Revisione delle tax expenditures e riforma fiscale

Revisione delle tax expenditures: dalla definizione di spese fiscali ai possibili interventi della riforma che sta prendendo vita per recuperare ulteriori risorse, un approfondimento sul tema.

Revisione delle tax expenditures e riforma fiscale

La delega fiscale presuppone il riordino delle cosiddette tax expenditures, come strumento per reperire le stesse risorse necessarie a consentire la riforma.

Nell’ordinamento nazionale le spese fiscali sono definite come qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta, ovvero regime di favore derivante dalle norme in vigore.

Le tax expenditures sono definite dall’OCSE come il trasferimento di risorse pubbliche realizzato attraverso la riduzione degli obblighi fiscali.

Si tratta, più in generale, di riduzioni del debito d’imposta, che sul bilancio pubblico producono un effetto analogo ad un aumento di spesa.

Revisione delle tax expenditures nella riforma fiscale: che cosa sono?

Non è però sempre agevole distinguere se una determinata esclusione o esenzione rappresenti un elemento costitutivo del tributo (e quindi possa essere considerata una minore entrata), ovvero si presenti come eccezione alla imposizione-base di riferimento e, quindi, sia riconducibile alla fattispecie delle spese fiscali.

Nell’ultima Nadef (Nota di aggiornamento al Def) sono state comunque indicate 602 voci imputabili a spese fiscali, suddivise tra deduzioni, detrazioni, esenzioni, riduzioni di aliquota, regimi forfettari etc (dai 532 del 2020, con un +13 per cento).

La riduzione del tributo può infatti ottenersi mediante diversi istituti:

  • deduzioni dall’imposta: somme che vengono sottratte dalla base imponibile, su cui si calcola l’imposta lorda del soggetto;
  • detrazioni dall’imposta: importi da sottrarre all’imposta lorda per calcolare l’imposta netta;
  • riduzioni di aliquota: comportano l’applicazione di una aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria;
  • riduzioni della base imponibile: comportano l’applicazione dell’aliquota d’imposta su una porzione della base imponibile;
  • abbattimenti della base imponibile o franchigie: quando la norma stabilisce che il tributo si applichi solo dopo un certo ammontare di base imponibile;
  • regimi agevolati o forfettari: quando la legge prevede un sistema forfetario di determinazione dell’imponibile e/o un’aliquota agevolata, ovvero un’imposta sostitutiva.

In funzione della annunciata riforma fiscale, pertanto, intervenire su tali voci è indispensabile, anche considerato che, solo con riferimento alle agevolazioni Irpef, queste valgono quasi 40 miliardi di euro, a fronte di un importo complessivo di spese fiscali per 68 miliardi (+8,8 per cento rispetto al 2020).

Revisione delle tax expenditures nella riforma fiscale: lo stato dell’arte

Il disegno di legge delega indica comunque tre criteri sui quali il riordino dovrebbe basarsi e cioè: la finalità dell’agevolazione, gli effetti in termini di equità, gli effetti in termini di efficienza dell’imposta.

Tutti criteri che implicano un giudizio e una valutazione, soprattutto politica, su quali sono le agevolazioni più “meritevoli”.

Le tax expenditures sono dunque elencate nel Rapporto annuale sulle spese fiscali, che è allegato allo stato di previsione dell’entrata del Bilancio di previsione dello Stato, laddove però le tax expenditures per le quali sono possibili analisi e approfondimenti mirati, grazie alla disponibilità di tutte le informazioni interessate dalla rilevazione (effetti finanziari, frequenza dei beneficiari ed effetti finanziari pro capite), sono comunque solo una parte.

È chiaro, in ogni caso, che, proprio nel rispetto di quei criteri sopra indicati, uno dei parametri fondamentali a cui guardare sarà innanzitutto la distribuzione delle spese fiscali, in riferimento alla classe di beneficiari di cui fanno parte un numero ridotto di persone, laddove, quanto alle misure più diffuse (e senz’altro più apprezzate), due sole misure fanno registrare frequenze superiori ai 10 milioni di beneficiari:

  • la deduzione della rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;
  • la detrazione per spese sanitarie, spese mediche e di assistenza specifica e spese per prestazioni specialistiche.

Stando all’ultimo rapporto sulle tax expenditures, su un totale di 602 sconti, ce ne sono del resto 29 i cui effetti sono definiti di “trascurabile entità”.

Poi ce ne sono 204 che hanno un costo complessivo inferiore ai 10 milioni di euro (66 riguardano l’Irpef, 29 i crediti di imposta, 19 l’Iva, 15 l’imposta sostitutiva, 14 l’Ires, 13 le accise e 5 le imposte su donazioni e successioni).

Certo, intervenire su tali spese è sempre stato “politicamente” complicato.

Basti pensare che rientrano tra le spese detraibili le spese sanitarie, le spese per disabili, per l’istruzione secondaria e universitaria, per le attività sportive praticate da ragazzi, per i canoni di locazione studenti universitari fuori sede, per gli asili nido, per le spese funebri, per le erogazioni liberali a partiti politici, onlus, società sportive ed associazioni sportive dilettantistiche, fino ai bonus mobili ed elettrodomestici ed ecobonus.

Revisione delle tax expenditures nella riforma fiscale: lo stato dell’arte

Insomma, non sarà un percorso facile. Ma, come detto, qualche criterio base è stato indicato.

E allora, ad esempio, si potrebbe guardare alle misure fiscali alle quali è associato il minor numero di soggetti beneficiari (poche centinaia) con i più elevati effetti pro capite.

Bisogna poi considerare che, a differenza dei trasferimenti fiscali operati con il sistema delle imposte dirette, i sussidi non possono tener conto della situazione reddituale delle categorie sussidiate.

Se l’obiettivo è aiutare un’azienda a investire e crescere, o tutelare il potere d’acquisto delle persone fisiche, è allora più trasparente e meno distorsivo un sistema di imposte sui redditi vantaggioso, anziché facilitazioni su determinati beni o categorie.

Un esempio è l’accisa agevolata su una fascia di consumo di energia elettrica nelle abitazioni di residenti che avvantaggia il single ricco quanto una famiglia numerosa e indigente.

In conclusione, abbiamo oggi una pletora di sussidi pubblici, molti dei quali in forma di spesa fiscale, che rispecchiano un forte interventismo dello Stato nell’economia, e probabilmente rispecchia un’ipertrofia stratificata dell’attività legislativa, spesso senza una coerenza sistematica.

Infine, si rileva come sussistono anche agevolazioni Iva che potrebbero essere inserite in una sistematica omogeneizzazione.

Una revisione dell’Iva con soppressione dei regimi di vantaggio ridurrebbe effetti distorsivi scarsamente motivabili e permetterebbe un forte recupero di gettito utilizzabile per la riduzione di altre imposte.

La Corte dei Conti, già tempo fa, tenendo conto del moltiplicatore (negativo) sul PIL e dell’aumento dell’evasione, ha per esempio proposto di portare l’8 per cento della base imponibile soggetta all’aliquota del 10 per cento al 22 per cento, con un effetto netto di aumento di gettito di 5 miliardi.

In definitiva, un percorso tutto da costruire, tecnicamente e politicamente, ma, come detto, indispensabile per reperire le risorse per una riforma fiscale organica e strutturale.

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