Riduzione commissioni di pagamento e accordo ABI

Come e dove agisce l'accordo ABI per la riduzione delle commissioni di pagamento: focus sulle ultime novità che riguardano i pagamenti tracciabili

Riduzione commissioni di pagamento e accordo ABI

A fine luglio 2023 l’ABI, Associazione Bancaria Italiana, e l’Associazione dei prestatori di servizi di pagamento hanno raggiunto un accordo e firmato un protocollo con Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e Fipe per ridurre le commissioni a carico delle piccole attività commerciali per l’uso del POS nei pagamenti sotto i 30 euro e quindi diffonderne l’utilizzo.

L’accordo prevede l’impegno di banche e operatori dei pagamenti a “promuovere iniziative commerciali” per “ridurre l’impatto dei costi delle transazioni di basso valore”, sotto 30 euro, con offerte che “in particolare” siano “significativamente competitive” per le transazioni sotto i 10 euro (anche se l’obiettivo iniziale era quello di azzerare le commissioni sotto i 10 euro).

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Riduzione commissioni di pagamento: come funziona l’accordo ABI

Il protocollo è un accordo tra privati, avendo avuto il Governo solo un ruolo di garante.

Gli impegni sono presi a favore dei piccoli esercenti, con fatturato inferiore a 400mila euro.

Sull’accordo ha espresso il parere favorevole anche l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM).

Nel Protocollo è previsto anche che i Prestatori di Servizi di Pagamento, che operano in qualità di “soggetti abilitati all’accettazione di pagamenti con carta presso gli Esercenti” aderenti, per accrescere la trasparenza, utilizzeranno un apposito schema standard, finalizzato ad assicurare l’immediata comparabilità tra le iniziative commerciali intraprese in attuazione dello stesso accordo.

Tale accordo pone dunque le basi per un percorso che possa rendere l’intervento strutturale (al momento l’accordo ha la durata di un anno) e che comunque potrebbe portare ad un risparmio sulle commissioni fino a 500 milioni di euro l’anno.

Il percorso, si ricorda, ha peraltro anche una sua base normativa, laddove la Legge numero 197/2022, articolo 1, comma 386, disponeva che:

“Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito un tavolo permanente fra le categorie interessate preordinato a valutare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni che presentino ricavi e compensi relativi all’anno di imposta precedente di ammontare non superiore a 400.000 euro”.

Gli effetti dell’accordo ABI sulle commissioni di pagamento

Per comprendere più nel dettaglio gli effetti dell’accordo ed entrando comunque, più nello specifico, sul tema, giova rilevare quanto segue.

Si possono identificare 4 voci di costo relative al POS (Point of sale):

  • Costo di installazione: si tratta di un costo una tantum che copre in parte il costo dell’hardware e include il costo di installazione a domicilio dei c.d. gestori terminali.
  • Canone mensile: è una somma fissa che l’esercente deve pagare periodicamente per il comodato d’uso del POS.
  • Costo fisso per transazione: pochi centesimi (di solito non più di 10 centesimi) che alcuni istituti bancari fanno pagare per ciascuna transazione effettuata. Questo costo può diventare però significativo soprattutto per transazioni di minimo importo: su una transazione da 10 euro e 10 centesimi rappresentano infatti l’1 per cento del costo.
  • Costo percentuale per transazione: si tratta di una commissione percentuale che l’esercente deve pagare sul valore della transazione. Dipende da vari fattori, quali il circuito e la tipologia di carta.

Possiamo poi distinguere le interchange fees e le scheme fees, laddove le interchange fees costituiscono la quota delle commissioni pagate alla banca che ha emesso la carta di pagamento, mentre le scheme fees identificano la quota pagata al circuito sul quale viene effettuata la transazione.

Inoltre, il margine che la banca che offre il POS pretende da ciascun cliente varia moltissimo.

A seconda della politica commerciale, del volume di transazioni, della storia del cliente, dei prodotti bancari erogati al cliente dall’istituto di credito, il margine della banca può variare da mezzo punto percentuale ad oltre un punto percentuale.

Più economici sono infine i mobile POS, laddove i costi di installazione vengono azzerati, in quanto non occorre più la mediazione dei gestori dei terminali. Inoltre, il lettore di carte viene in questi casi acquistato definitivamente, eliminando così anche i canoni mensili.

La normativa europea prevede peraltro già un tetto massimo alle commissioni interbancarie, pari a 0,2 per cento del valore dell’operazione per i pagamenti con carta di debito e 0,3 per cento del valore dell’operazione per i pagamenti con carta di credito e l’applicazione nazionale della stessa normativa (Dlgs 218/2017) prevede che alle operazioni inferiori a 5 euro si applichino delle commissioni interbancarie inferiori a quelle applicate alle operazioni di importo pari o superiore a 5 euro.

La direttiva Payment Services Directive 2, insieme al Regolamento sulle commissioni dei pagamenti con carte UE 2015/751 ed al quadro regolativo Europeo proposto dalla BCE insieme ad EBA per la sicurezza dei pagamenti via internet ed in mobilità, può del resto agevolare lo sviluppo di nuove tecnologie (a supporto della sicurezza e autenticazione) e di nuovi servizi di pagamento alternativi.

Le nuove norme, anche comunitarie, sono quindi già orientate a rendere le transazioni più sicure e tagliare i costi.

Riduzione commissioni di pagamento e accordo ABI

In tale direzione, al fine di ridurre le commissioni per tutti i negozianti, esercenti e professionisti il protocollo d’intesa con l’ABI era comunque la prima, indispensabile, base di partenza, non essendo opportuno lasciare tale importante fattore alla contrattazione singola tra azienda e istituto finanziario.

Si ricorda infine che tale tematica rientra anche nel più ampio argomento del cashless come strumento di lotta all’evasione, facendo passare le transazioni attraverso canali tracciabili, che consentano all’autorità fiscale di monitorare i flussi di denaro e analizzare quelli più sospetti.

A dimostrazione del fatto che avere una chiara evidenza dei pagamenti può essere strumento di “tutela” anche per i contribuenti, si cita peraltro la Corte di Cassazione, Ordinanza n. 15586 del 22/07/2020, da cui è possibile evincere che la discordanza tra ricavi contabilizzati e pagamenti elettronici, presa a riferimento dall’Agenzia delle Entrate per procedere all’accertamento analitico induttivo, costituisce fatto univoco e certo da cui dedurre il maggior reddito.

A fronte di pagamenti tramite POS e carte di credito in numero superiore agli scontrini emessi, il contribuente deve infatti produrre gli scontrini mancanti, anche eventualmente emessi in un secondo momento, o comunque giustificare validamente la loro mancanza, essendo la mancata corrispondenza inquadrabile come fatto noto determinante per il sorgere della presunzione di maggiori ricavi.

In conclusione, per incentivare l’uso di transazioni tracciabili occorre, in ogni caso, una chiara strategia di medio-lungo periodo, che porti anche ad un cambio culturale e all’implementazione della digitalizzazione dei cittadini e della Pubblica Amministrazione.

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