Di quanto aumenteranno le pensioni nel 2026? E come funzionerà il meccanismo di rivalutazione degli importi? Quest'anno potrebbero arrivare delle novità

Secondo le prime stime, nel 2026 l’importo della pensione dovrebbe aumentare dell’1,7 per cento.
Il meccanismo di rivalutazione porterà aumenti maggiori per gli assegni di importo più basso e poi progressivamente ridotti per quelli più alti.
Il piano d’azione è però ancora tutto da definire, con eventuali novità che potrebbero trovare spazio nella Legge di Bilancio e soprattutto il giudizio della Corte Costituzionale, che potrebbe portare alla rivisitazione del meccanismo di rivalutazione degli importi.
Rivalutazione pensioni: di quanto aumentano gli assegni nel 2026?
Come ogni anno l’importo della pensione dovrà essere rivalutato in adeguamento all’inflazione e pensionati e pensionate cominciano a domandarsi di quanto sarà incrementato il loro assegno mensile.
L’adeguamento delle pensioni viene effettuato sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo che quest’anno, secondo le previsioni, dovrebbe risultare pari all’1,7 per cento.
Adeguamento che si tradurrebbe in aumenti esigui ma comunque maggiori di quelli del 2025 dove la rivalutazione è stata dello 0,8 per cento.
Pensionati e pensionate riceveranno un aumento fino a un massimo dell’1,7 per cento dell’importo spettante. Va sottolineato, però, che secondo il meccanismo di rivalutazione attuale i valori variano in base all’importo del trattamento riconosciuto. L’aumento parametrato all’inflazione, infatti, non è sempre pieno: solo gli assegni più bassi possono beneficiare della rivalutazione piena, negli altri casi invece l’incremento si riduce.
Dopo i tagli del 2023 e del 2024, quest’anno l’indicizzazione delle pensioni è tornata ad essere effettuata secondo lo schema precedente, organizzato su tre fasce di reddito, ed è questo schema che si prospetta verrà confermato anche per il 2026:
- 100 per cento per i trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo;
- 90 per cento per quelli tra 4 e 5 volte il minimo;
- 75 per cento per quelli superiori a 6 volte il minimo.
Le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo (603,40 per il 2025) pertanto riceveranno un aumento corrispondente al 100 per cento e dunque all’intera quota dell’indice di variazione che, come detto, dovrebbe essere pari all’1,7 per cento.
Quelle di importo superiore avranno invece un incremento ridotto come indicato nella tabella seguente.
Fasce trattamenti complessivi | Percentuale indice perequazione da attribuire | Aumento del |
---|---|---|
Fino a 4 volte il trattamento minimo (TM) | 100 | 1,7 per cento |
Tra 4 e 5 volte il TM | 90 | 1,53 per cento |
Oltre 6 volte il TM | 75 | 1,2 per cento |
Resta da vedere, poi, se la nuova Legge di Bilancio confermerà anche la rivalutazione straordinaria delle pensioni minime, che quest’anno è stata pari al 2,2 per cento, garantendo però solo aumenti di circa 3 euro mensili.
Aumento pensioni: perché il meccanismo di rivalutazione potrebbe cambiare radicalmente
Nel 2025, come anticipato, sono stati eliminati i tagli che nel 2023 e nel 2024 hanno penalizzato gli assegni più alti in modo da favorire le pensioni minime e quelle fino a 4 volte il minimo INPS.
Tagli, stimati in circa 37 miliardi di euro, che hanno spinto alcuni pensionati a fare ricorso contro le disposizioni del Governo, con il caso che è finito sul tavolo della Corte Costituzionale. Il caso si è chiuso lo scorso febbraio con la sentenza n. 19/2025 nella quale la Consulta ha dichiarato legittimo l’intervento volto a salvaguardare, per un periodo limitato, le pensioni più basse.
Per quanto riguarda le perdite subite dai pensionati con gli assegni più alti, la Consulta ha specificato che “il legislatore potrà tenerne conto in caso di eventuali future manovre sull’indicizzazione dei medesimi trattamenti”. Novità potrebbero quindi arrivare con la prossima Legge di Bilancio, anche se ad oggi appare improbabile.
Nessun rimborso, quindi, e il sistema di “raffreddamento” della rivalutazione automatica delle pensioni introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 è legittimo.
Ma ad essere rivoluzionato potrebbe essere l’intero sistema di rivalutazione degli importi. A sollevare un nuovo caso è stata, infatti, l’ordinanza del Tribunale di Trento del 30 giugno 2025, con la quale si chiede nuovamente alla Corte Costituzionale di tornare sul tema.
Questa volta però la questione non riguarda la legittimità costituzionale del taglio deciso e applicato per il 2023 e il 2024 ma direttamente il meccanismo di perequazione automatica (cioè di rivalutazione) delle pensioni.
Come detto, il meccanismo di rivalutazione prevede una distinzione “in blocchi” dei diversi importi per poter applicare la percentuale di rivalutazione corrispondente.
Il caso sollevato contesta quindi la scelta di rivalutare le pensioni per blocchi, applicando perciò un’aliquota fissa all’intero importo dell’assegno, e non una progressiva per scaglioni, come accade ad esempio per l’IRPEF, dove le aliquote variano in base alle diverse fasce.
La Consulta è dunque chiamata ad esprimersi su tale aspetto e se dovesse ritenere il modello illegittimo il Governo si troverebbe a dover ridisegnare in poco tempo l’intero meccanismo di rivalutazione degli importi.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Rivalutazione pensioni: di quanto aumentano gli assegni nel 2026?