Decreto Dignità, le reazioni di imprese e sindacati

Dopo l'approvazione definitiva del testo del Decreto Dignità arrivano le reazioni, tutt'altro che positive, di imprese e sindacati: le novità su fisco e lavoro non convincono.

Decreto Dignità, le reazioni di imprese e sindacati

Pioggia di critiche al Decreto Dignità: dopo l’approvazione definitiva del testo del provvedimento, con novità su fisco e lavoro, arrivano le prime reazioni da parte delle imprese e dei sindacati.

Come ampiamente trattato, tra le misure introdotte con il primo provvedimento economico del Governo Conte spiccano le nuove regole per le aziende, con i limiti alle delocalizzazioni e le modifiche alla contrattualistica del lavoro.

Tra le novità, sono i contratti a tempo determinato ad esser stati oggetto di profonde modifiche, sia per quel che riguarda la durata che i rinnovi consentiti.

Il tutto con il rischio che la lotta al precariato si trasformi in un boomerang e che porti all’incremento del fenomeno del turnover. Ed è proprio per questo che le reazioni sono, su tutti i fronti, fortemente critiche.

Decreto Dignità: le reazioni dei sindacati Cgil, Cisl e Uil

Le prime reazioni sulle novità contenute nel testo del Decreto Dignità arrivano dai tre sindacati maggiormente rappresentativi dei lavoratori, Cgil, Cisl e Uil.

Lo smantellamento del Jobs Act secondo la direzione data dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio non convince neppure la Cgil che, negli ultimi anni, si è schierata in prima linea nel sottolineare gli svantaggi della riforma del lavoro voluta dal PD:

“Il decreto dignità varato ieri in tarda serata dal Consiglio dei ministri, pur contenendo misure interessanti e condivisibili, da tempo richieste dalla Cgil, a partire dall’intervento sui tempi determinati, manca di coraggio nell’affrontare, attraverso un intervento organico, un profondo ridisegno delle regole del mercato del lavoro

E ancora, dalle pagine del quotidiano Rassegna Sindacale, la Cgil scrive, in merito alle novità sui contratti a tempo determinato:

“l’intervento è positivo. Risulta condivisibile anche la riduzione del limite massimo che passa dai 36 mesi ai 24, così come il numero delle proroghe possibili da 5 a 4

L’introduzione dell’aggravio del costo contributivo per ogni rinnovo è in termini di principio condivisibile". Tuttavia "appare evidente come tale aggravio, cioè l’aumento dello 0,5% del contributo Naspi della legge 92/12, rischi di essere ragione per la quale le imprese possano decidere di non rinnovare alla scadenza dei 12 mesi, procedendo ad alimentare il turn over attraverso plurimi contratti a tempo determinato di 12 mesi.”

Più caute sono, invece, le dichiarazioni della Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan che, in merito ai contenuti del Decreto Dignità dichiara:

“lo esamineremo con molta attenzione, ma vi sono alcune questioni rilevanti: meno precarietà significa dare più certezza ai nostri giovani e non è più possibile che le imprese prendano fondi pubblici e poi decidano di delocalizzare. Quindi, su questo spirito siamo assolutamente convinti che vi siano questioni importanti, nodali assunte come priorità e lo condividiamo, sui singoli provvedimenti ci riserviamo una lettura attenta”.

Linea morbida anche da parte della Uil; il Segretario Barbagallo sottolinea che, seppur siano necessari aggiustamenti, “sulla base degli elementi a nostra disposizione possiamo dire che il decreto dignità va nella direzione giusta”.

Dura la reazione delle imprese contro il Decreto Dignità

A scagliarsi duramente contro i contenuti del Decreto Dignità è, tra le altre associazioni rappresentative delle imprese, Confindustria. Il provvedimento con il quale è stato annunciata la lotta al precariato rischia di disincentivare gli investimenti e rendere le regole più incerte.

Un segnale molto negativo per le imprese, sottolinea Confindustria nel comunicato stampa pubblicato il 3 luglio 2018:

“Sono le imprese che creano lavoro. Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo, si dovrebbe intervenire quando è necessario per tener conto dei cambiamenti in atto e soprattutto degli effetti prodotti da quelli precedenti. Il contrario di ciò che è avvenuto nel decreto dignità. Mentre i dati Istat raccontano un mercato del lavoro in crescita, il governo innesta la retromarcia rispetto alle innovazioni che hanno contribuito a quella crescita”

Non solo le regole sui contratti di lavoro ma anche le nuove norme sulle delocalizzazione. Seppur condividendo il contrasto a comportamento opportunistici, le misure introdotte dal Decreto Dignità disegnano regole punitive e troppo generiche.

Luci e ombre secondo i Consulenti del Lavoro

Seppur attendendo la pubblicazione del testo ufficiale del Decreto Dignità, i Consulenti del Lavoro esprimono i primi pareri sulle novità introdotte, dal fisco al lavoro:

“Positive le misure annunciate in materia fiscale e contabile, sia per la previsione di abolire lo split payment per le prestazioni di servizi rese alle Pubbliche Amministrazioni sia per gli interventi mirati a semplificare le attività di studio, come nel caso del rinvio della scadenza dello spesometro e della revisione del redditometro. Condivisibile anche lo spirito con cui è stata disposta la norma che cerca di salvaguardare i livelli occupazionali penalizzando chi sceglie di delocalizzare, a patto che siano rese più accoglienti le condizioni generali del Paese per chi vuole fare impresa, a cominciare dall’elevato costo del lavoro. Apprezzabili anche gli interventi restrittivi sul gioco d’azzardo, un fenomeno che sta mietendo numerose vittime in questi lunghi anni di crisi economica.

Di gran lunga migliorabili, invece, le novità in materia di lavoro, che di fatto irrigidiscono di molto il rapporto di lavoro, soprattutto nel periodo estivo, quando c’è bisogno di maggiore flessibilità, in particolare nel settore turistico, per incentivare l’occupazione. La riduzione, poi, della durata e del numero di proroghe dei contratti a termine induce al turn over e non assicura, quindi, stabilità al mercato del lavoro. Inoltre, il ritorno alle causali potrebbe alimentare nuovamente il contenzioso, molto ridimensionato negli ultimi anni. Infine, l’equiparazione integrale della disciplina del Contratto a tempo determinato alla Somministrazione paralizza un intero settore, che occupa lavoratori in possesso di ogni garanzia di natura contrattuale e previdenziale.”

La voce che si leva è, in sintesi, unanime: il Decreto Dignità rischia di rivelarsi come l’ennesima beffa ai danni dei lavoratori e delle imprese, per le quali servono inevitabilmente interventi più incisivi.

Decreto Dignità: video di presentazione

In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo definitivo del Decreto Dignità, si riporta di seguito il video di presentazione pubblicato sul sito del MISE:

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