Asili nido, solo il 24% dei bambini in Italia ne usufruisce

Stefano Paterna - Scuola

Asili nido, pochi posti disponibili. Servono investimenti per costruire nuove strutture, per nuove assunzioni e per il rinnovo del contratto del personale educativo. Una delle priorità indicate nella Legge di Bilancio 2020 assume ancora più significato oggi, Giornata mondiale dell'Infanzia.

Asili nido, solo il 24% dei bambini in Italia ne usufruisce

La Giornata mondiale dell’Infanzia indetta per il 20 novembre è una data importante per ricordare la situazione degli asili nido in Italia.

I dati però sono allarmanti con oltre un milione di bimbi esclusi dal servizio e con il personale educativo pubblico e privato in attesa del rinnovo del contratto di lavoro.

D’altra parte le dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte in occasione della fiducia al nuovo governo, in settembre, hanno assicurato investimenti pubblici nel settore con la possibilità di creare più posti negli asili e il finanziamento delle rette per le famiglie a reddito medio-basso a partire dal 2020: quindi con un impegno nella prossima Legge di Bilancio.

Asili nido: la fotografia della situazione in Italia

Da una elaborazione della Fp Cgil basata sugli ultimi dati Istat disponibili per l’anno scolastico 2016-2017 si evince che nel nostro paese solo il 24% dei bambini che ne avrebbero necessità riesce a trovare una collocazione nei 13.147 nei servizi socio-educativi offerti (sia pubblici, sia privati), tra i quali 11.017 asili nido.

In termini assoluti, i bambini che riescono a entrare in queste strutture sono circa 354.000 (320.000 in asili nido), solo poco più della metà usufruiscono di posti pubblici.

Gli esclusi nel periodo di tempo preso in considerazione sarebbero oltre un milione. Il conto è piuttosto semplice: tra i 0 e i 3 anni nel 2016 erano infatti presenti in Italia un 1.492.000 bimbi: con la sottrazione dei posti offerti da pubblici e privati si arriva a ben 1.171.724 fuori dal circuito.

Asili nido, situazione peggiore al Sud

Nel nord del Paese la percentuale di popolazione coperta da questi servizi molto spesso supera la soglia europea fissata nel 2010 nella Strategia di Lisbona, ovvero il 33%.

Basti pensare all’Emilia-Romagna, alla Toscana e alla Valle d’Aosta. Nel Mezzogiorno solo nei casi migliori si supera il 20% (Abruzzo, Molise e Sardegna), ma in media non si arriva al 15, mentre in Campania si tocca il 7,6%.

Comunque in tutta Italia la spesa dei comuni per i nidi è scesa da dal 2012 al 2016 da 1,6 miliardi di euro a 1,475.

Inoltre, le amministrazioni locali stanno sempre più privilegiando le gestioni appaltate a privati e dismettendo le gestione dirette delle strutture: nel 2012 c’erano 99.700 bambini negli asili a gestione diretta, quattro anni dopo erano scesi 93.200. Di certo, un dato che non rassicura sulla qualità del servizio e sulle condizioni di lavoro degli addetti che da parte loro sono oltre 183.000, con una grande prevalenza di personale femminile, di cui il 68% ha più di 40 anni.

La metà delle lavoratrici degli asili nido e delle scuole dell’infanzia lamenta problemi di salute alla schiena (spesso debbono portare i bambini in braccio) e hanno vissuto aggressioni verbali nel contesto del rapporto con i genitori dei piccoli utenti.

Questa situazione si lega peraltro alla condizione concreta degli operatori:

“negli ultimi anni, il blocco del turn over e l’assenza di investimenti - si legge in una nota della Fp Cgil ha prodotto un netto peggioramento delle condizioni di lavoro: è necessario investire sul personale interessato a partire dal rinnovo del contratto”.

Asili nido, rinnovo contratto, assunzioni e investimenti: quali novità in Legge di Bilancio 2020?

Il premier Conte ha assunto un impegno ufficiale, ma per rispettarlo servirà un cospicuo sforzo da parte del governo.

Stando a uno studio commissionato dal Senato, per raggiungere la quota del 33% di bambini ci sarà bisogno di un investimento di 2,6 miliardi di euro, necessari per la costruzione di nuovi asili e l’assunzione di 20.000 educatori nella fascia d’età 0-3 anni, molto più che un semplice sblocco del turn over.

A 30 anni esatti dall’approvazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza da parte delle Nazioni Unite, si tratta di un obiettivo non più rinviabile.

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