Direttiva case green: le novità approvate

Tommaso Gavi - Fisco

Quali sono le novità approvate con la Direttiva case green? I principali obiettivi sono la riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16 per cento entro il 2030 e la emissioni zero entro il 2050. Il testo ha ottenuto il via libera definitivo dell’Ecofin, con voto contrario di Italia e Ungheria

Direttiva case green: le novità approvate

Lo scorso 12 marzo il Parlamento europeo ha approvato la Direttiva case green, con 370 voti favorevoli, 199 voti contrari e 46 astensioni.

A distanza di un mese l’ufficialità è arrivata con l’approvazione formale del Consiglio europeo. Ieri l’Ecofin, la riunione dei ministri dell’economia degli Stati UE, ha approvato il testo finale con voto contrario di Italia e Ungheria.

A margine dell’appuntamento europeo, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha commentato la decisione come segue:

“Bellissima direttiva e ambiziosa ma alla fine chi paga?”

Gli Stati membri dovranno quindi recepire nell’ordinamento nazionale gli obiettivi entro due anni di tempo.

Gli obiettivi sono ambiziosi e richiederanno interventi sia sugli edifici pubblici che privati. Viene prevista la riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16 per cento entro il 2030 e di almeno il 20-22 per cento entro il 2035.

A livello generale, si punta ad ottenere la neutralità climatica entro il 2050.

Direttiva case green: gli obiettivi da raggiungere

La direttiva green, approvata dal Parlamento europeo, prevede diversi obiettivi relativi al miglioramento delle prestazioni energetiche nell’edilizia.

Parlamento Europeo - Testo approvato il 12 marzo 2024
Testo della «Direttiva case green».

Tra questi, la riduzione di gas serra e consumi energetici entro il 2030, e il fine ultimo della neutralità climatica entro il 2050.

Gli obiettivi intermedi sono relativamente vicini, considerando l’orizzonte temporale per mettere in campo le azioni necessarie al raggiungimento. Si dovrà ottenere:

  • una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16 per cento entro il 2030;
  • una diminuzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 20-22 per cento entro il 2035.

Dal 2030 i nuovi edifici che saranno costruiti dovranno essere a emissioni zero.

Per gli edifici pubblici la tabella di marcia è anticipata: gli stessi dovranno raggiungere le emissioni zero a partire dal 2028.

Nel calcolo delle emissioni gli Stati dovranno calcolare anche l’impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, includendo anche i processi di produzione e smaltimento del materiale necessario alla costruzione.

Dal 2025 saranno vietati incentivi per caldaie autonome a combustibili fossili.

Potranno essere previsti, invece, incentivi per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile. Ricompresi tra tali sistemi ci sono, ad esempio, le caldaie combinate con un impianto solare termico o una pompa di calore.

A supporto di un totale cambio di prospettiva, dovranno essere previste anche misure per l’istallazione di impianti solari in edifici pubblici e non residenziali, qualora tecnicamente ed economicamente fattibile.

Entro il 31 dicembre 2026 le installazioni dovranno avvenire sui nuovi edifici pubblici e non residenziali con superficie coperta utile superiore a 250 metri quadri e, negli anni successivi, su quelli di superficie superiore.

Direttiva case green: le novità del passaporto di ristrutturazione

Tra le varie novità previste dalla Direttiva case green, che sarà approvata entro domani dall’Ecofin, c’è l’introduzione del cosiddetto “passaporto di ristrutturazione”.

Come indicato nel testo della direttiva, si tratta di:

“una tabella di marcia su misura per la ristrutturazione profonda di un determinato edificio, in un numero massimo di fasi che ne miglioreranno sensibilmente la prestazione energetica.”

Il documento digitale relativo all’abitazione dovrà contenere le possibilità previste per il raggiungimento degli obiettivi della direttiva, ovvero le emissioni zero entro il 2050.

Dovranno essere dettagliate le misure da adottare per pianificazione di breve e lungo periodo.

Saranno gli stati a dover stabilire se il passaporto di ristrutturazione debba essere redatto e rilasciato insieme all’APE, l’attestato di prestazione energetica.

L’accesso allo strumento potrà essere volontario o obbligatorio, a seconda della scelta degli Stati membri.

In base a quanto previsto dall’articolo 12:

“Gli Stati membri adottano misure per far sì che i passaporti di ristrutturazioni siano economicamente accessibili e valutano la possibilità di fornire sostegno finanziario alle famiglie vulnerabili che desiderano ristrutturare.”

Lo strumento potrà essere messo a disposizione anche alle famiglie con redditi più bassi, prevedendo interventi che ne garantiscano la sostenibilità economica.

Oltre alla predisposizione del documento gli Stati dovranno prevedere anche la possibilità di tenerlo aggiornato, in linea con la condizione reale dell’immobile.

Lo strumento dovrà quindi permettere in qualsiasi momento di avere una visione sui possibili interventi per il miglioramento energetico.

Dovrà infine essere prevista la conservazione del passaporto di ristrutturazione nel registro digitale degli edifici per permettere l’accessibilità alla documentazione aggiornata, tramite lo stesso registro.

Gli interventi per raggiungere gli obiettivi

A fornire un quadro dei possibili interventi che potranno mettere l’Italia in condizione di raggiungere gli obiettivi della direttiva case green è il webinar organizzato dall’ENEA, all’interno del programma Italia in classe A, che si è tenuto nel pomeriggio dell’11 aprile 2024.

Gli interventi dovranno riguardare edifici residenziali, pubblici e privati. Particolare attenzione dovrà essere dedicata agli edifici del terziario (uffici pubblici e privati, settore commercio, settore ricettivo, ospedali, scuole, ecc.).

L’impatto di tale settore, infatti, è paragonabile a quello degli edifici residenziali privati.

Le linee di intervento sugli edifici pubblici saranno prese basandosi sulla relazione annuale del Ministero dell’Economia e delle finanze sugli immobili pubblici. Tuttavia si dovrà intervenire anche su parte dei 25 milioni di appartamenti in condominio.

Stando alla fotografia del 2021, scattata dall’Istat:

  • il 65 per cento delle famiglie è dotato di un impianto autonomo;
  • il metodo di riscaldamento più diffuso è quello a metano, modalità che dovrà essere sostituita;
  • gran parte degli edifici ha lo stesso impianto per il riscaldamento e la produzione di acqua calda.

Gli interventi dovranno essere focalizzati sul 43 per cento degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori. Per individuare su quali sarà opportuno intervenire sarà necessario basarsi sul sistema informativo degli attestati di prestazione energetica, SIAPE.

In linea generale dovrà essere calcolata la media nazionale dei consumi, confrontandola con la superficie degli edifici. Il quadro iniziale terrà conto dei valori del 2020, quindi rientreranno tra i risultati anche quelli raggiunti grazie al superbonus.

In linea generale l’intervento dovrà portare gli edifici non residenziali almeno sotto le seguenti soglie:

  • del 16 per cento a decorrere dal 2030;
  • del 26 per cento a decorrere dal 2033.

Le azioni si concentreranno quindi principalmente sugli edifici di classi E, F e G.

Prendendo in considerazione le scuole, ad esempio, gli edifici che rientrano nelle classi D, E, F e G comprendono il 70 per cento degli istituti.

Per raggiungere gli obiettivi previsti si dovrà intervenire su circa 9.000 scuole entro il 2030 e 14.000 scuole entro il 2033.

Saranno perviste delle deroghe per specifici casi:

  • edifici ufficialmente protetti per il loro particolare valore architettonico o storico;
  • edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose;
  • fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico e edifici agricoli non residenziali usati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;
  • edifici residenziali utilizzati meno di quattro mesi all’anno o per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico inferiore al 25 per cento del consumo annuale;
  • fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 metri quadri;
  • edifici di proprietà delle forze armate o del governo centrale e destinati a scopi di difesa nazionale.

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