Aree prive della capacità edificatoria fuori dal calcolo della plusvalenza

Emiliano Marvulli - Imposte

Le aree prive della capacità edificatoria non possono essere considerate nel calcolo della plusvalenza realizzata tramite la vendita di terreni edificabili: lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 1876 del 2024

Aree prive della capacità edificatoria fuori dal calcolo della plusvalenza

Ai fini della quantificazione della plusvalenza realizzata mediante la vendita di terreni edificabili, non possono essere considerate le aree agricole e quelle comprese nelle fasce di rispetto stradale o ferroviario, perché sono prive della possibilità legale di edificazione e, quindi, della capacità edificatoria.

Questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 1876 del 2024.

Aree prive della capacità edificatoria e calcolo della plusvalenza: la pronuncia della Corte di Cassazione

La controversia ha avuto origine dalla notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF con il quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, ai fini IRPEF, la plusvalenza realizzata a seguito della vendita di un terreno, ritenendolo in parte edificabile e, precisamente, per la porzione non destinata a verde privato.

Il ricorso proposto dal contribuente è stato respinto in entrambi i gradi di giudizio. In particolare la CTR rilevava che l’immobile oggetto di accertamento, dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune, risultava ricadere in zona “PA n. 2” a destinazione residenziale e che detta destinazione non era compromessa dall’attestato del Comune che chiariva i vincoli ai quali era sottoposto il terreno.

Precisava che, oltre al vincolo a “verde privato” di cui l’Ufficio aveva già tenuto conto, l’area era sottoposta a vincoli (stradale, ferroviario e fluviale) di carattere generale ed imposti per legge dei quali le parti avevano tenuto conto in sede di contrattazione per la determinazione del prezzo.

Riteneva che la cessione a titolo oneroso di terreno edificabile fosse sempre soggetta alla tassazione della plusvalenza, prescindendo dai vincoli, i quali potevano limitarne la suscettibilità edificatoria ma non mutarne la destinazione edificabile.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. b) TUIR da parte del giudice di merito per aver ritenuto sufficiente, ai fini della qualificazione di un terreno come edificabile, il solo fatto che quest’ultimo rientrasse in zona a destinazione residenziale, restando irrilevante la presenza di vincoli di inedificabilità.

Nel ricorso si espone che la particella oggetto del rilievo dell’Ufficio per una parte era destinata a verde privato; per altra parte a viabilità di progetto e, infine, per una terza parte era vincolata a fascia di rispetto alla ferrovia. Il ricorrente deduce, per l’effetto, che il terreno non era neppure potenzialmente edificabile, stante i vincoli derivanti dallo strumento urbanistico (verde privato e viabilità di progetto) e quelli generali di rispetto ferroviario ed idrogeologico derivanti dalla legge.

Anche in sede di legittimità il ricorso è stato respinto. La Corte di cassazione ha rammentato che in tema di IRPEF, ai fini della quantificazione della plusvalenza realizzata mediante la vendita di terreni edificabili ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b), DPR n. 917 del 1986, non possono essere considerate le aree comprese nelle fasce di rispetto stradale o ferroviario, che vanno equiparate a quelle agricole, perché sono prive della possibilità legale di edificazione e, quindi, della capacità edificatoria.

È pacifico che l’unico limite a sottoporre a tassazione l’operazione di cessione sussiste con riferimento alle fattispecie in cui sia stato apposto un vincolo assoluto di inedificabilità, ad esempio nelle ipotesi in cui vincoli ambientali o paesistici o idrogeologici, che neutralizzino in concreto ogni utilizzazione edificatoria del terreno.

Tuttavia, anche in questo caso è necessario accertare se il limite assoluto su determinate superfici operi con compensazioni, ossia con lo scambio e maggiorazione degli indici di fabbricabilità riconosciuti a favore di terreni limitrofi, che tornino utili anche al cedente. In tal senso si è precisato che una spia dell’utilizzabilità edificatoria del terreno (ancorché indiretta ed in senso puramente economico) è data proprio dal corrispettivo della cessione, quando esso, nonostante l’apparente assoluta inedificabilità, venga ceduto ad un prezzo ben più elevato del normale valore agricolo corrente nella zona in cui l’operazione economica si è perfezionata.

Nel caso di specie, la CTR si è attenuta a tali principi quando ha affermato che il terreno oggetto della cessione, se pure era gravato da vincoli paesaggistici ed idrogeologici, era potenzialmente edificabile, come attestato dal certificato di destinazione urbanistica e ha aggiunto che di tali vincoli le parti avevano tenuto conto nella contrattazione del prezzo che era stato fissato ad un prezzo ritenuto non compatibile con il valore di un terreno agricolo. Da qui il rigetto del ricorso.

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