L’accertamento per ristretta base azionaria non investe il socio uscente

Gianfranco Antico - Diritto societario

La Cassazione conferma l'orientamento per cui, in caso di cambiamenti in una società di capitali a base ristretta, gli utili extra bilancio vanno imputati solamente al socio in proporzione alla sua quota di partecipazione e non a quello uscente o subentrante. Una previsione contenuta anche bella bozza del DDL della riforma fiscale

L'accertamento per ristretta base azionaria non investe il socio uscente

La Corte di Cassazione - ordinanza n. 7190/2023 - è tornata ad occuparsi di società a ristretta base azionaria, in una particolare ipotesi in cui uno dei soci – prima dell’approvazione del bilancio – esce dalla società.

L’accertamento per ristretta base azionaria non investe il socio uscente

Il giudice di appello ha rigettato il gravame dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta accolto il ricorso di una contribuente, per l’annullamento di un avviso di accertamento, per il recupero IRPEF relativa anno d’imposta 2013.

La ripresa era fondata su un avviso di accertamento emesso nei confronti di una Spa, di cui la contribuente era stata socia, per il 50 per cento del capitale azionario, fino all’11 aprile 2013, divenuto definitivo per mancata impugnazione.

Nel confermare la decisione di primo grado, i giudici del riesame hanno osservato, in particolare che:

“in tema di distribuzione di utili extracontabili, ove nel corso dell’esercizio sia mutata la compagine sociale, la presunzione di percezione degli stessi non può che operare nei confronti dei soci che, alla fine dell’esercizio, hanno approvato il bilancio, non anche di chi, invece, non sia più socio.”

L’impugnazione e i motivi della decisione

Avverso detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 c.c., per aver l’allora C.T.R. ritenuto che la perdita dello status di socio da parte della contribuente fosse questione dirimente ai fini dell’invalidità dell’accertamento.

Rileva che, al contrario, trattandosi di società di capitali a ristretta base azionaria, la presunzione di attribuzione pro quota degli utili extracontabili vale anche nei confronti del socio uscente, salva la prova contraria eventualmente fornita, che però la contribuente non aveva offerto.

La Corte richiama un recente pronunciamento, dove è stato ribadito che:

“In tema di redditi prodotti da società di capitali a ristretta base partecipativa, qualora nel corso di un esercizio sia mutata la compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, gli utili extra bilancio vanno imputati esclusivamente a colui che rivesta la qualità di socio al momento della chiusura dell’esercizio sociale, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante in relazione alla durata della rispettiva partecipazione alla società nel corso dell’esercizio, poiché la maturazione del reddito non è continua ed uniforme nel tempo ed è impossibile una sua quantificazione frazionata (Cass. n. 21295/2022).”

E per gli Ermellini:

“il ricorso non offre spunti per discostarsi da tale condivisibile principio, sostanzialmente ribadito, anche per le società di capitali, da Cass. n. 21487/2022.”

Accertamento per ristretta base azionaria, alcune note

La legittimità della presunta distribuzione in capo ai soci degli utili non contabilizzati da parte delle società a ristretta base azionaria, che non abbia optato per il regime di trasparenza di cui all’art. 116 del T.U. n. 917/86, è ormai consolidata, pur sé per le società di capitali, di norma, vige, ai fini tributari, la netta separazione tra la società e i singoli soci.

Detta presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati non viola, in ogni caso, il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci.

La pronuncia richiamata – Cass. n. 21487/2022 – afferma che attesa la mancanza - trattandosi di utili occulti – di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio (soltanto dopo la quale può essere effettuata la distribuzione degli utili dichiarati), la distribuzione ai soci degli utili extracontabili si presume avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli utili sono stati conseguiti (ex multis, cfr. Cass. 18/12/2015, n. 25468; Cass. 26/03/2007, n. 7260; Cass. 15/05/2003, n. 7564).

Sempre la Cassazionen. 21295/2022 – ha affermato che, in tema di redditi prodotti in forma associata, qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della società devono essere imputati, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, del T.U. n. 917/86, esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto (e, quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell’esercizio.

E detto principio risulta applicabile anche in presenza di utili extrabilancio, posto anche con riferimento agli utili occulti la maturazione del reddito non avviene secondo un criterio costante ed uniforme nel tempo.

Ricordiamo che, con l’ordinanza n. 5073 del 24 febbraio 2021 la Corte di Cassazione ha affermato che l’accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria, costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.

“In forza di un principio ribadito in più occasione dai giudici della Suprema Corte l’accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (cfr. tra le tante Cass. 26248/2010, Cass. 8473/2014 e da ultimo 27049/2019).

In particolare, si è precisato che la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati non viola il divieto di presunzione di secondo grado poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale (Cass. 22 aprile 2009, n. 9519).”

E a tale insegnamento si è uniformato anche il giudice rescindente affermando che:

“nel caso di società di capitali a ristretta base sociale (quale è da ritenersi quella in questione, la cui compagine è formata da cinque soci, di cui due tra loro parenti), è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati invece accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.”

La Corte, annullando la sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate, ha precisato che:

“la CTR non si è attenuta a detti principi, avendo invero valorizzato una circostanza (l’eventuale estraneità del contribuente all’alterazione dei bilanci ed ai fatti illeciti dallo stesso denunziati) relativa al modo con cui si erano formati gli utili extrabilancio ma assolutamente estranea alla su esposta presunzione di distribuzione (utili extrabilancio accertati nei confronti della società in altro giudizio con sentenza che si assume passata in giudicato: circostanza quest’ultima affermata dall’Agenzia e non contestata dal contribuente).”

Il disegno di legge Delega fiscale

Va evidenziato che tali rilievi trovano ulteriore sostegno nella bozza del disegno di legge delega per la riforma fiscale che contempla criteri direttivi inerenti alla presunzione di distribuzione degli utili extracontabili.

Infatti, viene prevista espressamente la limitazione della possibilità di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato nei riguardi delle società di capitali a base ristretta ai soli casi in cui è accertata, sulla base di elementi certi e precisi, l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti, ferma restando la medesima natura di reddito finanziario conseguito dai predetti soci.

Quindi, nessuna soppressionein vista” piuttosto un riconoscimento ufficiale del metodo accertativo in esame, attraverso l’apposita previsione di una precisa base normativa, che lo renderà ancora più aderente al nostro ordinamento tributario.

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