Sanzione all’amministratore solo se ha agito nel proprio esclusivo interesse

Sanzione all'amministratore solo se ha agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l'ente con personalità giuridica come schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 25135 del 10 novembre 2020.

Sanzione all'amministratore solo se ha agito nel proprio esclusivo interesse

Le sanzioni amministrative tributarie spettano al legale rappresentante della società solo se risulti che questi abbia agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità̀ giuridica quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio.

In caso contrario le sanzioni spettano esclusivamente alla persona giuridica sul presupposto che la persona fisica abbia agito nell’interesse e a beneficio della stessa.

Così ha deciso la Corte di cassazione con l’Ordinanza n. 25135 depositata il 10 novembre 2020.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 25135 del 10 novembre 2020
Sanzione all’amministratore solo se ha agito nel proprio esclusivo interesse. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 25125 del 10 novembre 2020.

Il fatto – La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un contribuente avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha irrogato le sanzioni amministrative per l’omessa dichiarazione dei redditi per l’anno 2006, relativamente ad una società̀ a responsabilità̀ limitata, di cui il ricorrente era stato amministratore unico fino all’aprile del 2007.

Il ricorso è stato respinto sia dalla CTP che dalla CTR. Avverso la decisione d’appello il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione o falsa applicazione degli artt. 2 e 11 del D.lgs. n. 472/1997 avendo i giudici di merito erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse responsabile dell’omessa presentazione delle dichiarazione dei redditi della società̀ a responsabilità̀ limitata perché il legale rappresentante per legge non risponde più, in solido con la società̀, delle violazioni amministrative commesse.

La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo e cassato con rinvio la sentenza impugnata.

In materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio della responsabilità̀ personale dell’autore della violazione stabilito dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, secondo cui

la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione

Il successivo articolo 11 prevede poi la responsabilità solidale della società nel cui interesse ha agito la persona fisica esecutrice della violazione.

In deroga a tale principio l’art. 7, comma 1, del DL n. 269/2003 ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie sul presupposto che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della stessa.

A parere dei giudici di legittimità, infatti, solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico dotato di personalità̀ giuridica quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore.

Al contrario:

qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società̀ con personalità̀ giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità̀ giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società con personalità̀ giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito

Nel caso di specie i giudici legittimità hanno censurato la decisione della Corte di merito perché ha ritenuto sussistente la responsabilità solidale dell’amministratore solo in considerazione della carica rivestita, senza avere prima proceduto all’accertamento se avesse utilizzato l’ente quale

mero schermo per sottrarsi alle sue responsabilità̀

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