La tassazione IVA delle piattaforme online

La disciplina IVA applicabile per le prestazioni rese da piattaforme online al centro della Sentenza del 28 febbraio 2023 della Corte di Giustizia Europea: un'analisi della normativa di riferimento

La tassazione IVA delle piattaforme online

La Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 28 febbraio 2023, nella causa C-695/20, si è pronunciata chiarendo la disciplina IVA applicabile per le prestazioni rese da piattaforme on line.

Nel caso di specie, per quanto di interesse, una società registrata a fini IVA nel Regno Unito gestiva su Internet una piattaforma di social network, proposta agli “utenti” in tutto il mondo, suddivisi in “creatori” e in “fan”.

Ogni creatore disponeva di un “profilo”, sul quale caricava e pubblicava contenuti, quali fotografie, video e messaggi.

Tassazione IVA delle piattaforme online: i fatti della Sentenza della Corte di Giustizia Europea

I fan potevano accedere al contenuto caricato dai creatori che desideravano seguire, o con i quali volevano interagire, effettuando pagamenti ad hoc, o pagando un abbonamento mensile. I fan potevano, inoltre, versare “mance” o doni che non davano luogo alla fornitura di alcun contenuto in cambio.

Ogni creatore determinava il canone mensile di abbonamento, ma la società stabiliva un importo minimo dovuto, sia per gli abbonamenti e sia per le “mance”.

La stessa società forniva non solo la piattaforma (per la quale fissava le condizioni generali di utilizzo), ma anche il dispositivo che consentiva di effettuare le operazioni finanziarie, ed era responsabile della riscossione e della distribuzione dei pagamenti effettuati dai fan, avvalendosi di un ente terzo, prestatore di servizi di pagamento.

A fronte di tutto ciò, la società prelevava il 20 per cento di ogni somma versata a favore di un creatore, al quale essa fatturava l’importo corrispondente. Sulla somma così riscossa, la società applicava l’IVA a un’aliquota del 20 per cento, che figurava nelle fatture che essa emetteva.

L’amministrazione tributaria e doganale notificava dunque avvisi di accertamento relativi all’IVA, ritenendo che si dovesse considerare che la stessa società agisse in nome proprio, ai sensi dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011.

Di conseguenza, la società avrebbe dovuto assolvere l’IVA sulla totalità della somma ricevuta da un fan e non soltanto sul 20 per cento di tale somma, che essa prelevava a titolo di remunerazione.

La società proponeva quindi ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado (sezione tributaria), del Regno Unito, giudice del rinvio, contestando, in sostanza, la validità della base giuridica degli avvisi di accertamento, ossia l’articolo 9 bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011, sostenendo che tale disposizione avrebbe per effetto di modificare e/o integrare l’articolo 28 della direttiva IVA, aggiungendovi nuove regole e prevedendo che il mandatario che interviene in una prestazione di servizi tramite mezzi elettronici abbia ricevuto e fornito detti servizi, anche quando l’identità del fornitore, che è il mandante, è nota.

Tale previsione priverebbe però le parti della loro autonomia contrattuale e prescinderebbe dalla realtà commerciale ed economica, modificando fondamentalmente la responsabilità del mandatario e trasferendo l’onere fiscale sulle piattaforme gestite su Internet, risultando impossibile, in pratica, confutare la relativa presunzione.

La Corte di Giustizia, nell’esaminare la questione, ricorda che, in forza dell’articolo 28 della direttiva IVA, intitolato “Operazioni imponibili”, qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale.

Tale articolo, che è formulato in termini generali, e che comprende quindi tutte le categorie di servizi, crea la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente, in forza della quale si ritiene che l’operatore che partecipa a una prestazione di servizi, cioè il commissionario, in un primo tempo, abbia ricevuto i servizi in questione dall’operatore per conto del quale agisce, cioè il committente, e, in un secondo tempo, abbia fornito personalmente tali servizi a un cliente (sentenza del 21 gennaio 2021, UCMR - ADA, C-501/19).

Tassazione IVA delle piattaforme online: l’analisi della normativa

L’articolo 28 della direttiva IVA stabilisce quindi che il soggetto passivo che, nell’ambito di una prestazione di servizi, agisce in qualità di intermediario in nome proprio, ma per conto di terzi, si presume essere il prestatore di tali servizi.

Per quanto riguarda, più specificamente, l’articolo 9 bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, i giudici comunitari rilevano poi che, tenuto conto dell’evoluzione che, nell’ambito della direttiva IVA, caratterizza in particolare l’imposizione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici a persone che non sono soggetti passivi, i quali, a decorrere dal 1° gennaio 2015, sono tassabili nello Stato membro in cui il destinatario è stabilito, nel luogo del suo indirizzo permanente o della sua residenza abituale, a prescindere dal luogo di stabilimento del soggetto passivo che presta tali servizi, il Consiglio ha ritenuto necessario specificare chi è il prestatore di servizi ai fini dell’IVA, quando appunto detti servizi sono prestati attraverso reti di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale.

Ed è in tale contesto che l’articolo 9 bis, paragrafo 1, indica, “ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva [IVA]” e nel caso in cui servizi tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, come un mercato delle applicazioni, in quali condizioni si debba ritenere che il soggetto passivo, che interviene in detta prestazione, agisca in nome proprio ma per conto del prestatore.

Le disposizioni dell’articolo 9 bis rispettano dunque gli obiettivi generali essenziali della direttiva IVA e, in particolare, quelli del suo articolo 28.

A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, primo comma, il soggetto passivo che interviene in una prestazione di servizi, prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale quale un mercato delle applicazioni “si presume (...) che agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi, a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti”.

La disposizione si limita dunque a precisare i casi in cui si ritiene soddisfatta la condizione relativa all’ambito di applicazione ratione personae dell’articolo 28 della direttiva IVA, necessaria all’applicazione della presunzione, senza integrarne o modificarne il contenuto, ma semplicemente concretizzandola nel contesto specifico dei servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia, o un portale quale un mercato delle applicazioni.

E la previsione, aggiungendo “a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti”, consente anche di confutare tale presunzione, tenendo conto della realtà contrattuale dei rapporti tra gli intervenienti nella catena di operazioni economiche, ed avendo peraltro la Corte già dichiarato che la condizione relativa al fatto che il soggetto passivo debba agire in nome proprio ma per conto di terzi, di cui all’articolo 28 della direttiva IVA, deve essere verificata, in particolare, alla luce delle relazioni contrattuali tra le parti (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2011, Henfling e a., C-464/10).

Inoltre, per quanto riguarda il secondo comma dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, la Corte rileva che, secondo tale disposizione, “al fine di considerare il prestatore di servizi prestati tramite mezzi elettronici esplicitamente designato dal soggetto passivo quale prestatore di tali servizi” devono essere soddisfatte due condizioni:

  • da un lato, la fattura emessa o resa disponibile da ciascun soggetto passivo che interviene nella prestazione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici deve identificare i servizi elettronici e il relativo prestatore;
  • E, dall’altro, la nota di pagamento o la ricevuta emessa o resa disponibile per il destinatario deve identificare i servizi prestati tramite mezzi elettronici e il relativo prestatore.

E, ancora, per quanto riguarda il terzo comma dell’articolo 9 bis, “ai fini (di tale) paragrafo, a un soggetto passivo che, in relazione ad una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici, autorizzi l’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali della prestazione non è consentito designare esplicitamente un’altra persona quale prestatore di tali servizi”.

Da tale terzo comma risulta quindi che, quando il soggetto passivo versa in una delle tre ipotesi previste, la presunzione di cui al primo comma dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 non può neppure essere confutata e diviene quindi assoluta.

In altri termini, nel caso di servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia, o un portale quale un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in detta prestazione agisca sempre in nome proprio, ma per conto del prestatore di tali servizi e, di conseguenza, è ritenuto essere esso stesso il prestatore di detti servizi, quando autorizzi l’addebito al destinatario o la prestazione di tali medesimi servizi, ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali di tale prestazione.

Condizioni, per l’appunto, che si concretizzavano anche nel caso in esame.

Del resto, rileva la Corte, quando un soggetto passivo, che interviene nella prestazione di un servizio tramite mezzi elettronici, sfruttando, ad esempio, una piattaforma di social network on-line, ha la facoltà di autorizzare la prestazione di tale servizio, o la fatturazione di quest’ultimo, o, ancora, di fissare le condizioni generali di tale prestazione, detto soggetto passivo ha la possibilità di definire, in modo unilaterale, elementi essenziali relativi alla prestazione, vale a dire la sua realizzazione e il momento in cui essa avrà luogo, o le condizioni in base alle quali il corrispettivo sarà esigibile, o ancora le norme che formano il quadro generale di tale prestazione.

In tali circostanze, e tenuto conto della realtà economica e commerciale che esse rispecchiano, il soggetto passivo deve essere quindi considerato il prestatore di servizi, ai sensi dell’articolo 28 della direttiva IVA.

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