Visto di conformità ai tributaristi: la parola passa alla Corte Costituzionale

Diego Denora - Ordini e casse professionali

Potrebbe essere più vicina la possibilità per i tributaristi di apporre il visto di conformità. Il Consiglio di Stato ha evidenziato questioni di incostituzionalità, rinviando il giudizio alla Corte Costituzionale. Le associazioni nazionali di categoria lamentano lo svilimento della funzione di garanzia della fede pubblica propria delle professioni ordinistiche

Visto di conformità ai tributaristi: la parola passa alla Corte Costituzionale

Negli ultimi giorni si è riacceso il focus sulla possibilità di estendere il visto di conformità ai tributaristi.

Il Consiglio di Stato, infatti, ha definito incostituzionali le norme che limitano l’apposizione del visto a questa categoria di professionisti, rinviando il giudizio alla Corte Costituzionale.

I tributaristi possono tenere le scritture contabili, redigere le dichiarazioni e inviarle ma non le possono vistare. Lo stesso però si può dire dei professionisti iscritti a ordini per via del divieto di certificare le dichiarazioni fiscali non redatte personalmente.

In questo modo secondo il CdS, si viene a creare una riserva di attività che invece sono liberalizzate.

Le associazioni nazionali di categoria, come sottolineato in una nota congiunta, non condividono tale orientamento che svilisce il ruolo di tutela della fede pubblica delle professioni ordinistiche.

Visto di conformità ai tributaristi: c’è l’apertura, la parola passa alla Corte Costituzionale

L’ordinanza n. 995 del Consiglio di Stato del 31 gennaio 2024 apre alla possibilità per i tributaristi di apporre il visto di conformità, al pari degli altri professionisti individuati dalla normativa.

Il CdS, infatti, ha rimandato alla Corte Costituzionale il giudizio in merito alla possibile incostituzionalità della riserva professionale che creerebbe una disparità di trattamento rispetto ai professionisti iscritti all’Ordine.

Il visto di conformità è un’attività di controllo formale svolta dal professionista che consiste in un’attestazione riguardo la corrispondenza della dichiarazione dei redditi alle risultanze della relativa documentazione, alle scritture contabili e alle disposizioni che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto e i versamenti.

Secondo quanto previsto dall’articolo 35, comma 3, del Dlgs n. 241/1997 (articolo inserito dall’art. 1 del Dlgs n. 490/98), il visto può essere rilasciato su richiesta del contribuente dai soggetti indicati alle lettere a) e b), dell’articolo 3, comma 3, del DPR n. 322/98, e cioè:

  • gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
  • i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

Ebbene, il Consiglio di Stato con l’ordinanza del 31 gennaio si è espresso in merito al ricorso presentato dall’associazione tributaristi Lapet riguardo il mancato annullamento dei provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate che hanno negato ad una tributarista l’abilitazione al rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi e IVA dalla stessa inviate all’amministrazione finanziaria proprio perché non rientrante tra le categorie indicate dalla norma.

La querelle in oggetto riguarda l’interpretazione del principio di “fede pubblica sancito dalla Costituzione. Secondo i tributaristi la “fede pubblica” sarebbe garantita dagli obblighi derivanti dall’applicazione della Legge 4/2023. Secondo i dottori commercialisti e gli esperti contabili, invece, la “fede pubblica” rispetto al tema oggetto (rilascio del visto di conformità) sarebbe garantita esclusivamente dalla Costituzione (articolo 33, quello relativo agli obblighi di superamento di un esame di Stato ai fini dell’accesso alle professioni regolamentate in albi).

Nello specifico, il CdS ha definito incostituzionali le norme che limitano l’apposizione del visto di conformità ai tributaristi e ha deciso di sospendere il giudizio, ordinando l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Visto di conformità precluso ai tributaristi: si crea disparità di trattamento ingiustificata

Nell’ordinanza, il Consiglio di Stato sottolinea il fatto che i tributaristi possono tenere le scritture contabili, redigere dichiarazioni e inviarle, ma non possono apporre il visto.

La possibilità di vistarle, però, è preclusa anche ai professionisti iscritti agli ordini, in quanto è vietato certificare le dichiarazioni fiscali non redatte personalmente.

In questo modo si viene a creare una disparità di trattamento non giustificata rispetto ai professionisti iscritti all’ordine, che spinge i clienti interessati ad ottenere il visto di conformità a non rivolgersi ai tributaristi.

“oltre che sotto il profilo della ragionevolezza e non discriminazione ex art. 3 Cost., dall’attuale regime di riserva dell’attività di rilascio del visto di conformità alle categorie professionali attualmente individuate dalla legge, appare derivare l’effetto di limitare il libero esercizio dell’attività professionale e della iniziativa economica per le categorie non comprese nella medesima riserva, benché come nel caso dei tributaristi la professione sia per un verso riconosciuta e inquadrata nel sistema della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e per altro verso sia compresa tra quelle abilitate ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. e) del DPR n. 322/1998 all’invio telematico delle dichiarazioni.”

Si crea dunque una riserva di attività che invece sono liberalizzate.

“Ci auguriamo, plaudendo al lavoro svolto dalla Lapet, che la spinta del CDS fornisca ulteriori motivazioni per la sentenza di incostituzionalità da parte della Corte. Intanto, in attesa dei tempi burocratici, l’auspicio è che tale ordinanza possa finalmente stimolare in tempi brevi Governo o Parlamento all’estensione normativa anticipando l’attesa di incostituzionalità.”

Questo il commento di Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), come si legge nel comunicato stampa del 2 febbraio.

“Il Consiglio di Stato non ha accolto il ricorso dell’Associazione nazionale tributaristi – Lapet sul visto di conformità, ma si è limitata a sospendere il giudizio in corso ed ha ordinato la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Un punto questo sul quale è importante essere chiari e precisi per evitare che sulla questione si generi inutilmente confusione.

Allo stato attuale, quindi, i tributaristi non possono apporre alcun visto di conformità e, in ogni caso, il Consiglio nazionale dei commercialisti difenderà strenuamente il ruolo dei propri iscritti e quindi la funzione e le prerogative delle professioni ordinistiche, che non possono essere confuse e in alcun modo equiparate a quelle di associazioni a carattere professionale.”

Così si è espresso, invece, il Presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), Elbano de Nuccio, come riportato nel comunicato stampa del 2 febbraio.

Sul giudizio del Consiglio di Stato si sono espresse anche le associazioni nazionali di categoria (ADC – AIDC – ANC – ANDOC – FIDDOC – UNAGRACO – SIC – UNGDCEC – UNICO Comunicazione) che, nella nota congiunta pubblicata il 6 febbraio, ribadiscono lo svolgimento della fede pubblica.

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network