Dalla riforma Irpef al costo del lavoro: intervista all’economista Pietro Paganini

Rosy D’Elia - Lavoro

Dalla riforma Irpef alla riduzione del costo del lavoro, quali sono gli interventi prioritari nel panorama attuale? C'è bisogno di un cambio di paradigma e di una visione a lungo termine per Pietro Paganini, professore Aggiunto in Business Administration presso la Fox School of Business della Temple University di Philadelphia, e presso la John Cabot University di Roma, intervistato da Informazione Fiscale lunedì 19 ottobre.

Dalla riforma Irpef al costo del lavoro: intervista all'economista Pietro Paganini

Dalla riforma Irpef alla riduzione del costo del lavoro, passando per gli strumenti per favorire le opportunità lavorative: c’è bisogno di un cambio di paradigma e di una visione a lungo termine per Pietro Paganini, professore Aggiunto in Business Administration presso la Fox School of Business della Temple University di Philadelphia e presso la John Cabot University di Roma, intervistato da Informazione Fiscale.

Nell’intervista trasmessa in diretta streaming sul canale Youtube di Informazione Fiscale lunedì 19 ottobre alle ore 12 un’analisi di possibili strade da percorrere e di occasioni perse, partendo dal Fisco e arrivando al Lavoro.

Dalla riforma Irpef al costo del lavoro: intervista all’economista Pietro Paganini

Dal 2021 si darà il via a una riforma fiscale che si svilupperà, poi, nel corso del prossimo triennio. Obiettivi? Migliorare “l’equità, l’efficienza e la trasparenza del sistema tributario, riducendo anche il carico fiscale sui redditi medi e bassi”.

Parola del ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri che è tornato sul tema anche durante l’audizione del 13 ottobre sulla Nota di Aggiornamento del Def 2020 presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Si partirà dall’introduzione di un assegno unico per i figli dal 2021, per proseguire con la revisione dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche nel 2022.

Anche in cima alla lista delle priorità di Pietro Paganini c’è sicuramente un Fisco più semplice.

“Rivedere l’irpef significa soprattutto ripensare il sistema fiscale facendo in modo che torni ad essere, o diventi finalmente, a misura d’uomo. So che è una rivoluzione ma c’è bisogno di un sistema semplice, con poche regole”.

È questa la prima azione da mettere in campo per quanto riguarda la riforma Irpef e anche la misura più realistica nel contesto economico attuale:

“La questione fiscale è cardine della nostra economia, nella creazione di posti di lavoro, nella creazione di ricchezza. Ma va divisa in due: da una parte quello che è l’onere fiscale, quindi il pesco che cade sui cittadini e sulle imprese, e dall’altra quella che è la parte burocratica, e cioè la struttura organizzativa del sistema fiscale.

Preferirei inizialmente focalizzarmi, data anche la situazione economica senza illudere gli italiani che possiamo ridurre le tasse di chissà quanto, su quello che secondo me, secondo molti e soprattutto secondo le imprese, è la parte più rilevante e più tediosa, la parte burocratica”.

All’idea di semplificazione dell’Irpef si lega anche la riflessione sulla progressività:

“Finché è contenuta nella nostra Costituzione poco può essere fatto, io sarei non un sostenitore ma uno sperimentatore della tassazione piatta. Mi è piaciuto che sia stata inserita per le partite IVA però con un approccio macroeconomico posso dire che una tassazione piatta solo per le partite IVA ha il vantaggio di aver eliminato la parte di bonus, incentivi, di tutte quelle incomprensioni del nostro sistema fiscale ma allo stesso tempo ha messo un limite psicologico molto pericoloso.

Il riferimento è al regime forfettario e in particolare al limite di reddito da rispettare per poterne beneficiare, 65.000 euro.

Nell’ottica di Pietro Paganini spinge a produrre di meno, per restare nella soglia, e ad accontentarsi di redditi sostanzialmente bassi rendendo gli italiani “meno competitivi, e l’Italia culturalmente un paese che si accontenta, che preferisce forme di assistenzialismo rispetto a forme di concorrenza maggiore e di voglia e volontà dei singoli soggetti di arricchirsi”.

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Dalla riforma Irpef al costo del lavoro: intervista all’economista Pietro Paganini

Un approccio assistenzialista e un terreno poco fertile per mettersi in gioco, per Pietro Paganini, sono anche due questioni cruciali e frenanti per lo sviluppo del mercato del lavoro, incapace di creare nuove opportunità professionali.

La debolezza, infatti, del Reddito di cittadinanza, che l’economista definisce una misura “nata male”, sta proprio nel fatto che rappresenta un’occasione persa in questo senso: “doveva essere uno strumento di opportunità per tutti in una chiave di concorrenza nel mercato, dare a tutti la possibilità di partire dallo stesso punto e di cavarsela con le proprie gambe, invece la visione che ha accompagnato il reddito di cittadinanza è stata piuttosto assistenzialista, di fondo”.

Sul piano pratico che forma avrebbe dovuto e potuto prendere? Due le parole chiave, formazione e stimolo all’intraprendenza:

“Poteva essere dato a tutti in maniera indiscriminata, a un giovane che perde il posto di lavoro, a un cinquantenne che perde il posto di lavoro, e poteva essere collegato alla ricerca del lavoro ma anche alla necessità di riqualificarsi e di riporsi sul mercato anche come lavoratore autonomo”.

Il caso del reddito di cittadinanza che Pietro Paganini definisce un “pastrocchio” dimostra che manca una visione e una strategia di lungo periodo per ripensare dal profondo un mercato del lavoro che, in questo modo, rimane statico, ancorato oggi a costi molto alti e all’impossibilità di ridurli:

“Oggi col debito che abbiamo e con le difficoltà che abbiamo a reperire risorse è difficile ridurre la fiscalità sul lavoro a meno che non si vogliano fare politiche profondamente diverse. In Italia in questo momento non credo che siamo pronti, l’emergenza non credo ce lo consenta, quindi la vedo attualmente difficile

Quello che possiamo fare è sobbarcarci questo costo del lavoro, se rientriamo in un’economia di conoscenze che riesce a mettere sul mercato prodotti più costosi, meno competitivi dal punto di vista del prezzo, ma così qualitativi e così unici che se li devono venire a comprare”.

Ancora una volta, anche dal punto di vista dei costi, conoscenze e competitività tracciano la strada su cui ripensare il mercato e il mondo del lavoro.

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