La contabilità del geometra va per cassa

Gianfranco Antico - Bilancio e principi contabili

I lavoratori autonomi sono tassati in base al principio di cassa. In caso di accertamento analitico-induttivo, l'Agenzia delle Entrate deve considerare, dunque, anche la possibilità che i compensi siano stati incassati negli anni precedenti o successivi a quello del controllo. Lo sottolinea la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11339/2023

La contabilità del geometra va per cassa

In sede di accertamento analitico-induttivo nei confronti di un geometra, che tassa il reddito per cassa, l’Ufficio deve valutare il fatto che i compensi siano stati incassati in anni antecedenti o successivi a quello sottoposto a controllo.

È questo il principio dettato dalla sentenza della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11339/2023.

Il fatto oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione

Il fatto oggetto di intervento da parte della Corte di Cassazione, e deciso con la sentenza n. 11339 del 2 maggio 2023, trae origine da un avviso di accertamento, ai fini IRPEF, IRAP e IVA, emesso nei confronti di un geometra, nei confronti del quale, attraverso informazioni assunte presso l’ufficio del Territorio, nonché presso il Comune, era emerso che aveva svolto, nell’anno 2008, un significativo numero di prestazioni professionali per pratiche catastali ed edilizie, incompatibili con l’esiguo reddito dichiarato, sicché poteva ritenersi che dette prestazioni non fossero state in parte fatturate, o che comunque erano state sottofatturate.

La decisione di prime cure, favorevole al contribuente, è stata riformata in appello.

I giudici del riesame hanno osservato, in particolare, che in tema di accertamento analitico-induttivo, l’Amministrazione può provare i fatti anche ricorrendo a presunzioni semplici, spettando al contribuente la prova contraria.

Nel caso di specie sussistevano una serie di indici concordanti ed univoci deponenti per una maggiore capacità contributiva del professionista rispetto a quanto dichiarato, quali in primo luogo il numero di pratiche a lui attribuibili, la mancata fatturazione in toto delle prestazioni catastali, nonché la sotto fatturazione rispetto ai valori medi di tariffa professionale.

Elementi che non erano stati adeguatamente valutati dai giudici di primo grado. Da qui il ricorso in cassazione del contribuente.

Contabilità per cassa professionisti geometri: il pensiero degli Ermellini

La Corte ha innanzitutto ribadito, in apertura, che

“In tema di accertamento delle imposte, l’art.39, comma primo, lett. d) del DPR 600/1973 consente l’accertamento induttivo del reddito, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile, in quanto confliggente con regole fondamentali di ragionevolezza, potendo il giudizio di non affidabilità della documentazione fiscale essere determinato dall’abnormità dell’espressione finale.

Qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato l’accertamento sintetico sia specificando gli indici di ricchezza sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, il provvedimento di rettifica del reddito è di per sé legittimo, non essendo necessario che sia stato preceduto dal riscontro analitico della congruenza e della verosimiglianza dei singoli cespiti di reddito dichiarati dal contribuente (Cass. n. 24532/2007).”

Tuttavia, gli Ermellini, hanno ritenuto fondate le censure mosse in ordine alla questione del principio di cassa e al correlativo obbligo di denuncia e di fatturazione gravante sul professionista.

“La questione è certamente decisiva, perché se effettivamente l’incasso dei compensi inerenti ai contestati incarichi (quand’anche solo in parte) è effettivamente avvenuto in un anno diverso dal 2008, ciò non può non incidere sul reddito complessivo del contribuente, nonché sul suo volume d’affari, e sul valore netto della produzione, per lo stesso anno 2008.”

Infatti, è noto che:

“In materia di imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi dell’art. 50 (attuale art.54), comma 1, del DPR n. 917 del 1986; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione (Cass. n. 24996/2022).”

Quanto all’IVA, poi, è altrettanto noto che, ai sensi dell’art.6, comma 3, DPR n. 633/1972, “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”.

Alla luce di ciò, i giudici di piazza Cavour rinviano al giudice di secondo grado, affinché esamini la questione sollevata dal contribuente, effettuando l’accertamento pretermesso dai giudici di primo grado.

Alcune note sul principio di cassa

In forza dell’art. 54, comma 1, del TUIR, il reddito di lavoro autonomo è determinato dalla differenza tra tutti i compensi (in denaro o natura) percepiti e le spese inerenti all’esercizio delle attività svolte nel periodo d’imposta, secondo modalità e indicazioni stabilite ai successivi commi, trovando così applicazione il principio di cassa.

Ai fini IVA, ai sensi dell’art. 6 del DPR. n. 633/72, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, allorquando la relativa imposta diviene esigibile. Se però prima del pagamento viene emessa fattura, la prestazione si considera effettuata limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data di emissione del documento.

Nel caso di ricostruzione indiretta dei ricavi/compensi, la coerenza e la sostenibilità della ricostruzione operata trova fondamento nel procedimento logico e nell’attendibilità dei dati posti a base delle suddette ricostruzioni.

I cosiddetti professionisti dell’edilizia – ingegneri, architetti, geometri, geologi – sono una categoria spesso sotto i riflettori fiscali, atteso che il mondo immobiliare è il motore trainante del Paese.

Nello specifico, oggetto dell’attività di geometra è la progettazione, la direzione, l’assistenza e la contabilità dei lavori di costruzione edile. Gli incarichi professionali tipici di questa categoria sono, pertanto: progettazione, direzione, assistenza e contabilità dei lavori, collaudi, perizie e stime, rilievi topografici, attività catastali, redazioni di tabelle millesimali, consulenze tecniche e d’ufficio, attività contenziosa, amministrazione di beni e compilazione di dichiarazioni di successione.

Il settore presenta diverse refluenze e implicazioni fiscali, la cui lettura è demandata ai verificatori in sede di controllo, volto a ricostruire in maniera credibile o verosimile i compensi non fatturati, legati, in particolar modo, ai privati, tutti soggetti che non necessitano di fatture, pur se in certe ipotesi il legislatore ha cercato di costruire un contrasto di interessi.

Le relazioni tecniche, gli elaborati, i progetti e i calcoli metrici sono tutti elementi documentali, da cui può rinvenirsi la prova delle prestazioni effettuate e non fatturate, ovvero sottofatturate.

Gli elementi di riscontro acquisiti dovranno permettere l’individuazione di eventuali prestazioni non fatturate, o di prestazioni fatturate per importi incongrui, attraverso il raffronto tra gli incarichi professionali ricevuti dal contribuente e le parcelle emesse.

L’individuazione degli incarichi espletati può avvenire, oltre che sulla base delle notizie attinte presso gli enti sopraindicati, anche attraverso l’esame della documentazione extracontabile e dell’altra documentazione acquisita all’atto dell’accesso, dei fascicoli relativi ai clienti, e delle schede o dell’archivio clienti attraverso un’attenta ricognizione dei dati riportati sui supporti magnetici rinvenuti e sull’hard-disk dei personal computer esistenti nello studio (anche se ormai si riscontra una scarsa “propensione”, da parte dei professionisti, di tenere un archivio clienti).

Nel caso di specie, le ricerche effettuate presso gli stessi Uffici ed amministrazioni pubbliche frequentate dal geometra – che conservano traccia delle prestazioni professionali rese – permettono l’individuazione di prestazioni non fatturate, valorizzate sulla scorta di quanto pattuito per prestazioni professionali similari.

Per esempio, presso l’Ufficio Tecnico Comunale, ovvero, nei grossi centri, presso le Divisioni di Edilizia pubblica e privata, sono detenuti i dati relativi ai progetti di costruzione presentati, alle concessioni edilizie, alle autorizzazioni, alle comunicazioni di inizio e fine lavori, dalle quali è possibile rilevare l’affidamento dell’incarico di direzione lavori (in genere, le richieste di autorizzazione, con gli allegati progetti, nonché le comunicazioni, vengono protocollate sotto il nome del richiedente. In questi casi, l’individuazione del professionista interessato può avvenire, pertanto, solo attraverso l’esame cartolare dei singoli fascicoli).

Ovvero, presso gli ex Uffici Tecnici Erariali (oggi Ufficio provinciale del Territorio, confluito nella Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate), sono conservati i dati relativi agli accatastamenti, alle variazioni planimetriche (per frazionamento, fusione, ampliamento, sopraelevazione, demolizione totale, demolizione parziale, diversa distribuzione degli spazi interni e ristrutturazioni), variazione della destinazione, variazione nel reddito, variazione nella qualità, altre variazioni (toponomastica, ecc.).

Sul tema, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8491 del 2020, aveva già ritenuto legittima la ricostruzione dei compensi basata sull’acquisizione presso l’Ufficio del Genio civile dei progetti realizzati, che danno evidenza delle incongruenze tra le prestazioni professionali eseguite rispetto a quelle fatturate, fermo restando che il giudice d’appello può riconoscere una riduzione a fronte di marginali prestazioni professionali, senza che ciò costituisca decisione secondo equità.

Risoluzioni, circolari e ordinanze sul punto del principio di cassa

Sul punto specifico del principio di cassa, e sulle problematiche che ne conseguono, annotiamo che con la risoluzione n. 8/1623 del 1981 l’Amministrazione finanziaria ha affermato che:

“resta fermo il principio secondo cui la determinazione del reddito degli esercenti arti e professioni ha luogo assumendo esclusivamente i compensi effettivamente percepiti ed i costi ed oneri, inerenti alla produzione del reddito, effettivamente sostenuti nel periodo d’imposta.”

Poi, con la circolare n. 326/E del 1977 è stato ulteriormente precisato che la ritenuta va applicata sull’ammontare complessivo delle somme e dei valori percepiti dal sostituto nel periodo d’imposta e che:

“il momento di percezione è quello in cui il provento esce dalla disponibilità dell’erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore.”

Inoltre, con la risoluzione n. 138/E del 2009, l’Agenzia delle Entrate, partendo dalla constatazione che l’applicazione del principio di cassa può determinare problematiche interpretative nelle ipotesi in cui il committente/debitore utilizza, per estinguere l’obbligazione, strumenti diversi dal contante, quali ad esempio assegni bancari e/o circolari o carte di credito (come rilevato dagli estensori del documento di prassi, la differenza principale fra queste due diverse modalità di pagamento risiede, unicamente, nel maggior grado di garanzia offerto dall’assegno circolare rispetto a quello bancario: mentre con l’assegno bancario il traente ordina alla propria banca - trattario – di pagare per proprio conto qualcuno prenditore, con l’assegno circolare, invece, è la banca stessa che si impegna a pagare la somma indicata sull’assegno al soggetto beneficiario), ha ritenuto che il momento in cui il titolo di credito (e quindi le somme in esso rappresentate) entra nella disponibilità del professionista si verifica all’atto della materiale consegna del titolo dall’emittente al ricevente, mentre non può essere attribuita alcuna rilevanza alla circostanza che il versamento sul conto corrente del prenditore intervenga in un momento successivo e in un diverso periodo d’imposta (fattispecie similare è quella tratta dalla R.M. n. 77 del 23 aprile 2007, per il pagamento dei contributi previdenziali con carta di credito on-line).

E infine, con la circolare n. 38/E del 2010 (paragrafo 3.3), l’Amministrazione finanziaria, rispondendo ad uno specifico quesito – individuazione dell’anno in cui assume rilevanza fiscale un compenso regolato in prossimità della fine del mese di dicembre, mediante bonifico bancario (se rileva il momento in cui l’ordine di bonifico è stato impartito, oppure il momento in cui, in capo al professionista, tale somma sarà effettivamente a disposizione sul conto corrente, a prescindere dal momento di effettuazione del pagamento e di certificazione della ritenuta da parte del sostituto d’imposta, anche ai fini della compilazione del modello 770) – ha affermato che i compensi pagati mediante assegno devono considerarsi percepiti nel momento in cui il titolo di credito entra nella disponibilità del professionista, momento che si realizza con la consegna del titolo dal ricevente al committente.

Non rileva, invece, ai fini della imputazione temporale del compenso al reddito del professionista, la circostanza che il versamento sul conto corrente del professionista percettore dell’assegno intervenga in un momento successivo o in un diverso periodo d’imposta; nel caso di compensi pagati mediante bonifico bancario, il momento in cui il professionista consegue la effettiva disponibilità delle somme, deve essere individuato in quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente.

Si tratta, tecnicamente, della cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata. Non assume rilievo, pertanto, né la data della valuta, ovvero quella da cui decorrono gli interessi, né il momento in cui il dante causa emette l’ordine di bonifico né quello in cui la banca informa il professionista dell’avvenuto accredito.

Il momento in cui il compenso si considera percepito da parte del professionista potrebbe, pertanto, non coincidere con quello rilevante ai fini dell’individuazione del periodo/mese in cui in il soggetto che ha effettuato il pagamento deve effettuare il versamento della ritenuta ed includere quest’ultima nel modello 770, generando quindi un disallineamento.

Per il committente che paga il compenso, infatti, ai fini della adempimento dell’obbligo di effettuare la ritenuta rileva il momento in cui è stato effettuato il pagamento ovvero quello in cui le somme sono uscite dalla propria disponibilità. Il professionista, peraltro, scomputa la ritenuta subita nel periodo d’imposta in cui il compenso al quale il prelievo attiene concorre a formare il proprio reddito professionale.

In sede giurisprudenziale, poi, annotiamo che con l’ordinanza n. 15439 del 2017, la Corte di Cassazione ha affermato che:

“il fatto che la dazione dell’assegno bancario sia salvo buon fine non impedisce di commisurare alla data della percezione del titolo la disponibilità della somma, laddove non sia in contestazione l’esistenza della provvista sufficiente al regolare pagamento del titolo.”

Nel caso in questione, la prestazione professionale eseguita nell’anno 2004 è stata fatturata nel 2005, poiché la valuta si è resa disponibile solo nel gennaio del 2005. Tale tesi, tuttavia, non ha trovato il conforto giurisprudenziale, atteso che la data della valuta:

“individua solo quello della decorrenza degli interessi e non già la disponibilità della somma che, in caso di pagamento a mezzo di assegno bancario, va fissata al momento della percezione del titolo di credito da parte del prenditore dell’assegno, ciò che è avvenuto pacificamente il 30 dicembre 2004.”

Inoltre, con l’ordinanza n. 16711 del 2021, la Corte di Cassazione ha ritenuto che per i lavoratori autonomi il momento rilevante cui imputare una spesa sostenuta con assegno bancario è, in base al principio di cassa, quello della consegna del titolo e non quello dell’effettivo incasso ma ciò non può essere dedotto meramente da dichiarazioni sostitutive di terzi, che hanno valore di indizi, senza essere state scrutinate per verificarne la fondatezza.

Infine, con la pronuncia n. 20190 del 2022, gli Ermellini, dopo aver conferma che gli esercenti arti e professioni determinato il reddito da lavoro autonomo sulla base del c.d. principio di cassa e quindi, con specifico riferimento ai compensi, questi partecipano alla determinazione del reddito soltanto quando sono effettivamente incassati, a prescindere dal momento di emissione della fattura, ha rilevato che nel caso di specie il contribuente, non ottemperando al principio di cassa, ha omesso di far partecipare alla determinazione del reddito compensi che, sebbene fatturati nel mese di dicembre 2004, risultano incassati nel 2005, così che l’Ufficio ha correttamente proceduto al recupero a tassazione dei compensi.

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