Restano i nodi sulla riforma delle pensioni mentre aumentano gli stipendi e scendono le tasse

Vanda Soranna - Pensioni

Si prevedono aumenti per gli stipendi e una riduzione delle tasse, ma restano i nodi sulla riforma delle pensioni. Sono le direzioni che emergono dal DEF 2023 approvato dal Parlamento lo scorso 28 aprile

Restano i nodi sulla riforma delle pensioni mentre aumentano gli stipendi e scendono le tasse

Il Documento di Economia e Finanza 2023 per il triennio 2024-2026, licenziato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 12 aprile, è stato approvato in via definitiva dalle Camere il 28 aprile 2023.

Il testo definisce la politica economica del Paese dei prossimi anni lungo la strada della stabilità e della crescita economica. “Queste le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa”, ha commentato la premier Meloni, “…abbiamo rivisto al rialzo le stime del PIL e proseguito il cammino verso la progressiva riduzione del debito pubblico”.

Sulla base del quadro emerso, si profila all’orizzonte un aumento degli stipendi e una riduzione delle tasse, ma sulle pensioni c’è ancora molto lavoro da fare.

Ma quali sono in concreto le misure in arrivo dopo l’approvazione del DEF?

Chiariamo innanzitutto che si tratta di uno strumento di programmazione triennale che fissa gli obiettivi di finanza pubblica, le previsioni di spesa e gli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi finanziari ed economici.

È dunque un documento squisitamente politico nel quale prendono forma, attraverso numeri, stanziamenti e percentuali, le scelte dell’Esecutivo: per il triennio 2024-2026 si punta alla riduzione delle tasse e al rilancio degli investimenti e della competitività del sistema economico, si introducono misure di sostegno alla crescita e al benessere dei cittadini e delle imprese.

La strada resta quella già tracciata dal Documento programmatico di bilancio dello scorso novembre e dalla legge di bilancio 2023, ossia la sostenibilità dei conti pubblici nel medio periodo.

Dunque, revisione delle stime di riduzione del debito pubblico, del deficit e previsioni ottimistiche di crescita del Pil e dell’occupazione.

Tra le misure concrete il taglio del cuneo fiscale che dovrà portare a stipendi più alti per i lavoratori dipendenti con redditi medio bassi e la riduzione della pressione fiscale che passerà dal 43,3 per cento nel 2023 al 42,7 per cento entro il 2026.

DEF 2023: il futuro delle pensioni

Nel capitolo pensioni, il DEF 2023 contiene una sostanziale bocciatura di Quota 100, la misura triennale varata dal Governo Conte nel 2019, ritenuta responsabile della crescita esponenziale negli anni della spesa pensionistica.

Quota 100 (62 anni di età e 38 anni di contributi) ha esaurito la sua sperimentazione triennale il 31 dicembre 2021 ma è di fatto ancora oggi accessibile a tutti i lavoratori che a quella data non avevano presentato la domanda, pur essendo in possesso dei requisiti richiesti.

Il DEF spiega che, nel triennio 2019-2021, la misura ha fatto registrare un accesso al pensionamento addirittura “a livelli superiori anche rispetto al 2010, anno precedente il varo della legge Fornero (2011). La conseguenza è stata l’impennata del +7,1 per cento nel 2023 della spesa pensionistica, che continuerà a crescere anche negli anni 2023-2026 al ritmo medio annuo del 4,4 per cento, fino a raggiungere un totale stimato di quasi 65 miliardi”.

La crescita vertiginosa della spesa per pensioni deriva anche dai costi che gravano sul bilancio dello Stato per l’indicizzazione degli assegni alla corsa dell’inflazione e dall’introduzione di Quota 102 e Quota 103 anche se con un impatto minore rispetto a quota 100. Per quota 103 si presume quest’anno un costo di 572 milioni di euro ed una platea di potenziali beneficiari di circa 40mila lavoratori.

Il DEF 2023 non anticipa misure concrete in grado di far sperare in una riforma strutturale delle pensioni ma preannuncia piuttosto la permanenza del sistema contributivo come strada da seguire anche negli anni a venire. Si fa strada, tra le ipotesi al vaglio dell’Esecutivo, la proroga al 2024 di quota 103, anche in veste rivisitata, e lo slittamento di quota 41, considerata troppo onerosa e dunque inapplicabile nell’attuale panorama pensionistico italiano.

La risoluzione per l’aumento delle pensioni minime

Su proposta dei deputati Foti Molinari Barelli e Lupi, inoltre, il 27 aprile 2023, la Camera ha approvato la risoluzione al DEF 2023 n. 6-00030: il documento impegna il Governo ad introdurre nel 2024 nuovi aumenti alle pensioni minime.

Considerato il miglioramento del quadro economico internazionale e la riduzione dei prezzi dell’energia, il Parlamento ha chiesto al Governo di impegnarsi a valutare gli spazi per un possibile aumento delle pensioni minime già dalla Manovra di Bilancio 2024 che si dovrebbe aggiungere a quello già previsto dalla Legge di Bilancio 2023 ed ancora in fase di attuazione definitiva.

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