Quando le “obiettive condizioni di incertezza” giustificano la disapplicazione delle sanzioni

Emiliano Marvulli - Imposte

Le sanzioni amministrative tributarie possono essere disapplicate in caso di obiettiva incertezza normativa: analizziamo insieme l'ultima significativa pronuncia in materia della Corte di Cassazione.

Quando le “obiettive condizioni di incertezza” giustificano la disapplicazione delle sanzioni

Nel caso in cui l’assetto normativo, la prassi dell’amministrazione finanziaria e la produzione giurisprudenziale non consentano di individuare in maniera univoca il contenuto, l’oggetto e i destinatari di una disposizione tributaria, può crearsi una situazione di obiettiva condizione di incertezza tale da legittimare la disapplicazione delle sanzioni amministrative. Spetta al giudice di merito, e mai all’amministrazione finanziaria, accertare tale situazione sulla base di una valutazione dei fatti indici di incertezza normativa.

Sono queste le importanti indicazioni contenute nella Sentenza della Corte di Cassazione numero 18405 del 2018.

Quando si realizzano le «obiettive condizioni di incertezza normativa» che possono portare alla disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie?
Le sanzioni amministrative tributarie possono essere disapplicate quando sussistono «obiettive condizioni di incertezza normativa». La sentenza della Corte di Cassazione numero 18405/2018 è molto significativa proprio perché enuncia una serie di principi che consentono di delineare il perimetro applicativo di tali condizioni.

I fatti – La controversia attiene al ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento contenente rilievi ai fini IRPEG e l’irrogazione della connessa sanzione.

La ripresa a tassazione derivava dalla violazione da parte della società accertata delle disposizioni inerenti alla valutazione delle rimanenze finali delle opere di durata ultrannuale. In buona sostanza, l’inquadramento dei pagamenti controllati aveva determinato un diverso criterio di valutazione delle rimanenze da parte dell’ente accertatore.

Il ricorso veniva accolto dalla CTP mentre in sede di appello i giudici accoglievano l’impugnazione principale dell’Agenzia delle entrate. Nella medesima decisione i giudici d’appello, sulla base dell’interpretazione del contratto per la fornitura dei beni in rimanenza, respingevano la domanda subordinata volta ad ottenere la disapplicazione delle sanzioni, perché “non sussistevano le condizioni di incertezza richieste dall’articolo 8 del D.Lgs. 546/1992 e dall’articolo 6, comma 2 del D.Lgs. 472/1997 collegata ad una caratteristica intrinseca ed oggettiva del dato normativo.”

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione lamentando, per quanto di interesse, la violazione degli artt. 8 del D.Lgs. 546/92 e 6, co. 2 del D.Lgs. 472/97 avendo errato la CTR nel ritenere non sussistenti i presupposti per la disapplicazione delle sanzioni. A parere del ricorrente, infatti, nel caso di specie non era ravvisabile la chiarezza della norma che, al contrario, “non consentiva l’individuazione di un significato preponderante e secondo una valutazione che andava fatta di volta in volta sul piano meramente oggettivo.”

Il motivo di ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione che ha dichiarato non dovute le sanzioni.

La decisione – Nella interessante sentenza in commento i giudici di legittimità hanno affrontato il tema della disapplicazione delle sanzioni, previsto dal combinato disposto degli artt. 8 del D.Lgs. 546/92 e 6, co. 2 del D.Lgs. 472/97.

In base al cit. art. 8, il giudice di merito dichiara “non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce”, mentre l’art. 6, co. 2 del D.Lgs. 472/97 sancisce la non punibilità “quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono.”

Il tema della non debenza delle sanzioni è stato affrontato ripetutamente dalla Corte di Cassazione, in ultimo con la Sent. n. 13076 del 2015, che ha fissato il principio per cui “l’incertezza normativa oggettiva tributaria” è quella situazione giuridica oggettiva caratterizzata “dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie.”

I giudici di Piazza Cavour precisano che l’incertezza normativa è un principio diverso rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto prevista dall’art. 6 del D.Lgs. 472 del 1997, sebbene le due figure producano i medesimi effetti, e l’accertamento della stessa “è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operata dall’amministrazione.”

L’incertezza oggettiva non ha il suo fondamento in uno stato di “ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria.”

Sul lato pratico i giudici di legittimità hanno fornito una serie di elementi rivelatori dell’incertezza normativa oggettiva, il cui valore indicativo deve essere accertato e valutato dal giudice, tra cui:

1. la difficoltà di individuare le disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni normative;
2. la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica;
3. la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;
4. la mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà;
5. la mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti;
6. la mancanza di precedenti giurisprudenziali;
7. la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale;
8. il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;
9. il contrasto tra opinioni dottrinali;
10. l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.

Il decalogo individuato dai giudici della cassazione ha valore meramente esemplificativo e non esaustivo ma se, al termine di un procedimento interpretativo, il giudice dovesse giungere a risultati tra loro contrastanti e incompatibili sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma, può generarsi una situazione di incertezza normativa obiettiva, con conseguente disapplicazione delle sanzioni.

Nel caso di specie i giudici della cassazione hanno individuato le obiettive condizioni di incertezza perché la norma sulla valutazione delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 60 del TUIR) da un lato “non è chiara poiché non consente di pervenire alla distinzione basata su dati obiettivi dei pagamenti effettuati a seguito di stati di avanzamento e di quelli effettuati al titolo di acconto, dall’altro mette conto considerare che sussisteva incertezza sia in ordine alla prassi indicata dall’amministrazione finanziaria con circolari e note sia in ordine all’interpretazione dottrinale delle norme, di talché le sanzioni non appaiono dovute.”

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