Crisi demografica e occupazione: in 10 anni a rischio pensioni e assistenza

Francesco Rodorigo - Pensioni

Nei prossimi 10 anni oltre 6 milioni di persone usciranno dal lavoro ma non ci sarà un ricambio adeguato: una situazione che rischia di mettere in crisi le pensioni e il sistema sanitario. I dati INAPP

Crisi demografica e occupazione: in 10 anni a rischio pensioni e assistenza

Nei prossimi 10 anni oltre 6 milioni di persone usciranno dal mondo del lavoro, una situazione grave non solo dal punto di vista occupazionale ma che rischia di mettere in crisi il welfare italiano.

I giovani disponibili, infatti, non basteranno a sostituire tutti i lavoratori e le lavoratrici che andranno in pensione.

Entro il 2060 la platea degli occupati cambierà radicalmente: la popolazione in età da lavoro, tra i 20 e i 64 anni, si ridurrà del 34 per cento. Il che comporterà inevitabili conseguenze sulla crescita economica, sul welfare e sulla sostenibilità della spesa pubblica.

A dipingere il quadro della situazione è stato il Presidente dell’INAPP, Natale Forlani, in audizione ieri, 23 settembre, presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica.

Crisi demografica e occupazione: in 10 anni a rischio pensioni e assistenza

L’Italia sta attraversando una transizione demografica senza precedenti. A lanciare l’allarme è stato Natale Forlani, presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), che in parlamento ha spiegato come un esodo generazionale che rischia di lasciare il Paese senza ricambio e di mettere in crisi la tenuta del welfare.

Nei prossimi 10 anni, si legge infatti nel rapporto dell’Istituto, usciranno dal lavoro circa 6,1 milioni di italiani, ma i giovani disponibili non basteranno a sostituirli.

Entro il 2060 la popolazione tra i 20 e i 64 anni (quella in età da lavoro) calerà del 34 per cento, il che avrà conseguenze non solo dal punto di vista occupazionale, della produttività e della crescita economica ma anche per quel che riguarda il welfare e la previdenza.

Gli effetti di questa dinamica sono già visibili, in primis l’indice di dipendenza demografica (il rapporto tra popolazione in età non attiva e in età da lavoro) che è in crescita, il che significa che sempre più persone (giovani e anziani) dipendono dalla fascia di popolazione in età lavorativa.

Ma lo si vede anche dalle aziende che non riescono a trovare personale con adeguate competenze e dal numero di over 65 non autosufficienti che richiedono assistenza continuativa, salito a quota 4 milioni.

Secondo i dati ISTAT, l’inverno demografico porterà la popolazione dai circa 59 milioni del 2023 a 58,6 milioni nel 2030 e a 54,8 milioni nel 2050.

Continuando lungo questa direzione, la spesa pensionistica è destinata a salire fino al 17 per cento del PIL entro il 2040.

Per questo motivo, spiega Forlani, bisogna “agire subito per rigenerare la popolazione attiva e rendere sostenibile la spesa sociale”.

I possibili interventi proposti dall’INAPP

È urgente intervenire con politiche mirate a contrastare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, ha spiegato Natale Forlani in Commissione.

“Il nostro Paese non ha ancora sviluppato un sistema coerente di politiche e strategie che consenta di riconoscere un approccio efficace di age management.”

Secondo il presidente INAPP, bisogna intervenire su due fronti. Da una lato è necessario salvaguardare il sistema pensionistico, restringendo i modelli per l’uscita anticipata e innalzando progressivamente l’età di pensionamento. A questo, poi, bisogna aggiungere politiche attive che possano attivare quella quota di popolazione, circa 1,4 milioni di adulti, soprattutto giovani che oggi non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione, i cosiddetti NEET.

Dall’altro lato, spiega l’INAPP, bisogna introdurre misure efficaci per integrare nel mercato del lavoro la quota più grande di risorse non impiegate: le donne.

Per quanto riguarda la sostenibilità della spesa sociale, l’Istituto insiste su diversi punti:

  • differenziare le politiche della terza età, distinguendo tra anziani attivi e oltre 4 milioni di over 65 non autosufficienti;
  • potenziare i servizi di prossimità;
  • riformare l’assistenza alla non autosufficienza.

Quello su cui non sembra esserci dubbio è che gli interventi per bloccare questo processo, qualunque essi siano, devono essere messi in campo al più presto.

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network