I costi relativi ai servizi in outsourcing sono inerenti all’attività d’impresa

Emiliano Marvulli - Imposte

I costi pluriennali, messi a disposizione di un terzo a cui sono state esternalizzate alcune fasi del processo produttivo, relativi a beni di proprietà dell'impresa sono inerenti e deducibili dal reddito imponibile nel caso in cui l'attività svolta dal terzo si inserisca come segmento produttivo dell'attività imprenditoriale svolta.

I costi relativi ai servizi in outsourcing sono inerenti all'attività d'impresa

Sono inerenti e deducibili dal reddito imponibile i costi pluriennali relativi a beni di proprietà dell’impresa, messi a disposizione di un terzo a cui sono state esternalizzate alcune fasi del processo produttivo, qualora l’attività svolta dal terzo si inserisca quale segmento produttivo nell’attività imprenditoriale complessivamente svolta dalla società proprietaria dei beni. Sono queste le importanti precisazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 6017/2020.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 6017 del 4 marzo 2020
I costi relativi ai servizi in outsourcing sono inerenti all’attività d’impresa.

La sentenza – La controversia trae origine dal contenzioso instaurato da una società, proprietaria di un albergo, a seguito della notifica di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato, sulla base delle risultanze di una verifica fiscale, l’indeducibilità dei canoni di leasing e degli ammortamenti per l’acquisto di alcuni beni concessi in comodato a un terzo in virtù di un contratto di somministrazione.

La CTR, in riforma della sentenza della CTP, ha accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria affermando che, quanto ai beni concessi in comodato alla società terza, che svolge l’attività di ristorazione e bar all’interno dell’albergo di proprietà della contribuente controllata, non possono ritenersi inerenti i canoni di leasing afferenti agli impianti e gli ammortamenti dei cespiti, essendo beni nella disponibilità di un terzo, per il quale non si è rinvenuto alcun beneficio per la contribuente.

La società ha proposto ricorso per cassazione lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 109, co. 5 del TUIR per avere la sentenza di appello male inteso il principio dell’inerenza dei costi.

La ricorrente ha in particolare dedotto che, pur non essendovi un “sinallagma diretto” tra i costi contestati (perché non inerenti) e i ricavi dell’albergo, l’attività di ristorazione costituisca un segmento dell’attività caratteristica svolta dall’albergo, i cui corrispettivi versati dai clienti vengono riscossi in aggiunta al costo della camera. I beni concessi in comodato, quindi, non escono dal circuito produttivo della società controllata.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi e cassato con rinvio la sentenza impugnata.

In tema di imposta sui redditi d’impresa, la corte di cassazione ha rimarcato il principio per cui il requisito dell’inerenza esprime “la riferibilità dei costi sostenuti all’attività d’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo unicamente i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea” . Ne consegue che l’inerenza deve essere apprezzata non in termini di stretta correlazione quantitativa tra costi deducibili e ricavi tassabili ma attraverso un giudizio qualitativo, “riguardo al quale l’antieconomicità e l’incongruità della spesa possono costituire, al più, indici rivelatori del difetto di inerenza”.

In altri termini, l’inerenza di un costo all’attività d’impresa va definita come una relazione tra il costo medesimo e l’attività di impresa complessivamente esercitata, indipendentemente dall’esplicita correlazione ad una precisa componente positiva di reddito.

Detto principio deve applicarsi anche al caso di outsourcing in cui l’impresa, pur mantenendo il controllo sulla gestione dei ricavi, pone al di fuori dell’azienda alcune fasi del processo produttivo.

L’azienda che ha esternalizzato, sulla base di un contratto di somministrazione, alcuni servizi (e i relativi costi) al fine di ottimizzare il business mantiene, difatti, il controllo sul somministrante delle fasi esternalizzate del processo produttivo, risultando il somministrato il responsabile di fronte ai clienti finali dell’intera catena del valore aggiunto e del servizio reso al cliente.

Ne consegue che “nel caso in cui un’impresa contribuente abbia esternalizzato alcune fasi del processo produttivo a imprese terze, mettendo a disposizione di queste ultime beni di sua proprietà, relativamente ai quali ha sostenuto costi pluriennali, ovvero relativamente ai quali abbia contabilizzato canoni di leasing, la stessa può considerare inerenti i relativi costi, ove l’attività svolta dal terzo che utilizzi i beni del contribuente si inserisca quale segmento produttivo nell’attività imprenditoriale complessivamente svolta dalla contribuente”.

La sentenza impugnata è stata cassata perché la CTR non si è attenuta a tale principio di diritto, avendo sommariamente escluso che potesse esserci un beneficio per il comodante/somministrato.

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