L’accertamento induttivo rileva anche in sede penale

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

Omessa presentazione della dichiarazione: per il superamento della soglia di punibilità del reato, il giudice penale si può avvalere dell'accertamento induttivo del reddito imponibile, a patto che proceda ad un'autonoma valutazione degli elementi descritti nell'atto. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 36491/2019.

L'accertamento induttivo rileva anche in sede penale

In tema di reati tributari, ai fini del superamento della soglia di punibilità del reato di omessa presentazione della dichiarazione, il giudice penale può legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo del reddito imponibile compiuto dall’Amministrazione finanziaria, a condizione che il giudice proceda ad un’autonoma valutazione degli elementi descritti nell’atto, anche comparandoli con le informazioni eventualmente acquisite altrove. È questa la precisazione fornita dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 36491/2019.

Corte di Cassazione - Sentenza numero 36491 del 28 agosto 2019
L’accertamento induttivo rileva anche in sede penale. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 36491 del 28 agosto 2019.

La sentenza – Il procedimento attiene una causa per il reato di omessa presentazione della dichiarazione a carico di un imprenditore nei confronti del quale l’Agenzia delle entrate, sulla base delle risultanze di una verifica fiscale, aveva notificato un avviso di accertamento recante la determinazione del reddito imponibile con metodo induttivo.

Il ricorso presentato dall’imprenditore è stato disatteso sia in primo che in secondo grado.

Avverso la decisione della Corte di appello l’imputato ha proposto ricorso in cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 in relazione al superamento della soglia di punibilità, perché sul punto la Corte territoriale si era basata su un accertamento di tipo induttivo e non analitico.

Nell’affermare l’infondatezza del motivo di ricorso i giudici della Suprema Corte hanno ribadito un importante e oramai consolidato principio secondo cui, in tema di reati tributari, ai fini del superamento della soglia di punibilità di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, il giudice penale può “legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo dell’imponibile compiuto dagli uffici finanziari”.

Nell’ambito dei reati penal-tributari, e più precisamente con riferimento alle violazioni riguardanti l’infedele presentazione della dichiarazione e l’omessa annotazione di ricavi, è legittimo che il giudice valuti - e fondi il proprio convincimento in tema di responsabilità dell’imputato - sia sulle risultanze dei verbali di constatazione o delle informative redatti dagli organi verificatori che sull’accertamento induttivo dell’imponibile operato dall’ufficio finanziario quando la contabilità imposta dalla legge non sia stata tenuta regolarmente. In buona sostanza, quindi, l’accertamento induttivo compiuto dagli uffici finanziari costituisce un valido elemento di indagine per stabilire, in sede penale, se vi sia stata evasione e se questa abbia raggiunto le soglie di punibilità previste dalla legge, purché “il giudice non si limiti a constatarne l’esistenza e non faccia apodittico richiamo agli elementi in esso evidenziati, ma proceda a specifica, autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti aliunde”.

Nella decisione in commento i giudici di Piazza Cavour hanno potuto constatare che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi su richiamati, offrendo un’articolata motivazione basata sull’autonoma valutazione delle risultanze dell’accertamento induttivo, risultando accertato il superamento della soglia di punibilità prevista dalla legge penale.

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