Plusvalenza su terreno già edificato e su area edificabile

Le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni di aree edificabili sono soggette a tassazione separata come redditi diversi. Non lo sono quelle relative a terreni già edificati, e non assume rilievo il comportamento successivo degli acquirenti. Analisi dell'Ordinanza della Corte di Cassazione n. 21655/2022, dai fatti alla normativa di riferimento.

Plusvalenza su terreno già edificato e su area edificabile

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21655/2022, si è espressa in tema di accertamento di eventuale plusvalenza su un terreno già edificato.

Nel caso di specie, il contribuente aveva impugnato, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato il suo reddito ai fini IRPEF per l’anno 2007, con l’applicazione di sanzioni, previo rilievo dell’omessa dichiarazione della plusvalenza che egli aveva realizzato dalla cessione di un immobile.

Plusvalenza su terreno già edificato e su area edificabile: il caso analizzato nell’Ordinanza della Corte di Cassazione

Questi i fatti che avevano condotto all’accertamento:

  • il 19 aprile 2003 era pervenuta al contribuente, per successione alla madre, la metà di un immobile abitativo, del quale egli era già comproprietario per la frazione restante, unitamente alla moglie;
  • ai fini del calcolo dell’imposta di successione, il valore di detta quota era stato determinato in 49.667,63 euro;
  • il 19 febbraio 2007 il contribuente aveva trasferito l’intero immobile ad una società, ottenendo in corrispettivo l’importo di 225.000,00 euro, oltre alla permuta di un altro immobile della società acquirente, del controvalore di 325.000,00 euro;
  • il trasferimento accedeva ad una più articolata operazione immobiliare, con la quale la società aveva altresì acquistato l’immobile adiacente a quello del contribuente, di proprietà di altro soggetto;
  • quest’ultimo immobile era destinato ad essere demolito ed interamente ricostruito, mentre quello del contribuente sarebbe stato solo modificato, nel contesto di un intervento edilizio volto alla realizzazione di un complesso omogeneo; per tale ragione, in accordo con l’acquirente, il contribuente aveva richiesto al Comune il titolo abilitativo all’intervento sul proprio immobile, successivamente rilasciato dopo la stipula del contratto definitivo di cessione.

Tanto premesso, secondo l’Amministrazione finanziaria, il contratto di trasferimento andava qualificato non già come “vendita di fabbricato”, bensì come “cessione di area edificabile”, con conseguente generazione di una plusvalenza rientrante nella categoria dei redditi diversi ai sensi dell’art. 67, primo comma, lett. b), Dpr. 22/12/1986, n. 917 e soggetta a tassazione separata.

La plusvalenza, in particolare, veniva conteggiata sottraendo all’importo dichiarato nell’atto di cessione (pari a complessivi 550.000,00 euro), quello risultante dalla dichiarazione di successione.

La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, con sentenza che, successivamente appellata dal contribuente, veniva confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale, secondo la quale gli interventi edilizi assentiti dall’ente competente prima della conclusione del contratto di trasferimento, relativi ad un vasto intervento di demolizione e ristrutturazione e volti all’ampliamento delle superfici calpestabili, con realizzazione di un complesso sistematico di opere, consentivano di qualificare il contratto come “cessione di area edificabile”, con conseguente applicazione dell’art. 31 della L. 05/08/1978, n. 457 ed assoggettamento ad imposizione ai sensi dell’art. 5, comma 6, Dlgs. 30/12/1992, n. 504.

Osservava del resto la CTR che tali interventi avevano formato oggetto della comune volontà delle parti, emergendo dal contratto preliminare di trasferimento che il relativo oggetto era costituito da “un appezzamento di terreno edificabile con sovrastanti fabbricati […] compresa l’area di mq 400 sui cui insistono i fabbricati elencati”.

Ritenevano, inoltre, i giudici di secondo grado che tale individuazione dell’oggetto del contratto fosse confermata anche dalla considerevole differenza fra il valore dell’immobile dichiarato al momento dell’apertura della successione ed il controvalore indicato nel contratto di cessione.

Infine, rilevavano che la plusvalenza doveva essere tassata per intero, in quanto l’immobile era stato interamente ereditato dal contribuente e non ricadeva, perciò, nella comunione legale con il coniuge, così escludendo anche l’invocata riduzione delle sanzioni applicate.

Plusvalenza su terreno già edificato e su area edificabile: l’analisi normativa

Avverso tale sentenza il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., e lamentando che la sentenza aveva completamente trascurato di motivare in ordine all’applicabilità o meno, alla vicenda in esame, dell’art. 67, primo comma, lett. b), Tuir, concernente la tassazione delle cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, e dell’art. 2 del Dl. 04/07/2006, n. 223, conv. in L. n. 248/2006, che ha introdotto la definizione di “terreno edificabile”.

Con un secondo motivo di impugnazione, denunciando violazione e falsa applicazione delle ultime due disposizioni citate, il ricorrente assumeva poi che, per l’ipotesi di ritenuta sufficienza della motivazione, la sentenza impugnata aveva comunque errato nel ritenerle applicabili al caso di specie.

Secondo il contribuente, infatti, l’intervento edilizio effettuato rientrava nell’ambito dell’art. 30, comma 2, del Dpr. 06/06/2001, n. 380, poiché oggetto del contratto era un fabbricato già esistente e non un’area edificabile.

Secondo la Suprema Corte il primo motivo non era fondato.

Evidenziano i giudici di legittimità che, come insegna la giurisprudenza della Corte (v. Cass. n. 7090/2022 e Cass. n. 22598/2018), l’obbligo di motivazione della sentenza è violato quando la motivazione è totalmente mancante o meramente apparente, ovvero ancora risulta del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Nessuna di tali evenienze ricorreva però nel caso di specie.

Era invece fondato il secondo motivo di impugnazione.

Tale censura sottendeva infatti il quesito circa la possibilità di far rientrare la vendita di un’area già edificata - a fronte di una riqualificazione operata dall’Ufficio - nelle ipotesi tassative previste dall’art. 67, primo comma, lett. b), Tuir, che assoggetta a tassazione separata, quali «redditi diversi», le:

“plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.”

Al riguardo, la Cassazione intende dare continuità al principio, già affermato in sede di legittimità, secondo cui la stessa littera legis esclude che nel novero delle cessioni indicate possano farsi rientrare quelle aventi ad oggetto non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato (cfr., Cass. n. 10393/2019; Cass. n. 1674/2018; Cass. n. 15629/2014; Cass. n. 4150/2014).

In particolare, rileva la Corte, nell’ipotesi di cessione di terreno sul quale già insista un fabbricato, deve ritenersi irrilevante l’eventuale potenzialità edificatoria ulteriore del terreno medesimo, e ciò anche ove le parti abbiano l’intenzione di demolire il fabbricato esistente.

Occorre infatti aver riguardo alla ratio ispiratrice della norma evocata, nella formulazione introdotta dalla legge n. 413/1991,

“tesa inequivocabilmente ad assoggettare a prelievo fiscale la manifestazione di forza economica conseguente “all’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica» di terreni ovvero, in altri termini, ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che (come si legge nella relazione di accompagnamento alla citata legge n. 413/1991) scaturisce non «in virtù di un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica” dei terreni” (così la citata sentenza n. 15629/2014).

In altre parole, ai fini dell’applicabilità della norma in esame rileva unicamente la destinazione edificatoria originariamente conferita ad un’area non edificata in sede di pianificazione urbanistica e non quella ripristinata in conseguenza ad intervento che, sull’area già edificata, abbia operato uno dei contraenti.

Da tale principio si era pertanto discostata la sentenza impugnata.

Plusvalenza da cessione terreni edificabili con tassazione separata

A prescindere dallo specifico caso processuale, in termini generali, giova comunque evidenziare quanto segue.

Sono soggette a tassazione separata, quali redditi diversi, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.

Non lo sono invece quelle relative a terreni già edificati, essendo irrilevante sia l’ulteriore potenzialità edificatoria del terreno, sia l’intenzione delle parti di demolire i manufatti esistenti (cfr., Cass., n. 5327 del 06/03/2018).

Non può del resto avere alcun rilievo il comportamento degli acquirenti, successivo alla conclusione del contratto, non potendo la potenzialità edificatoria dipendere da elementi la cui realizzazione è solo futura ed eventuale e rimessa, peraltro, ad un soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione (il venditore).

Se è dunque indubitabile che, spesso, in tali casi, l’oggetto economico della compravendita è l’area sulla quale insiste il fabbricato, che l’impresa acquirente poi demolirà per realizzare edifici residenziali o uffici, l’identificazione dell’oggetto della compravendita va comunque ricercata sulla base della natura del bene trasferito, piuttosto che sulla base delle intenzioni dell’acquirente.

La questione involge sia la corretta portata dell’art. 67, comma primo, lett. b), secondo periodo, del TUIR, sia il potere dell’Amministrazione finanziaria di interpretare il contratto, a mente degli articoli 1362 e ss cod. civ., guardando alla comune intenzione delle parti, anche dedotta dal comportamento successivo alla stipula.

La stessa Corte di Cassazione (cfr., Cass., n. 5088 del 21/02/2019) ricorda che, anche se in materia di imposta di registro la Corte aveva inizialmente ritenuto che, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comportasse la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce (cfr., Cass. n. 24799/2014, e n. 16983/2015), a tale indirizzo ne aveva però poi fatto seguito un altro, in materia di imposte sui redditi, secondo il quale sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, e non anche quelle di terreni già edificati.

In altra occasione, si era poi specificamente ritenuto che la ratio dell’art. 67 TUIR fosse volta ad:

“assoggettare ad imposizione la plusvalenza che [...] scaturisce non in virtù di un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni.”

Pertanto, risultando oggetto dell’atto un fabbricato, e, quindi, un “terreno già edificato”, tale entità sostanziale non poteva essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e la cui realizzazione, peraltro, è anche futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale (cfr., Cass. n. 15629/2014).

Tale indirizzo è del resto coerente con la ratio ispiratrice della norma, tesa ad assoggettare a prelievo fiscale la manifestazione di forza economica conseguente “all’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica” di terreni.

La previsione di cui all’art. 67 citato, rileva la Corte, è del resto norma eccezionale, che, in quanto tale, non ammette interpretazione analogica ex art. 12 disp. prel. cod. civ., ma sconta l’interpretazione estensiva di cui al successivo art. 14 delle stesse diposizioni.

In questo senso, perché sia interpretazione estensiva ammessa, cioè si resti nell’ambito della stessa norma, occorre però che la sua ratio non venga variata.

E, in tale ottica, non è dunque possibile accedere all’interpretazione che intende equiparare al terreno da edificare il terreno già edificato, anche se venga edificato nuovamente, previa demolizione e ricostruzione, con aumento di volumetria.

Tale profilo, peraltro, non è esente da oneri fiscali, ma sarà assoggettato agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre alla percentuale sul costo di costruzione già al momento di rilascio del titolo edilizio (o in sede di liquidazione SCIA) e successivamente il bene ricavato seguirà le regole proprie delle imposte sul reddito, tanto al momento di venuta ad esistenza, quanto nel momento di cessione.

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