Il PVC può essere disatteso dal giudice tributario

Emiliano Marvulli - Studi di settore

Processo verbale di constatazione: le ricostruzioni di natura meramente valutativa possono essere disattese dal giudice tributario, se quest'ultimo ritiene che i documenti e le giustificazioni addotte dal contribuente siano idonei a contrastare le incongruenze rilevate dai verificatori. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 33306 dell'11 novembre 2021.

Il PVC può essere disatteso dal giudice tributario

Gli accertamenti compiuti nel corso di una verifica fiscale assumono un valore diverso a seconda della natura dei fatti attestati nel processo verbale di constatazione.

Nel caso in cui le ricostruzioni in esso riportate hanno natura meramente valutativa il giudice tributario ben può disattenderle se ritiene che i documenti e le giustificazioni addotte dal contribuente siano idonei a contrastare le incongruenze rilevate dai verificatori.

Questo il principio enunciato dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n. 33306 del 11 novembre 2021.

Corte di Cassazione - Sentenza n. 33306 dell’11 novembre 2021
Il testo integrale della Sentenza della Corte di Cassazione n. 33306 dell’11 novembre 2021.

La sentenza – La vicenda prende le mosse dal ricorso proposto da una contribuente titolare di una farmacia avverso un avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate ha accertato in via analitico-induttiva i ricavi sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dai verificatori della stessa Agenzia.

In particolare verificatori avevano ricostruito i ricavi relativi all’attività ritenendo le scritture contabili parzialmente inattendibili sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, quali: l’anomalo andamento della cassa contanti, di importo eccessivamente elevato non coerente con la normale gestione di una farmacia; percentuale di ricarico di determinati prodotti ritenuti incongruenti rispetto alle risultanze degli studi di settore ed ulteriori irregolarità nella tenuta delle scritture contabili tali da presumere l’evasione fiscale.

La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello della contribuente avendo ritenuto che l’imprenditrice avesse fornito la prova documentale idonea a contrastate le incongruenze ravvisate dall’Agenzia delle entrate.

Avverso tale decisione l’Ufficio finanziario ha interposto ricorso per cassazione, prospettando violazione e falsa applicazione 2697 c.c. per aver la CTR accolto la tesi della contribuente senza far riferimento ad alcun elemento probatorio quale fonte del suo convincimento.

Ad esempio, non vi era prova che la non congruità e la non coerenza rispetto allo studio di settore fosse dipeso dall’omessa considerazione delle vendite all’ingrosso da parte del sistema Gerico, né che le vendite all’ingrosso fossero contestuali all’arrivo della merce, così da non determinare rimanenze, né che i ricavi dai farmaci mutuabili fosse al lordo e non al netto di IVA.

Il Collegio di legittimità ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso non essendovi stata nessuna violazione dell’onere probatorio o del valore probatorio dell’accertamento da parte del giudice d’appello.

Con il ricorso, infatti, l’Ufficio non ha censurato la decisione per violazione di legge bensì ha sindacato la motivazione della CTR circa il proprio convincimento in merito alla forza probatoria dei documenti forniti dalla parte.

La Corte di cassazione ha ricostruito il valore degli accertamenti compiuti nel corso di una verifica fiscale precisando che il processo verbale di constatazione, redatto e sottoscritto al termine dell’attività, assume un valore diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati.

A tal riguardo possono distinguersi tre livelli di attendibilità:

  • a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese;
  • b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi — e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi — esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni;
  • c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore.

Nel caso di specie, le ricostruzioni, erano di natura meramente valutativa e ad esse non può essere attribuito nessun valore fidefaciente, sicché, come avvenuto, esse erano liberamente valutabili dalla CTR che, sulla base dei documenti prodotti, ha accertato che non vi era incongruenza nella percentuale di ricarico applicata rispettivamente per le vendite al dettaglio e per quell’all’ingrosso. Da qui l’acclarata insussistenza della pretesa tributaria.

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