Anche l’IRPEF pesa sul declino della sanità pubblica

Il tema dei finanziamenti alla sanità pubblica è al centro dell'attenzione nelle ultime settimane. L'IRPEF è una delle fonti utilizzate per la copertura del fabbisogno nazionale, ma per via di agevolazioni ed esenzioni buona parte dei contribuenti versa un'imposta insufficiente al pagamento della spesa pro-capite per l'assistenza sanitaria

Anche l'IRPEF pesa sul declino della sanità pubblica

Sul finanziamento alla spesa pubblica destinata alla sanità pesa anche il versamento dell’IRPEF.

La struttura dell’imposta, così come le agevolazioni e le esenzioni che riducono l’importo dovuto, incidono di conseguenza sulla copertura del fabbisogno nazionale per l’assistenza sanitaria, costata 2.144 euro a persona guardando ai dati del 2021.

Analizzando la ripartizione del gettito IRPEF, emerge che i cittadini dei primi due scaglioni IRPEF pagano in totale circa 3 miliardi di euro, ma per la sola sanità ne ricevono circa 51.

Il trend è evidenziato negli ultimi rapporti elaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Anche l’IRPEF pesa sul declino della sanità pubblica

Il tema dei finanziamenti alla Sanità è da tempo al centro del dibattito politico ma, a prescindere dal colore dei Governi che si succedono, che il sistema sia in affanno, con insufficienti fondi a disposizione e sempre meno medici e infermieri è una questione assodata.

Con l’ultima Legge di Bilancio il Governo è intervenuto, con il fondo sanitario che nel 2024 arriva a 134 miliardi di euro, ma le cose da fare restano tante.

Lo ha evidenziato anche la relazione sulla gestione dei servizi sanitari regionali che la Corte dei Conti ha presentato al Parlamento la scorsa settimana. La spesa pubblica italiana per la sanità, 131 miliardi di euro, è inferiore rispetto a quella di altri paesi UE, come ad esempio Germania (423 miliardi) e Francia (271 miliardi), anche se comunque il sistema mostra risultati positivi.

Per quanto riguarda poi il personale sanitario, il tasso di medici di praticanti (4,1 per 1.000 abitanti) è superiore alla media OCSE di 3,7, ma il discorso cambia per infermieri e posti letto, in entrambi i casi insufficienti: 6,2 a fronte di 9,2 e 3,1 per 1.000 abitanti contro il 4,3 OCSE.

A carico dei cittadini e delle cittadine poi si aggiungono le spese per la sanità privata quando non riescono ad accedere a quella del servizio sanitario nazionale, si veda ad esempio il problema delle lunghe liste d’attesa.

Anche in questo caso le spese sono superiori alla media UE. Nel 2022 la spesa diretta a carico delle famiglie è stata il 21,4 del totale e pari a 624,7 euro a persona, in crescita rispetto al 2019 e con ampi divari tra Nord e Sud.

Corte dei Conti - Relazione al Parlamento
Relazione al parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali

Sul tema, poi, è stato lanciato l’appello da parte di 14 scienziati e ricercatori di spicco che hanno firmato una lettera indirizzata al Governo per chiedere interventi ritenuti necessari, quali stanziamenti maggiori, equità nell’accesso alle cure e riorganizzazione dei servizi territoriali.

La questione del budget per la sanità pubblica, come anticipato, è collegata anche agli effetti del pagamento dell’IRPEF. Le imposte sui redditi, come l’IRPEF, per definizione rappresentano una prestazione obbligatoria di denaro dovuta dai contribuenti in relazione alla propria capacità contributiva che viene utilizzata dallo Stato per finanziare spese pubbliche.

L’imposta sul reddito delle persone fisiche, però, è a carico di pochi: il 44 per cento dei contribuenti paga oltre il 92 per cento dell’IRPEF, con un gettito complessivo pari a 175,17 miliardi di euro nel 2021.

Il restante 56 per cento contribuisce al gettito fiscale per il 7,38 per cento, come determinato dal Settimo Rapporto di Itinerari Previdenziali, “La Regionalizzazione del Sistema Previdenziale italiano. Entrate contributive e fiscali, spesa pubblica per welfare e tassi di copertura dal 1980 al 2021” (pg. 74).

Come evidenziato dalle ultime indagini condotte Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, infatti, negli anni recenti si va confermando la questione della redistribuzione delle entrate fiscali.

Le imposte versate non bastano a ripagare i costi

Nel dettaglio, la scomposizione per fasce di reddito evidenziata nel documento mostra che da 0 fino a 7.500 euro lordi si collocano 8,8 milioni di persone, il 21,29 per cento del totale, che pagano in media 26 euro di IRPEF l’anno.

I contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 e i 15mila euro lordi l’anno sono invece 7,8 milioni a cui corrispondono 11,16 milioni di cittadini (il 18,84 per cento).

“al netto del TIR, il trattamento integrativo sui redditi, l’IRPEF media annua pagata è di 358 euro e si riduce a 251 euro nel calcolo per abitante.”

Nel complesso, dunque, i contribuenti delle prime due fasce di reddito (secondo la struttura operativa fino al 2023, prima della riforma in vigore da quest’anno), che rappresentano il 42,59 per cento del totale, pagano solo l’1,73 per cento dell’IRPEF complessiva.

Un valore che, come sottolineato nel documento, è ampiamente insufficiente a ripagarsi anche il solo costo della spesa sanitaria.

“Considerando infatti che l’assistenza sanitaria nel 2021 è costata 2.144 euro pro capite, i cittadini di questi primi due scaglioni di reddito pagano in totale 3,029 miliardi di IRPEF ma ne ricevono per la sola sanità 51,06 miliardi di euro.”

Per colmare la differenza, quindi, diventa necessario attingere alla fiscalità generale oppure ricorrere al debito pubblico, con conseguenze negative sul finanziamento del welfare in generale.

Secondo il Centro Studi e Ricerche, si tratta di un enorme trasferimento di ricchezza che si ripete non solo per la sanità ma per tutte le principali funzioni dello Stato, dalla sicurezza all’istruzione passando per la spesa assistenziale, a discapito di sviluppo e produttività del Paese.

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