Reddito di cittadinanza anche a chi lavora. Le regole per dipendenti e partite IVA

Anna Maria D’Andrea - Leggi e prassi

Reddito di cittadinanza anche a chi lavora, non solo ai disoccupati. Per i dipendenti e per i titolari di partita IVA servirà soltanto rispettare i requisiti ISEE ma non vi sarà obbligo di ricerca di nuovo lavoro.

Reddito di cittadinanza anche a chi lavora. Le regole per dipendenti e partite IVA

Il reddito di cittadinanza spetta anche a chi lavora o è titolare di partita IVA e rientra nei requisiti generali previsti dal decreto n. 4/2019.

Manca ormai poco alla data a partire dalla quale sarà possibile fare domanda ed ottenere il reddito di cittadinanza (RDC), ovvero dal 6 marzo 2019. Con l’avvicinarsi della data di debutto della misura per il contrasto a povertà e disoccupazione è bene soffermarsi a capire come funziona e chi ne avrà diritto.

Anche chi ha un lavoro dipendente o autonomo potrà fare domanda. L’essere titolare di reddito non è causa d’esclusione automatica dal RdC, qualora il valore del modello ISEE sia inferiore a 9.360 euro annui e si posseggano gli altri requisiti previsti.

Inoltre, chi ha già un lavoro (così come chi studia) non dovrà presentare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e, per come è attualmente formulata la norma, non sarà necessario partecipare agli incontri presso i CPI finalizzati alla nuova ricerca di lavoro.

Reddito di cittadinanza anche a chi lavora. Le regole per dipendenti e partite IVA

Il reddito di cittadinanza è perfettamente compatibile non solo con la Naspi, ma anche con la percezione di redditi da lavoro autonomo (partita IVA) o da lavoro dipendente.

La conferma che non solo i disoccupati ma anche chi lavora potrà fare domanda di RdC è contenuta nella guida INPS a reddito e pensione di cittadinanza, ambedue compatibili con lo svolgimento di attività lavorativa subordinata o autonoma.

Il nucleo familiare potrà fare regolarmente domanda e percepire il Reddito o la Pensione di cittadinanza anche qualora tutti i suoi componenti siano lavoratori.

In tal caso non sarà necessario rispettare gli obblighi in materia di reinserimento nel mercato del lavoro perché chi già percepisce un reddito non sarà obbligato alla presentazione della DID al Centro per l’Impiego entro il termine di 30 giorni dalla data di invio della domanda.

È questa una delle regole specifiche previste per chi già lavora e, quindi, avrà accesso al reddito di cittadinanza non come misura per l’inserimento nel mondo del lavoro ma esclusivamente quale sostegno economico per l’integrazione del proprio reddito.

In ogni caso resta ferma la necessità di rispettare i requisiti generali stabiliti dal decreto legge n. 4/2019 (in corso di conversione in legge).

Reddito di cittadinanza, requisiti ISEE e limiti per fare domanda

Lavoratori dipendenti e titolari di partita IVA dovranno rispettare, così come i disoccupati, i seguenti requisiti per poter fare domanda e ricevere il RdC:

  • Essere cittadino italiano o europeo o lungo soggiornante e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa;
  • Avere un ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente) aggiornato inferiore a 9.360 euro annui;
  • Possedere un patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;
  • Avere un patrimonio finanziario non superiore a 6.000 euro che può essere incrementato in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare e delle eventuali disabilità presenti nello stesso;
  • Avere un reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui moltiplicato per la scala di equivalenza. La soglia del reddito è elevata a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in una abitazione in affitto.

Inoltre, è necessario che sia il richiedente che i componenti del proprio nucleo familiare non possiedano:

  • autoveicoli immatricolati la prima volta nei 6 mesi antecedenti la richiesta, o autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc oppure motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei 2 anni antecedenti (sono esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità);
  • navi e imbarcazioni da diporto (art. 3, c.1, D.lgs. 171/2005).

Variazioni da comunicare entro 30 o 15 giorni

Specifici obblighi riguardano chi dovesse iniziare una nuova attività lavorativa, dipendente o autonoma, in seguito alla presentazione della domanda di reddito di cittadinanza.

Le variazioni devono essere comunicate all’Inps recandosi presso i Centri per l’Impiego, ovvero tramite la piattaforma SIUPL (in corso di predisposizione) entro il termine di 30 giorni.

Nel caso di attività di lavoro autonomo o di impresa, la comunicazione della variazione del reddito dovrà essere presentata il giorno 15 del mese successivo al termine di ogni trimestre.

Il paradosso del reddito a chi lavora e dei tanti disoccupati esclusi

L’erogazione del reddito di cittadinanza a chi lavorare regolarmente e percepisce un reddito si scontra con l’esclusione di tanti potenziali beneficiari.

Si pensi ai tanti giovani che risiedono con i propri genitori e che, seppur disoccupati, nel caso di superamento dei limiti di ISEE previsti non potranno fare domanda.

Un paradosso, se si considera il caso opposto di un lavoratore che ha trasferito la propria residenza nella città in cui lavora regolarmente e potrà beneficiare del reddito di cittadinanza.

Facciamo un esempio per capire il paradosso dell’attuale formulazione delle regole per l’accesso al reddito di cittadinanza, utilizzando il simulatore ISEE messo a disposizione dall’INPS. Prendiamo il caso di un lavoratore, unico componente del proprio nucleo familiare, senza figli e proprietà immobiliari e mobiliari e con casa in affitto.

Con un reddito di 14.400 euro (pari a 1.200 euro al mese) ed un affitto annuo di importo pari a 7.200 euro (600 euro al mese), il valore ISEE sarebbe pari a 7.400 euro. Anche considerando le altre variabili previste, avrebbe diritto a richiedere il reddito di cittadinanza.

Ne sarebbe escluso un giovane senza lavoro che, residente con i propri genitori, supererebbe il limite ISEE di 9.360 euro, valore tutt’altro che elevato se si considera una famiglia nella quale tutti e due i genitori lavorano ed hanno due immobili di proprietà.

Il problema non è tanto il sostegno economico ma l’esclusione di tanti disoccupati dal circuito di reinserimento nel mondo del lavoro e della formazione professionale. Se questo è il vero obiettivo del reddito di cittadinanza, è necessario cambiare le regole attualmente eccessivamente inique.

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