Legittimo l’utilizzo degli studi di settore in sede penale

Emiliano Marvulli - Studi di settore

Gli studi di settore possono essere utilizzati in sede penale ai fini della configurabilità del reato di omessa presentazione della dichiarazione, per la ricostruzione delle imposte dovute e non dichiarate e per la verifica del superamento della soglia di punibilità. A stabilirlo la Cassazione con la Sentenza n. 36207 del 19 agosto 2019.

Legittimo l'utilizzo degli studi di settore in sede penale

Con la Sentenza n. 36207 depositata il 19 agosto 2019 la Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della configurabilità del reato di omessa presentazione della dichiarazione, il giudice penale può legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo basato sugli studi di settore per la ricostruzione delle imposte dovute e non dichiarate e per la verifica del superamento della soglia di punibilità previste dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000.

La pronuncia - Il ricorso in cassazione è stato proposto dal rappresentante legale di una società, condannato dal tribunale d’appello per il reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IVA.

Il ricorrente ha lamentato l’erronea applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 da parte della Corte d’appello, perché l’accertamento era stato effettuato da parte dell’Ufficio finanziario sulla base delle risultanze degli studi di settore, che non dovevano ritenersi ammissibili in sede penale, “essendo il giudice tenuto a verificare la sussistenza della contestata evasione dell’I.V.A. e degli altri tributi tramite specifiche indagini.”

La Corte di cassazione ha ritenuto corretto l’operato dei giudici d’appello perché hanno dato giusta applicazione dei principi relativi alla utilizzabilità, anche in sede penale, degli esiti degli accertamenti operati in sede tributaria.

A riguardo è assente nell’ordinamento una specifica disposizione normativa che vieta al giudice penale di avvalersi della prova della sussistenza degli elementi costitutivi dei reati tributari, compreso quello delle risultanze degli accertamenti operati in sede tributaria, fermo restando la necessità che tali elementi siano oggetto di una autonoma valutazione.

Tanto premesso la Corte ha ribadito un principio già espresso in passato per cui “il giudice penale può legittimamente avvalersi, ai fini della ricostruzione delle imposte dovute e non dichiarate … dell’accertamento induttivo, mediante gli studi di settore, compiuto dagli Uffici finanziari per la determinazione dell’imponibile.”

Trattandosi nella specie di accertamento basato sugli studi di settore, è necessario che il procedimento induttivo sia rigoroso, coerente e approfondito “in particolare con riferimento alla puntuale valorizzazione degli studi di settore relativi ad aziende operanti nello stesso ambito territoriale, con un volume di affari sovrapponibile a quello della società rappresentata dall’imputato, ed aventi ad oggetto la stessa attività … con conseguente attendibilità della percentuale di ricalcolo individuata ed applicata.”

Ai fini dell’onere probatorio spettava all’imputato porre in discussione il metodo utilizzato ed i risultati derivati, risultando irrilevante la generica contestazione dell’utilizzazione degli accertamenti svolti in sede tributaria senza spiegare, nel caso concreto, le ragioni per cui il metodo induttivo non sarebbe stato valorizzabile in sede penale.

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