Se la società è fittizia, le sanzioni sono a carico dell’amministratore

Emiliano Marvulli - Imposte

Se la società è stata illecitamente costituta nell'interesse esclusivo dell'amministratore, viene meno il principio generale per cui se la violazione è compiuta dalla società, le sanzioni sono irrogabili solo alla persona giuridica. A stabilirlo è la Corte di Cassazione nell'Ordinanza numero 8811 del 30 marzo 2021.

Se la società è fittizia, le sanzioni sono a carico dell'amministratore

Il principio generale per cui se la violazione è compiuta dalla società le sanzioni sono irrogabili esclusivamente alla persona giuridica, anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, viene meno se la società sia stata illecitamente costituta nell’interesse esclusivo dell’amministratore.

In questa ipotesi la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, trasgressore e contribuente e la società costituisce un mero schermo.

Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 8811 del 30 marzo 2021.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 8811 del 30 marzo 2021
Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 8811 del 30 marzo 2021.

La sentenza – La controversia trae origine dal ricorso presentato da un contribuente, quale amministratore di fatto di una società, avverso un atto di contestazione per omessa tenuta delle scritture contabili e omesso versamento delle ritenute del personale dipendente, nonché due avvisi di accertamento per maggiori imposte Irpeg, Iva e Irap nonché per omesso versamento delle ritenute del personale dipendente.

Il ricorso del contribuente è stato respinto dalla CTP e la sentenza confermata dalla CTR. I giudici d’appello hanno ritenuto che il contribuente per tutto il periodo in cui erano state riscontrate le violazioni, era l’amministratore unico e legale rappresentante della società e tale era rimasto dopo la cessazione della carica di amministratore della società, perché di fatto, aveva continuato nella propria attività.

Il contribuente ha così impugnato dinanzi alla corte di cassazione la sentenza della CTR e il ricorso è stato accolto senza rinvio della sentenza impugnata.

Il tema di fondo su cui si è espressa la Corte di legittimità attiene alla verifica se delle obbligazioni tributarie aventi ad oggetto Irpeg, Irap e Iva gravanti su una società di capitali possa rispondere, oltre che la medesima società quale autonomo soggetto passivo d’imposta, anche l’amministratore, anche di fatto, della società.

In materia di imposte dirette, la responsabilità degli amministratori è prevista dall’art. 36, d.P.R. n. 602/1973, ma è una responsabilità avente natura civilistica e non tributaria e attiene solo all’ipotesi di messa in liquidazione della società e realizzazione, da parte degli amministratori, di operazioni di liquidazioni nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione ovvero di occultamento di attività sociali mediante omissione nelle scritture contabili.

In altre parole il credito dell’amministrazione finanziaria verso l’amministratore non è un credito strettamente tributario, ma di natura civilistica, che trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria.

Vale peraltro solo con riferimento alle sole imposte sui redditi e non anche all’imposizione sul valore aggiunto o sulle attività produttive. La sentenza della CTR è in contrasto con i principi sopra espressi perché i giudici di merito hanno fatto conseguire dall’accertamento della qualifica del ricorrente quale amministratore, anche in via di fatto, della società la sua responsabilità per le obbligazioni tributarie riconducibili a quest’ultima.

Per quanto riguarda poi l’imputabilità delle sanzioni amministrative queste sono attribuibili esclusivamente alla persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, salvo il caso in cui la società sia stata artificiosamente costituita per finalità illecite nel qual caso le sanzioni amministrative tributarie devono essere irrogate nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmente delle violazioni contestate.

In tale ipotesi infatti “la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica.

Non opera pertanto il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, secondo cui nel caso di rapporti fiscali facenti capo a persone giuridiche le sanzioni possono essere irrogate nei soli confronti dell’ente, in quanto detta norma intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima”.

Tale principio non risulta applicabile al caso di specie perché l’Amministrazione finanziaria non ha dedotto nelle proprie difese la questione della fittizietà della società, che sarebbe stata creata nell’esclusivo interesse del ricorrente, nè tale questione è stata affrontata dai giudici di merito.

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