IMU: è legittima la notifica di più accertamenti per lo stesso anno d’imposta

La notifica di più accertamenti per lo stesso anno d'imposta è possibile nel caso dell'IMU, vediamo insieme perché

IMU: è legittima la notifica di più accertamenti per lo stesso anno d'imposta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27261/2023, ha ritenuto legittima, in assenza di una norma che lo vieti, la possibilità per l’ente locale di notificare più accertamenti per lo stesso periodo d’imposta, indipendentemente dalla sussistenza o meno di fatti sopravvenuti.

Avvisi di accertamento IMU: il caso di specie

Una società per azioni propone ricorso in cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto aveva respinto l’appello della contribuente avverso la pronuncia di primo grado, di rigetto del ricorso proposto avverso degli avvisi di accertamento ICI/IMU, per gli anni 2010-2014.

In particolare, per quel che ci interessa in questa sede, la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1, comma 161, della legge 296/2006, per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente disatteso l’“eccezione di illegittimità degli avvisi di accertamento notificati a Dicembre 2015 in quanto integrativi degli accertamenti notificati alla medesima società a Luglio 2015 ed emessi sulla base di fatti ed elementi già noti all’ufficio”, sostenendo, la ricorrente, che l’art. 1 cit.:

“non contiene alcuna previsione da cui si possa desumere una deroga al principio generale della unicità e globalità degli avvisi di accertamento.”

Inoltre, la ricorrente denuncia che la sentenza impugnata ha ritenuto infondata l’eccezione di difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, senza che in essi fossero indicati:

“in maniera puntuale gli elementi e/o i documenti la cui sopravvenienza …(aveva)… giustificato l’emissione degli accertamenti di Dicembre 2015, integrativi della pretesa fiscale originariamente avanzata dallo stesso Comune a Luglio 2015.”

Accertamento IMU: l’orientamento della Corte di Cassazione

Per la Corte la prima doglianza è infondata.

L’art. 1, comma 161, della Legge n. 296/2006 (c.d. legge finanziaria 2007) prevede che:

“gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.”

Con tale disposizione, il legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 10 e 11 del DLgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento, dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione.

In particolare, la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti.

Tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”.

Osserva la Corte che:

“non sono applicabili alla fattispecie in esame le disposizioni previste dal DPR n. 633 del 1972, art. 57, comma 4 e dal DPR n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, che consentono di superare il principio dell’unicità e globalità dell’accertamento soltanto quando, a garanzia del contribuente, emerga che l’Amministrazione ha successivamente avuto conoscenza di altri elementi di fatto, nuovi rispetto a quelli posti a fondamento del primo avviso, in quanto trattasi di norme poste unicamente in tema di IVA e di imposte dei redditi.”

Ne consegue che:

“le disposizioni di cui all’art. 1, comma 161, della legge n. 296/2006 fanno salva ogni ulteriore azione di accertamento dell’ente locale nei termini di decadenza previsti, senza alcun riferimento a pretese dell’ente impositore che si basino su fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale, con conseguente infondatezza delle censure della ricorrente circa le affermazioni della sentenza impugnata”

Secondo cui “l’art. 1, comma 161, della legge 296/2006 non preclude l’utilizzo del c.d. “avviso integrativo” per rettificare quelli successivi”.

Parimenti infondato è il secondo motivo. Il giudice di appello ha infatti respinto l’eccezione di difetto di motivazione degli atti impugnati evidenziando quanto segue:

“… gli avvisi notificati in dicembre riguardano, in tutto o in parte, nuove particelle e, pertanto, la motivazione della loro emissione era chiara: chiedere imposte per terreni non presi in considerazione precedentemente … I motivi per i quali erano stati ignorati a luglio sono del tutto inconferenti, in quanto gli avvisi in esame riportano chiaramente la pretesa impositiva e consentono al contribuente di difendersi in maniera idonea.”

La sentenza impugnata è:

“pienamente conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di ICI (ma applicabile anche all’IMU) secondo cui l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 1694 del 24.1.2018; Cass. n. 26431 dell’8.11.2017); nel caso che occupa il Comune, con l’avviso di accertamento impugnato, ha con evidenza indicato i dati identificativi dell’immobile, il soggetto tenuto al pagamento e l’ammontare dell’imposta, e l’obbligo motivazionale è stato quindi ampiamente soddisfatto”

Brevi note

Ai fini reddituali ed IVA (DPR n.600/73 e DPR n.633/72), entro gli stessi termini previsti per l’esercizio ordinario dell’attività di controllo l’Ufficio può notificare ulteriori avvisi, integrativi o modificativi dei precedenti, ove sussistano i presupposti fissati dalla legge. Il presupposto per l’esercizio del potere di integrazione e modificazione è dato dalla “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”.

La reiterazione è possibile nell’ipotesi in cui si sia verificato un ampliamento della conoscenza sulla situazione di fatto, attraverso elementi che, se conosciuti prima, avrebbero portato ad una diversa e maggiore valutazione dell’imponibile.

La norma esige tanto la presenza di elementi non apprezzati nel precedente avviso quanto l’acquisizione della loro conoscenza in un momento successivo. Naturalmente se l’Ufficio ha notificato un accertamento ordinario, in quanto in presenza di accertamenti parziali ex art.41-bis, del DPR n.600/73, ciò non è necessario.

Il nuovo avviso deve indicare, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio.

Il legislatore non ha, invece, regolato la cd. sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come previsto ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, né ai fini dei tributi locali né ai fini dell’imposta di registro, che più si avvicina per caratteristiche ai tributi locali.

Un precedente in materia di imposta di registro

In mancanza di una norma specifica che lo preveda, non può:

“ritenersi precluso all’amministrazione finanziaria di emettere, in relazione al medesimo atto oggetto di accertamento, due successivi avvisi, fondati su presupposti diversi, purché entro il termine di decadenza stabilito dalla legge.”

È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.3755/2019.

Nel caso in questione, una società immobiliare impugnava l’avviso notificatole dall’Agenzia delle Entrate con il quale era stato rettificato il valore dichiarato dei terreni edificabili siti nel comune di Orbetello da essa acquistati con atto del 12 luglio 2007 ed erano state liquidate le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale.

La contribuente sosteneva in via pregiudiziale che l’emissione dell’avviso era preclusa dall’avvenuta notificazione di un precedente avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia aveva revocato le agevolazioni di cui essa aveva usufruito per l’acquisto, dapprima ai sensi della L. n. 168 del 1982 (art. 5) e, successivamente, ai sensi dell’art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000; nel merito contestava la pretesa, in quanto fondata su una perizia UTE inattendibile.

L’allora Commissione tributaria provinciale di Grosseto, in accoglimento di questo secondo motivo di impugnazione, annullava l’atto impositivo. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione è stato respinto dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, che ha accolto l’eccezione pregiudiziale riproposta dalla società:

“affermando che costituisce principio fondamentale quello secondo cui l’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria ha natura unitaria e comporta l’obbligo di esaminare l’atto in tutte le sue sfaccettature; con la conseguenza che, anche nel caso in cui riscontri più violazioni, l’Ufficio non può emettere più avvisi in tempi diversi, atteso che l’avviso emesso per una violazione costituisce manifestazione della ritenuta conformità a legge, per il resto, dell’atto sottoposto ad accertamento.”

Da qui il ricorso delle Entrate in Cassazione: premesso che i due avvisi notificati si fondano su presupposti diversi:

“contesta l’assunto della CTR secondo cui, una volta emanato il primo avviso per il recupero delle agevolazioni di cui la società aveva illegittimamente usufruito, essa avrebbe consumato il proprio potere di accertamento del maggior valore dei terreni acquistati dalla contribuente.”

Per gli Ermellini il motivo è fondato.

“In mancanza di una norma specifica che lo preveda, non può infatti ritenersi precluso all’amministrazione finanziaria di emettere, in relazione al medesimo atto oggetto di accertamento, due successivi avvisi, fondati su presupposti diversi, purché entro il termine di decadenza stabilito dalla legge. Né tale preclusione può ritenersi ricavabile da un supposto, e non codificato, principio della natura “unitaria” dell’azione accertativa, che, comunque, non varrebbe ad escludere la possibilità dell’Ufficio di recuperare con due atti distinti le imposte dovute in base alle diverse violazioni accertate.”

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