L’elevato valore della documentazione extracontabile reperita presso terzi

Gianfranco Antico - Contabilità e impresa

La documentazione extra contabile reperita presso terzi può essere utilizzata come prova nei confronti del terzo soggetto che subisce il controllo? La risposta è affermativa, analizziamo insieme un recente caso giurisprudenziale per capirne di più

L'elevato valore della documentazione extracontabile reperita presso terzi

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 39, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 600/73, consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulta dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, da cui derivino presunzioni semplici, desumibili anche da documentazione extracontabile ed in particolare da “contabilità in nero”, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore.

È questo il principio dettato dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 19851/2023.

Il caso

Il caso oggetto dell’intervento dei massimi giudici di legittimità trae origine da un avviso di accertamento di un maggior reddito imponibile ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, che l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di una società cooperativa, con riferimento all’anno di imposta 2002, sulla scorta delle risultanze degli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza a carico della predetta società e di altra impresa, presso la cui sede veniva rinvenuta documentazione extracontabile da cui emergeva che quest’ultima aveva effettuato acquisti di olio dalla prima società e prestazioni di servizi (molitura di olive) a favore della stessa, senza registrazione delle vendite.

Accolto il ricorso di parte in primo grado, la pronuncia di annullamento dell’atto impositivo veniva confermata in appello, sostenendo che l’accertamento effettuato nei confronti della società era basato unicamente su indizi non confortati da prov(e) concrete, ovvero su presunzioni che sicuramente costituivano un valido punto di partenza per indagini ulteriori più approfondite, da condurre possibilmente presso la società accertata, e ritenendo che fosse

necessario quindi un approfondimento con elementi ed indagini specifici condotte direttamente presso la cooperativa *****

Da qui il ricorso in Cassazione da parte dell’Agenzia delle entrate, che sostanzialmente censura la sentenza impugnata che

“nel pretendere che l’Agenzia delle entrate fornisca prova certa dell’evasione, si pone in palese contrasto con la disciplina dell’onere della prova in materia di accertamenti fiscali e con la valenza probatoria riconosciuta alla documentazione extracontabile, nella specie rinvenuta presso altra società e facente riferimento ad operazioni commerciali (vendite di olio e prestazioni di servizi) intrattenute da quest’ultima con la società contribuente che non aveva registrato alcuna di quelle operazioni”

Il pensiero degli Ermellini in materia di onere della prova e scritture extra contabili

Per la Corte

in tema di accertamento analitico-induttivo, a fronte dell’incompletezza, falsità o inesattezza dei dati contenuti nelle scritture contabili, l’amministrazione finanziaria può completare le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c., con la conseguenza che l’onere della prova si sposta sul contribuente (...) (Cass. n. 30985 del 2021)

e con specifico riferimento al caso di specie, di rinvenimento della c.d. contabilità in nero:

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il d.p.r. n. 600/1973, art. 39 comma 1, lett. c), consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulta dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, da cui derivino presunzioni semplici, desumibili anche da documentazione extracontabile ed in particolare da contabilità in nero, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva annullato l’avviso di accertamento fondato sulla documentazione extracontabile di altro contribuente, reperita in sede di verifica nei confronti di quest’ultimo. (Cass. n. 20094 del 2014; conf. Cass. n. 14150 del 2016; v. anche, ex multis, Cass. n. 12680 del 2018, n. 27622 del 2018)

Per i giudici di Piazza Cavour è evidente l’errore di diritto in cui è incorsa l’allora CTR

che ha negato che nella specie vi fossero elementi sufficienti per giustificare l’accertamento fondato su documentazione extracontabile attestante l’esecuzione di operazioni commerciali (vendita di olio e prestazioni di molitura) intercorse tra le due società non fiscalmente regolarizzate, e quindi in evidente evasione d’imposta, peraltro pretendendo dall’amministrazione finanziaria la prova certa dell’evasione e, quindi, la necessità di espletamento da parte della stessa di indagini ulteriori più approfondite, ovvero un approfondimento con elementi ed indagini specifici condotte direttamente presso la cooperativa *****

Ciò facendo, peraltro, con motivazione apparente, che si pone ben al di sotto del minimo costituzionale, non avendo i giudici di appello neppure spiegato quali approfondimenti ed indagini specifici l’Amministrazione finanziaria avrebbe potuto o dovuto compiere.

Brevi note tecniche ed operative

La materia dei controlli esterni, per il fumus che spesso rivestono, è una attività sicuramente delicata, in quanto la verifica fiscale è il mezzo istruttorio più incisivo a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per controllare l’esatto adempimento degli obblighi formali e sostanziali imposti dalle norme fiscali.

Il momento dell’accesso è sempre delicato, in quanto costituisce il primo momento di effettiva conoscenza dell’azienda, prima rappresentata solo attraverso i dati forniti dall’anagrafe tributaria.

I verificatori, adempiute le formalità di rito (esibizione delle tessere di riconoscimento e autorizzazione del soggetto che ha autorizzato la verifica), procedono, fra l’altro, a:

  • reperire, oltre che tutti i documenti contabili obbligatori, anche la documentazione extracontabile presente ( brogliacci, agende, appunti, etc.);
  • acquisire i supporti magnetici rinvenuti e in presenza di mezzi informatici a visionare il programma di gestione e ad analizzare i dati registrati nell’hard disk del personal computer.

Il caso sottoposto all’attenzione è particolarmente interessante in quanto – legittimamente – gli Ermellini danno valore alla documentazione reperita presso terzi, questione che investe l’accertamento, il cui contenuto è legato alle risultanze di analoghe verifiche effettuate nei confronti di altri contribuenti (si confronti l’interessante l’ordinanza della Corte di Cassazione numero 7278/2022, dove l’indagine svolta, culminata nella notifica dell’atto impositivo in oggetto, trae origine da una verifica effettuata nei confronti di un’artista, da cui era emerso, a parere dei verbalizzanti, che quest’ultimo, al fine di ridurre il proprio carico fiscale, avesse fittiziamente interposto la I. s.r.l. nei rapporti economici intrattenuti con gli operatori - tra cui la medesima odierna contribuente - che, a vario titolo, avevano usufruito delle sue prestazioni professionali).

Spesso, infatti, i verbalizzanti, nel corso di una verifica parziale, redigono un p.v.c. nei confronti di una ditta (per esempio, la ditta Bianchi) per aver effettuato cessioni di beni nei confronti di altra ditta ( per esempio, la ditta Rossi ), senza emissione della relativa fattura: per la ditta Rossi si tratta, naturalmente, di acquisti in evasione d’imposta. Successivamente i verbalizzanti si recano presso la ditta Rossi e procedono a verbalizzare la presunta vendita di quei beni acquistati in evasione.

E nel caso in esame il tutto è avvalorato dal rinvenimento di documentazione extracontabile.

La massima giurisprudenza continua a ritenere acquisibili ed utilizzabili gli elementi documentali acquisiti presso soggetti terzi rispetto al verificato, non sussistendo, nel nostro ordinamento, un generale divieto di acquisizione ed utilizzazione di detta documentazione.

La legittimità dell’operato dei verificatori va valutata, pertanto, solo rispetto alle modalità del suo esercizio. Ciò che rileva è l’attendibilità delle prove e non i luoghi in cui sono state acquisite.

In maniera acuta, l’organo di giustizia supremo, con la sentenza n. 2775/2000, aveva peraltro già affermato che se fosse precluso agli organi verificatori di prendere visione e, se del caso, acquisire atti e dati fiscalmente rilevanti nei confronti di terze persone ( non menzionate nel provvedimento di autorizzazione)

“sarebbe agevole per il contribuente infedele sottrarre alle verifiche la propria documentazione fiscale, bastando a ciò il semplice accorgimento di conservarla presso un’altra persona”

Così come appare acclarato che, in presenza di tali elementi, spetta al contribuente confutarli. Attività non semplice, atteso che smontare una contabilità parallela, ovvero brogliacci cartacei o informatici, è arduo.

Ricordiamo, infatti, che in tema di prova per presunzioni semplici, nella deduzione dal fatto noto a quello ignoto, il giudice di merito incontra il solo limite del principio di probabilità.

Non occorre cioè che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (Cass. 23/7/1999, n. 7954) ma è sufficiente che l’operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza (Cass. 16/7/2004, n. 13169), basate sull’id quod plerumque accidit (Cass., 30/11/2005, n. 6081).

Viceversa, nel caso in questione, i giudici della CTR hanno, illegittimamente, addossato sull’Ufficio un onere di prova, pur in presenza di operazioni tra il fornitore/terzo ed il contribuente verificato, rilevate sulla base del raffronto tra la contabilità in nero e le scritture contabili.

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network