Lavoratrici madri, circa 38.000 donne hanno lasciato il lavoro nel 2021: il peso del carico di cura

Rosy D’Elia - Leggi e prassi

Lavoratrici madri: nel 2021 circa 38.000 donne hanno lasciato il lavoro, in aumento rispetto all'anno precedente. Nel totale delle motivazioni fornite le difficoltà legate al carico di cura rappresentano il 65,5 per cento. È questo il dato che emerge dal Report INL sulla convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali pubblicato il 17 novembre 2022.

Lavoratrici madri, circa 38.000 donne hanno lasciato il lavoro nel 2021: il peso del carico di cura

Perché le lavoratrici madri lasciano il lavoro? Resta centrale il peso del carico di cura: le donne che hanno interrotto la loro esperienza nel 2021 sono circa 38.000. Gli uomini che hanno lasciato il loro impiego nei primi tre anni di vita del figlio o della figlia sono stati 15.000, un dato record nonostante sia nettamente inferiore. Perlopiù, in questo caso, alla base della scelta c’è il trasferimento in un’altra azienda.

Il divario di genere, anche in questo ambito, resta ampio. E i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che emergono dalla “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri” confermano ostacoli all’occupazione femminile radicati nel tempo.

La maternità rende la presenza delle donne nel mercato del lavoro ancora più difficile: le barriere sono legate alla gestione dei carichi di cura e all’assenza di politiche aziendali adeguate, ed è da questi due aspetti che si dovrebbe partire per intervenire.

Lavoratrici madri, circa 38.000 donne hanno lasciato il lavoro: i dati INL

Con la Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri pubblicata il 17 novembre 2022, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro scatta una fotografia delle donne e degli uomini che hanno lasciato il lavoro nel corso del 2021 dopo essere diventati genitori.

In linea con quanto previsto dal Testo Unico a tutela della maternità e paternità, perché la conclusione del rapporto di lavoro sia efficace, è necessario che l’INL convalidi le dimissioni o la risoluzione consensuale presentate nei primi tre anni di vita del bambino o della bambina o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.

Nel corso del 2021, in aumento rispetto al 2020, le convalide sono arrivate a 52.436. Nel 71 per cento dei casi hanno riguardato le donne con punte del 90 per cento nel Meridione: le lavoratrici madri che hanno lasciato il lavoro sono 37.662, mentre gli uomini 14.774.

Il divario di genere, prevedibile e ampio, rispetto agli anni precedenti è diminuito. Ma i numeri, da soli, danno un quadro parziale delle dinamiche in atto nel mondo del lavoro.

Le lavoratrici madri e il peso del carico di cura: circa 38.000 donne hanno lasciato il lavoro

Sono le motivazioni indicate da uomini e donne che hanno lasciato il lavoro a confermare gli ostacoli di sempre all’occupazione femminile e il divario di genere, prima di tutto culturale.

Le lavoratrici madri rinunciano al loro impiego per problemi legati al carico di cura del bambino o della bambina, che rappresentano il 65,5 per cento del totale delle motivazioni fornite dalle donne.

La ragione principale che porta gli uomini neo papà a dare le dimissioni o ad arrivare ad una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è il passaggio ad un’altra azienda.

Quanto incide il carico di cura nelle motivazioni fornite dai lavoratori? Solo il 7,4 per cento.

Per le donne ad ostacolare la permanenza nel mondo del lavoro sono prima di tutte l’assenza di politiche aziendali per la conciliazione vita lavoro, i costi elevati di assistenza al neonato o alla neonata, l’assenza di parenti di supporto o il mancato accoglimento al nido.

Un altro aspetto da considerare è che la maggior parte delle lavoratrici madri che hanno lasciato la loro occupazione nel 2021 ha alle spalle una carriera molto giovane, meno di 10 anni di operatività. È difficile prevedere cosa accade dopo le dimissioni, ma un passato lavorativo più breve lascia presagire una minore opportunità di rientrare nel mondo del lavoro.

È anche da questi dati che si dovrebbe partire per disegnare strumenti a favore dell’occupazione femminile: i bonus assunzione, uno degli incentivi più utilizzati, sono troppo deboli o addirittura inefficaci se non ci sono strumenti di supporto al lavoro di cura e se il lavoro di cura continua ad essere compito delle donne.

Nell’ultimo anno sono arrivate diverse novità per migliorare la conciliazione vita lavoro e la distribuzione del carico di cura tra uomini e donna: sotto la spinta europea è stato rivisto in più punti il Testo Unico a tutela di maternità e paternità, uno spazio è stato dedicato anche al congedo di paternità di 10 giorni, diventato strutturale proprio dal 2022 e potenziato con queste ultime revisioni.

Ma resto un fatto: la distanza che separa uomini e donne è enorme e i passi che si compiono sono sempre troppo piccoli.

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