Importi esenti IRPEF e INPS a 8 per i buoni elettronici (diventeranno 10 nel 2026) e di 4 euro per i buoni cartacei (ormai in disuso)
L’utilizzo dei buoni pasto determina importanti vantaggi fiscali per aziende e dipendenti.
Lato lavoratrici e lavoratori dipendenti il buono, al di sotto di certe soglie, rappresenta un benefit che non costituisce reddito di lavoro, sul quale pertanto non sono dovuti contributi previdenziali e assistenziali.
Lato azienda, invece, il datore di lavoro può dedurre i relativi costi.
I limiti fiscali delle soglie di esenzione sono pari:
- a 4 euro al giorno per i buoni pasto cartacei;
- e a 8 euro per quelli elettronici.
Al di sotto di tali soglie, come anticipato, i buoni non non concorrono alla formazione di reddito da lavoro dipendente per i beneficiari e non sono considerati ai fini della determinazione della retribuzione imponibile. Pertanto, non sono previsti maggiori oneri previdenziali a carico dell’azienda.
Con la prossima Legge di Bilancio 2026 i limiti in oggetto saranno incrementati per la soglia di esenzione dei buoni pasto elettronici da 8 a 10 euro. La norma non è ufficiale ma dovrebbe essere approvata entro il prossimo 31 dicembre.
La novità potrebbe portare ai dipendenti un aumento netto nel valore complessivo dei ticket tra i 200 e i 400 euro. va evidenziato che la novità non aumenterebbe in automatico il valore del ticket elettronico a 10 euro, ma renderebbe solo più conveniente farlo, sia per i datori di lavoro che non ci pagano le tasse sia per i dipendenti che ottengono un ticket dal valore maggiore.
I limiti fiscali dei buoni pasto
I buoni pasto rappresentano un documento di legittimazione con il quale lavoratrici e lavoratori dipendenti potranno fruire di un servizio sostitutivo di mensa da parte dell’azienda.
Questi potranno quindi godere di un elemento aggiuntivo alla busta paga ordinaria che garantisce un aumento del potere d’acquisto.
I buoni non sono tassati, né sono soggetti ad oneri previdenziali, consentendo di spendere l’intero importo ricevuto.
Anche i datori di lavoro che decidono di erogare questo tipo di benefit ai propri dipendenti e collaboratori possono beneficiare di una serie di vantaggi fiscali.
In primo luogo, come detto, i buoni pasto non concorrono alla formazione di reddito da lavoro dipendente per i beneficiari, e pertanto non saranno considerati ai fini della determinazione della retribuzione imponibile.
Non sono previsti quindi maggiori oneri previdenziali.
I buoni hanno un valore facciale prestabilito che è fissato (in quando la legge di Bilancio 2026 non sarà confermata ufficialmente) a:
- 8 euro per quelli elettronici/digitali;
- 4 euro per quelli cartacei.
Al di sotto di tali soglie giornaliere, individuate all’articolo 51, comma 2, lett c) del TUIR, i buoni pasto non concorrono a formare il reddito e pertanto non sono dovuti ulteriori contributi previdenziali e assistenziali.
Inoltre, quando i buoni sono erogati nei confronti della generalità dei dipendenti, è possibile dedurre integralmente i costi sostenuti per l’acquisto.
I limiti fiscali dei buoni pasto: detrazione IVA
I soggetti titolari di partita IVA, persona fisica (lavoratore autonomo, libero professionista, imprenditore individuale), o persona giuridica (società), come abbiamo visto può dedurre integralmente il costo dei buoni pasto a condizione che vengano erogati alla generalità o a categorie di dipendenti.
Per quanto riguarda l’IVA, invece, si applica l’aliquota al 4 per cento, ed è interamente detraibile nel caso dei buoni pasto elettronici, mentre non lo è per quelli cartacei.
Nel caso, invece, di titolari di partita IVA individuale che acquistano buoni pasto per sé stessi i costi per l’acquisto dei buoni pasto si possono dedurre dalle imposte dirette fino al 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta (art. 54, comma 5, e art. 109, comma 5, del TUIR).
Aumento buoni pasto: vantaggi anche per le casse dello Stato
Sul possibile aumento della soglia di esenzione fiscale dei buoni pasto è stata presentata nelle scorse settimane la ricerca di TEHA – The European House Ambrosetti per Edenred che mostra gli effetti positivi di un simile intervento.
La ricerca evidenzia che l’aumento della soglia di esenzione fiscale non solo contribuirebbe a sostenere il potere d’acquisto dei dipendenti e a rilanciare l’economia ma porterebbe dei vantaggi anche per le casse dello Stato.
Una maggiore spesa stimata tra i 75 e i 90 milioni di euro per l’innalzamento del limite verrebbe più che compensata dall’aumento dei consumi, che in termini di maggiore gettito IVA, farebbe entrare nelle casse dell’Erario tra i 170 e i 200 milioni di euro, per un beneficio netto finale tra i 95 e i 110 milioni.
Lo studio, come riportato dal Sole24Ore, elabora anche gli impatti di un eventuale aumento, graduale e programmato, della soglia di esenzione dei buoni pasto da 8 a 11 euro nel triennio 2026/2028. In questo caso, viene stimato un aumento dell’impatto del settore sul PIL, che passerebbe dallo 0,75% del 2023 allo 0,94% nel 2028, e un incremento dei posti di lavoro, che crescerebbero da 220.000 a 275.000.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I limiti fiscali dei buoni pasto