Responsabilità tributarie dell’amministratore di associazione non riconosciuta

Associazioni non riconosciute: la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, aggiunta a quella del fondo comune, contempera l'assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell'ente con le esigenze di tutela dei creditori. L'applicazione della normativa in caso di debiti d'imposta nell'Ordinanza della Corte di cassazione n. 8525 del 2022.

Responsabilità tributarie dell'amministratore di associazione non riconosciuta

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 8525 del 16 marzo 2022, in tema di associazioni non riconosciute, ha chiarito alcuni rilevanti profili relativi alle responsabilità tributarie di chi ha agito in nome e per conto di un’Associazione non riconosciuta.

Nel caso di specie, un’Associazione non riconosciuta, esercente attività di “organizzazioni con fini culturali e ricreativi” e il rispettivo legale rappresentante proponevano distinti ricorsi avanti alla Commissione Tributaria Provinciale, avverso gli avvisi con i quali l’Agenzia delle Entrate, disconoscendo i benefici di cui alla legge n. 383/2002, aveva accertato un maggior reddito per l’anno 2010, operando una ripresa per IRES, IRAP e IVA.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 8525 del 16 marzo 2022
Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 8525 del 16 marzo 2022

Responsabilità tributarie dell’amministratore di associazione non riconosciuta: i fatti dell’Ordinanza numero 8525 del 2022

La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i ricorsi, accoglieva il solo ricorso del rappresentante legale, ritenendo illegittimo l’avviso di accertamento a lui notificato, per mancata allegazione del PVC notificato all’Associazione.

Sull’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale ne rigettava l’appello, non essendo stata fornita la prova della effettiva attività svolta dal citato rappresentante nel periodo di imposta, e non essendo sufficiente secondo i giudici, per ritenerlo responsabile dei debiti fiscali dell’Associazione, la semplice carica formale rivestita.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale l’Amministrazione finanziaria proponeva infine ricorso per cassazione, denunciando la violazione dell’art.38 cc, per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso la sussistenza della responsabilità solidale del rappresentante legale per il pagamento delle maggiori imposte accertate.

Tale responsabilità, secondo la ricorrente Agenzia, andava invece affermata in forza della carica da questi rivestita all’interno dell’ente e in forza del fatto che lo stesso aveva comunque anche sottoscritto la dichiarazione.

Secondo la Suprema Corte la censura era fondata.

Evidenziano i giudici di legittimità che, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, “In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, prevista dall’art. 38 cod. civ. in aggiunta a quella del fondo comune, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente con le esigenze di tutela dei creditori, e trascende pertanto la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi ad una concreta ingerenza dell’attività dell’ente: ciò non esclude, peraltro, che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma “ex lege” al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni sorte nel periodo di relativa investitura” (cfr., tra le tante, Cass 5746/2007, 19486/2009, 20485/2013, 12473/2015 e 2169/2018).

Ciò premesso, evidenzia la Corte, nella fattispecie in esame, era stato individuato, quale responsabile in solido, insieme all’Associazione, delle obbligazioni tributarie maturate nell’anno di imposta 2010, il legale rappresentante della stessa Associazione, sottoscrittore della dichiarazione dei redditi.

E tale conclusione era corretta.

La posizione della Corte di Cassazione su responsabilità tributarie dell’amministratore di associazione non riconosciuta

Come infatti recentemente precisato dalla stessa Cassazione, se per i debiti di imposta, che non sorgono su base negoziale ma ex lege, sono chiamati a rispondere solidalmente coloro che abbiano diretto la complessiva gestione associativa nel periodo di imposta considerato, non vi è dubbio che, nella misura in cui la rappresentanza fiscale dell’ente spetta, per definizione, al legale rappresentante ex art. 36 c.c., è costui che assume in via principale la qualità di soggetto passivo di imposta, perché su di lui gravano gli obblighi tributari.

Quand’anche, pertanto, egli non si sia ingerito nell’attività dell’ente (sebbene civilisticamente non risponda delle obbligazioni assunte da altri), egli resta comunque condebitore verso il Fisco, a meno che non dimostri di aver assolto agli adempimenti tributari di legge.

In tal senso, il rappresentante legale di un’associazione non riconosciuta non può dunque andare esente, a fini fiscali, da responsabilità solidale con l’ente, semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione del medesimo.

Deve in conclusione essere valorizzato, da un lato, il principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile, e, dall’altro, la fonte legale dell’obbligazione tributaria.

Il rappresentate fiscale, del resto, non solo è obbligato a redigere e presentare una dichiarazione reddituale fedele, ovvero indicando esattamente i ricavi conseguiti e le spese sopportate dall’Associazione che rappresenta, non andando esente da eventuali responsabilità sanzionatorie, ma è anche tenuto ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche, provvedendo, dopo la presentazione, alla correzione delle dichiarazioni fiscali presentate con dati inesatti e ad effettuare i relativi adempimenti, ivi compreso il pagamento delle imposte (cfr., Cass.19985/2019).

Dunque, se per la figura del legale rappresentante di una Associazione può giustificarsi la responsabilità solidale con l’Associazione anche a prescindere da una concreta ingerenza nella gestione dell’ente, per i componenti del Consiglio direttivo va tenuto fermo il principio giurisprudenziale secondo il quale chi riveste cariche formali all’interno dell’Associazione risponde solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per i tributi non corrisposti, ove venga dimostrato che abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo di imposta considerato (v. Cass. 25650/2018).

La Commissione Tributaria Regionale, pertanto, non si era uniformata ai suesposti principi, avendo dato invece erroneamente rilievo al fatto che l’Ufficio non aveva fornito la prova di una concreta ingerenza nell’attività gestoria dell’Associazione.

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