Se la fattura è irregolare spetta all’acquirente provare l’esistenza dell’operazione

Emiliano Marvulli - Imposte

Spetta al contribuente l'onere della prova dell'effettiva esistenza delle operazioni, se l'Amministrazione finanziaria contesta l'indebita deduzione dei costi per mancanza di specifiche indicazioni in fattura. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 22130 del 3 agosto 2021.

Se la fattura è irregolare spetta all'acquirente provare l'esistenza dell'operazione

Qualora l’Amministrazione Finanziaria contesti l’indebita deduzione di costi per assenza delle specifiche indicazioni in fattura che consentano di accertare l’entità e la natura delle prestazioni ricevute, grava sul contribuente che rivendichi la legittimità della deduzione l’onere di fornire idonea prova della effettiva esistenza delle operazioni.

Questi sono i principi contenuti nell’ordinanza n. 22130 della Corte di Cassazione depositata il 3 agosto 2021.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 22130 del 3 agosto 2021
Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 22130 del 3 agosto 2021.

La decisione – La vicenda processuale parte dalla notifica di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato, ai fini Irpef, Irap e Iva, l’indeducibilità dei costi relativi ad una serie di fatture emesse da una società terza per servizi di trasporto, scarico e facchinaggio di merci.

Il ricorso proposto dalla società acquirente è stato accolto dalla CTP e l’appello proposto dall’Ufficio finanziario è stato respinto dalla CTR, i cui giudici hanno riconosciuto la piena deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA afferente alle fatture, in ragione della presenza di tutti i requisiti di certezza, oggettiva determinabilità e inerenza all’attività di impresa e della congruità dei costi rispetto ai ricavi.

Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza della CTR per non essersi i giudici espressi in merito all’incertezza, in fattura, degli elementi indicativi della natura, quantità e qualità dei servizi prestati.

In particolare l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato che il giudice d’appello avrebbe dovuto verificare ed accertare se fosse stato correttamente assolto l’onere di prova a carico della contribuente circa l’inerenza, congruità ed effettività dei costi sostenuti e che, sul punto, la pronuncia censurata non si sarebbe in alcun modo pronunciata sulla questione.

La questione riguarda il corretto assolvimento delle disposizioni contenute nell’art. 21, co. 2, lett. g) del D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede che la fattura debba contenere, fra l’altro, l’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione.

Tali specifiche indicazioni rispondono all’oggettiva finalità di trasparenza e di conoscibilità e sono funzionali a consentire l’espletamento delle attività di controllo e verifica da parte dell’amministrazione finanziaria e a rendere possibile l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione.

Sul punto i giudici di legittimità hanno precisato che, qualora l’amministrazione finanziaria contesti l’indebita deduzione di costi per assenza delle specifiche indicazioni in fattura che consentano di accertare l’entità e la natura delle prestazioni ricevute, grava sul contribuente che rivendichi la legittimità della deduzione degli esborsi fatturati l’onere di fornire prova della effettiva esistenza delle operazioni.

In altre parole l’incertezza degli elementi indicativi della natura, qualità e delle prestazioni svolte crea dubbi circa la sussistenza effettiva di una prestazione commerciale e fa venir meno l’idoneità della fattura a rappresentare operazioni rilevanti ai fini fiscali ai sensi del citato art. 21 del decreto IVA, spostando sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza di dette operazioni.

D’altronde la Corte di Cassazione ha più volte precisato che, a norma dell’art. 109, comma 4, lett. b), ultimo periodo, TUIR, i costi e le spese afferenti ricavi che non sono stati imputati al conto economico possono essere comunque dedotti soltanto se risultano da “elementi certi e precisi” con onere della prova a carico del contribuente, sicché è necessario che il contribuente fornisca concreti elementi di prova, non mediante affermazioni, di carattere generale o il richiamo a semplici presunzioni.

Nel caso di specie i giudici della CTR hanno ritenuto provata l’effettività dei costi facendo riferimento ad elementi generici quali la dichiarazione resa dal soggetto emittente le fatture, il quale aveva dichiarato di avere avuto un rapporto decennale con la società contribuente. Tale motivazione assume connotazioni astratte, estranee alla necessità di individuare elementi certi e precisi sui quali fondare la legittimità della deduzione dei costi quando le fatture risultino generiche e non è in linea con i suddetti principi elaborati dal Collegio di legittimità.

Da qui l’accoglimento del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria Regionale.

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