L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, dopo il rilascio al contribuente di copia del PVC, determina l’illegittimità dell’atto impositivo, salvo la ricorrenza di specifiche ragioni di urgenza.

La garanzia di tutela del contribuente non ammette eccezioni, non potendo essere sostituita da un contraddittorio più o meno lungo ed intenso svoltosi tra le parti.

Di conseguenza, qualora il termine sia stato violato e l’Amministrazione finanziaria non provi la ricorrenza di ragioni d’urgenza, l’atto impositivo notificato prima della decorrenza del termine è nullo.

È questo il principio di diritto contenuto nell’Ordinanza n. 21517 del 20 luglio 2023 della Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione, rilasciato alla società a conclusione di una verifica fiscale, l’Agenzia delle entrate ha emesso un avviso di accertamento prima della scadenza prevista dalla legge.

L’atto è stato impugnato dalla contribuente e la CTP lo ha accolto perché notificato meno di sessanta giorni dopo la consegna del PVC. Sulle medesime motivazioni l’appello proposto dall’Ufficio finanziario è stato respinto dalla CTR.

L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, nella parte in cui ha ritenuto illegittimo l’atto perché notificato ante tempus, sebbene la Guardia di Finanza avesse concesso alla società ampio termine per dedurre ed avesse redatto il PVC al solo scopo di esporre le risultanze delle indagini finanziarie.

Inoltre, l’Ente impositore ha censurato la decisione perché il giudice dell’appello ha annullato l’atto impositivo fondando su una pretesa violazione formale della disciplina del contraddittorio preventivo, ma in un’ipotesi in cui la finalità tutelata dalla norma era stata già ampiamente soddisfatta nel corso della previa verifica fiscale.

Nel caso di specie è stato chiarito che l’Amministrazione finanziaria, in prosieguo di una prima verifica terminata il 2.4.2009, in data 1°.3.2010 la Guardia di Finanza ha ripreso le operazioni di accertamento, notificando ai soggetti interessati i prospetti contenenti le movimentazioni bancarie (versamenti e prelevamenti), concedendo alla parte oltre 15 giorni per fornire le proprie giustificazioni.

Inoltre, sebbene la GdF abbia qualificato le attività di controllo a carico della società come “verifica”, l’accesso nei locali della società è avvenuto unicamente al fine di notificare gli esiti delle indagini finanziarie.

Ciò premesso, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che “ancorché il termine di 60 giorni non sia stato rispettato, si osserva che il principio del contraddittorio non è stato nella specie violato”, perché la contribuente è stata posta in condizione di presentare proprie osservazioni, le ha proposte, e sono anche state prese in considerazione, come emerge dallo stesso PVC.

In materia di omesso rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 la Corte di cassazione ha ribadito che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus.

Detto termine, infatti, è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.

La Corte ha inoltre aggiunto -ed è qui la novità- che la garanzia di tutela del contribuente assicurata mediante il termine dilatorio in questione non ammette equipollenti, non potendo essere sostituita da un contraddittorio più o meno lungo ed intenso svoltosi tra le parti.

Il termine è stato ritenuto necessario dal legislatore per garantire alla parte, alla conclusione delle indagini svolte presso di lui, un periodo di tempo utile per riesaminare i dati raccolti dai verificatori e determinarsi sulla sua successiva condotta, e rimane pertanto indifferente alle vicende che si sono compiute nelle fasi preliminari.

Nel caso di specie, poi, l’Amministrazione finanziaria ha consegnato i dati estratti dalle movimentazioni bancarie, che certo il contribuente avrebbe dovuto esaminare con cura, e poi, non rispettando il termine di cui all’art. 12, comma 7, L. 212/2000, ha notificato l’avviso di accertamento, evidentemente violando la norma indicata.

Da qui il rigetto del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria con conseguente declaratoria di illegittimità dell’avviso di accertamento.

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