Tassazione e disciplina degli extraprofitti nel settore energetico

Sotto la lente di ingrandimento il tema della tassazione e della disciplina degli extraprofitti nel settore energetico: un'analisi a partire dalle Sentenze del Consiglio di Stato del 22 marzo 2023

Tassazione e disciplina degli extraprofitti nel settore energetico

Il Consiglio di Stato, con sentenze del 22 marzo 2023, nell’ambito del contenzioso avviato da alcune società del settore energetico avverso i provvedimenti ARERA in tema di extraprofitti, ritenuti sussistenti apprezzabili profili di fumus boni iuris nella contestazione dell’interpretazione del giudice di primo grado della norma primaria e della conseguente estensione dei poteri regolatori dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA, e ritenuta l’assenza di validi motivi per discostarsi dalle valutazioni in punto di periculum in mora svolte in sede di appello sul dispositivo di sentenza, ha confermato la sospensione dell’esecutività della sentenza appellata, fissando l’udienza del 5 dicembre 2023 per la trattazione della causa nel merito.

Tassazione e disciplina degli extraprofitti nel settore energetico: un caso di specie

Nella specie, le ricorrenti erano titolari di impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW.

Con l’atto introduttivo del giudizio avevano impugnato la deliberazione dell’ARERA n. 266/2022/R/EEL del 21 giugno 2022, recante “Attuazione dell’articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, in merito a interventi sull’elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili”, nonché le note del Gestore dei Servizi Energetici, aventi ad oggetto “comunicazione di inclusione nel perimetro di impianti interessati dall’articolo 15-bis del DL 27 gennaio 2022, n. 4”.

Di tali atti avevano chiesto l’annullamento, previa tutela cautelare.

Si erano costituiti in giudizio l’ARERA, il Gestore dei Servizi Energetici, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Transizione Ecologica e quello dello Sviluppo Economico, nonché la Cassa Servizi Energetici e Ambientali – CSEA, resistendo al ricorso, di cui contestavano la fondatezza.

Per quanto di interesse, si evidenzia che, l’oggetto del giudizio era in particolare costituito dalla legittimità degli atti di attuazione della disciplina normativa primaria (art. 15 bis del d.l. n. 4/2022), dalla cui applicazione era derivato, per le ricorrenti, l’effetto pregiudizievole della sottrazione di una quota del prezzo di cessione dell’energia prodotta, per mezzo della rettifica dello stesso per il periodo febbraio-luglio 2022.

Per individuare il contesto sistematico di riferimento, bisogna rilevare che l’articolo 122, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) consente al Consiglio, su proposta della Commissione, di adottare misure straordinarie di natura solidaristica per fronteggiare gravi difficoltà nell’approvvigionamento dei prodotti del settore energetico.

La direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019, relativa alle norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, impone agli Stati membri di assicurare alle imprese elettriche un trattamento trasparente, proporzionato e non discriminatorio (articolo 3, paragrafo 4) e consente loro di intervenire, in via straordinaria e temporanea, nella fissazione dei prezzi di fornitura dell’energia elettrica.

In data 8 marzo 2022 la Commissione Europea ha inviato al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni la Comunicazione REPowerEU sull’azione europea comune per la sicurezza, la sostenibilità e l’accessibilità all’energia, con la quale ha enunciato gli orientamenti applicativi sulla regolazione dei prezzi, prevista come misura straordinaria e temporanea dall’articolo 5 della direttiva (UE) 2019/944 e sulle misure fiscali sugli utili inframarginali.

Il quadro normativo degli interventi di contrasto al caro energia

Con il successivo regolamento del Consiglio del 6 ottobre 2022 n. 2022/1854/UE sono state poi adottate alcune misure emergenziali, mirate e limitate nel tempo, volte ad attenuare gli effetti dell’aumento dei prezzi dell’energia.

In particolare, con l’articolo 6, paragrafo 1, è stato introdotto un tetto massimo ai ricavi di mercato, ottenuti dai produttori dalla vendita di energia elettrica, pari ad euro 180 per MWh.

Con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), è stata inoltre attribuita agli Stati membri la facoltà di ridurre ulteriormente il tetto massimo fissato in via uniforme per i ricavi dalla vendita di energia elettrica, purché tale riduzione fosse proporzionata e non discriminatoria, non compromettesse i segnali di investimento e assicurasse la copertura degli investimenti e dei costi di esercizio.

Il Tribunale ha dunque ritenuto che dovesse essere posta l’attenzione proprio sull’art. 8, comma 2, lett. c) del regolamento n. 1854/2022, che, come detto, impone agli Stati di garantire la copertura “degli investimenti e dei costi di esercizio”.

La Commissione tratta inoltre anche delle misure incidenti sugli “utili inframarginali”, dirette cioè a “catturare” alcuni rendimenti ottenuti da determinati produttori di energia elettrica.

Simili interventi, oltre a dover essere limitati nel tempo e collegati ad una specifica situazione di crisi, devono “recuperare unicamente una quota degli utili effettivamente realizzati”.

Il quadro normativo richiamato, secondo il TAR, rivelava dunque che gli interventi sugli extraprofitti devono, da un lato, avere ad oggetto gli utili realizzati (e non i ricavi), e, dall’altro, garantire comunque la copertura dei costi di investimento e dei costi di gestione.

L’art. 15 bis del DL 27 gennaio 2022 n. 4 incideva sul prezzo di mercato dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, delineando un meccanismo di compensazione a due vie di cui descriveva l’operatività, basata sulla differenza di valore tra il prezzo di riferimento e il prezzo di mercato; nel contempo la norma assegnava all’ARERA il compito di stabilire le modalità con le quali dare attuazione alle disposizioni introdotte.

Il riferimento al differenziale tra due prezzi indicava un metodo di calcolo finalizzato all’individuazione degli extraprofitti, ma non recava ulteriori precisazioni in ordine all’effettiva consistenza delle partite economiche a cui doveva essere riferito tale meccanismo.

Parimenti, la norma non escludeva che dovessero essere considerati i costi di investimento e quelli di gestione, nonché, più in generale, tutti gli elementi che, anche differenziando l’uno dall’altro gli impianti dello stesso tipo, potessero essere decisivi per l’emersione dell’utile inframarginale effettivamente realizzato.

In definitiva, concludeva il TAR, l’art. 15 bis doveva essere inserito in modo coerente nel quadro euro-unitario di riferimento. Quadro normativo che impone di assicurare la copertura dei costi di esercizio e di investimento, e di incidere solo sugli “utili inframarginali”, così da recuperare solo “utili effettivamente realizzati”, nel contesto di una disciplina che deve essere aderente ai canoni di proporzionalità e di divieto di discriminazione tra i diversi operatori.

Si rileva, infine, che tra le questioni di legittimità costituzionale sollevate davanti al TAR, vi era anche quella in relazione all’art. 53 Cost.

A tal proposito, per quanto di interesse, il TAR rilevava però che il richiamato contesto normativo euro-unitario evidenzia che gli Stati possono, in presenza di determinate presupposti, introdurre limiti, diretti o indiretti, ai prezzi dell’energia con riferimento ai diversi operatori della filiera, al fine di tutelare l’economia e i consumatori a fronte della situazione di crisi economica e sociale sopravvenuta.

E la variazione del costo del combustibile, con le correlate ricadute sui prezzi di mercato dell’energia, rappresenta, nell’attuale contesto internazionale, un fattore di rischio rispetto alle esigenze di tutela del sistema economico, dei clienti finali e degli stessi produttori di energia, a fronte del quale il legislatore ha predisposto un meccanismo a due vie che non si pone nella logica propria del prelievo tributario.

Altro discorso, concludeva il TAR, era però se la deliberazione ARERA fosse in grado di far emergere il reale utile inframarginale.

A tal proposito, le censure erano fondate.

Tassazione e disciplina degli extraprofitti nel settore energetico: l’analisi

Rilevano i giudici amministrativi che il meccanismo di compensazione a due vie tendeva, quando è positivo il differenziale tra il prezzo di mercato e il prezzo di riferimento, ad individuare gli extraprofitti che il produttore ha maturato in ragione esclusivamente di fattori esogeni, non dipendenti dalla gestione dell’impresa, ma dal contesto geopolitico internazionale, che ha provocato una repentina crescita e, comunque, una continua oscillazione dei costi del combustibile.

La funzione regolatoria dell’ARERA, cui erano demandate le modalità di attuazione della misura, doveva essere però diretta ad assicurare che venissero attratti nel meccanismo solo gli utili inframarginali effettivamente realizzati.

E, parimenti, doveva essere assicurata la copertura degli investimenti e dei costi di esercizio.

Spettava dunque ad ARERA l’individuazione esatta delle partite economiche rilevanti ai fini dell’emersione dell’effettivo utile inframarginale percepito dagli operatori interessati, laddove l’individuazione dell’utile derivato da fattori esogeni presuppone la considerazione dei costi sostenuti dai diversi operatori, perché altrimenti viene individuato un valore di ricavo, che, essendo al lordo dei costi, non rappresenta l’utile inframarginale effettivamente maturato.

Tra gli elementi incidenti sulla maturazione di un utile effettivo vi sono quindi i costi che necessariamente sono sostenuti dagli operatori, come le misure di compensazione ambientale, i canoni di concessione, i corrispettivi di sbilanciamento, i costi di acquisto dell’energia per gli impianti ausiliari, i canoni regionali di derivazione dell’acqua, eventuali prelievi fiscali che già incidono sull’utile inframarginale conseguito.

Bisogna poi tenere conto delle diverse dimensioni, collocazioni territoriali, tempi di funzionamento di impianti dello stesso tipo, che, a causa di tali differenze, sono chiamati a sostenere costi di gestione differenti.

Tutti elementi la cui individuazione di dettaglio non era tuttavia stata effettuata da ARERA.

Ne conseguiva che la deliberazione impugnata era viziata sul piano istruttorio e motivazionale, avendo questa omesso, in modo irragionevole, di individuare sul piano tecnico e di valorizzare sul piano della disciplina regolatoria tutti i fattori che conducevano a definire le partite economiche funzionali all’emersione dell’utile inframarginale effettivamente realizzato dagli operatori interessati dalla misura.

Alcune considerazioni finali su tassazione e disciplina degli extraprofitti nel settore energetico

Tanto premesso, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.

I rialzi sui prezzi degli idrocarburi hanno certamente consentito alle compagnie energetiche produttrici di chiudere il terzo trimestre del 2021 e i primi due trimestri del 2022 con profitti straordinari.

Anche chi vende energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ha visto schizzare i guadagni: il regime di tariffazione marginale, infatti, impone che sia la materia prima più costosa a determinare il prezzo.

E così anche fotovoltaico, idroelettrico ed eolico hanno beneficiato dei rialzi sul gas, aumentando a dismisura i margini.

L’innalzamento dei prezzi del gas dal TTF (il mercato fisico olandese), come noto, si è esteso ai mercati regolamentati ed over the counter.

Ai mercati sono comunque connessi anche i prezzi dettati dall’ARERA per la cessione ai clienti che non hanno ancora scelto di passare al mercato libero.

Al di là delle differenze, resta comunque che qualcuno ci ha evidentemente guadagnato.

In questo scenario, tuttavia, il Consiglio di Stato il 30 novembre 2022 ha sospeso, in via cautelare, il pagamento del tributo sugli extraprofitti delle imprese del settore energetico, affermando, tra le altre, che la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 22/2022 avrebbe esorbitato le sue prerogative interpretative, assumendo veste provvedimentale, e confermando così la debolezza dell’impianto normativo che aveva caratterizzato la originaria normativa sulla questione.

Normativa comunque poi riformulata dal Legislatore, che, nella manovra di bilancio, ha deciso di introdurre una nuova tipologia di contributo di solidarietà per il 2023 (non intervenendo però su quello già in vigore per il 2022, con la conseguenza di trovarci così di fronte a due contributi di solidarietà diversi per struttura ed impostazione).

Gli emendamenti al disegno di legge di Bilancio, approvati in Parlamento, sono intervenuti anche sul contributo straordinario delle imprese energetiche, sia per il 2022 sia per il 2023.

La tassazione dell’extraprofitto è così stata rivista con nuove regole di esclusione e di calcolo. La norma è diventata quindi un “contributo di solidarietà temporaneo” per il 2023 e la base imponibile è stata sensibilmente ridotta.

Il contributo si è comunque spostato dal fatturato agli utili, correggendo anche la formazione della base imponibile, che rappresentava la principale problematica della tassazione secondo la legge originariamente formulata.

In sostanza, il contributo del 2022 sembra ormai “abbandonato” alla sua sorte giudiziale, essendosi peraltro dimostrato inadatto ad assicurare il gettito stimato e il puntuale adempimento.

Con la disciplina introdotta con la Legge di bilancio, abbandonati criteri privi di qualsiasi riscontro in termini di capacità contributiva (le liquidazioni periodiche dell’Iva), si torna in ogni caso ora ad una base imponibile calcolata sull’incremento della media del reddito complessivo di esercizio, purché eccedente almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi IRES del quadriennio 2018-2021.

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