Il perimetro dell’interposizione in ambito tributario

Giovambattista Palumbo - Imposta sulle successioni e sulle donazioni

La disciplina antielusiva dell'interposizione non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento del contribuente, è sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l'applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d'imposta. Il fenomeno della simulazione relativa, nell'ambito della quale può ricomprendersi l'interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali

Il perimetro dell'interposizione in ambito tributario

La recente giurisprudenza tributaria ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di interposizione, ex art. 37, comma 3 del Dpr 600/73.

Nel caso pratico che vogliamo approfondire oggi, tratto dall’ordinanza della Cassazione n. 7929/2021, il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso un avviso, con il quale, applicando la disciplina di cui all’art 37, cit., l’Agenzia delle Entrate accertava un reddito derivante da plusvalenza non dichiarata di Euro 294.040, relativa alla vendita di un terreno edificabile.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale dichiarava inammissibile l’appello per mancato deposito della ricevuta di spedizione eseguita per posta raccomandata.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dall’Ufficio, annullava poi con rinvio la decisione di secondo grado.

Riassunto il processo, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello, rilevando che la normativa antielusiva posta a base dell’avviso di accertamento era stata correttamente applicata.

Infine, il contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR, deducendo, per quanto di interesse, la violazione dell’art. 37, comma 3, del Dpr. n. 600/73, per non avere il giudice di appello valutato correttamente le operazioni negoziali come (legittima) pianificazione dei rapporti patrimoniali tra familiari e della successione ereditaria.

Con altro motivo di impugnazione il contribuente censurava poi la sentenza per non avere rilevato la mancata dimostrazione della simulazione della donazione e, quindi, della natura fittizia dell’operazione.

Il perimetro dell’interposizione in ambito tributario: la decisione della Corte di Cassazione

Secondo la Suprema Corte le censure erano infondate.

Evidenziano i giudici di legittimità che l’atto impositivo del reddito da plusvalenza muoveva dai seguenti accertamenti in fatto:

  • il contribuente aveva ricevuto per donazione un terreno, con atto del 1999, per il valore di Euro 5.164;
  • Nel 2005 il contribuente aveva donato il bene alla moglie, attribuendogli un valore di Euro 300.000;
  • un mese dopo, il terreno era poi stato venduto per Euro 300.000 ad una società di costruzioni.

La ripresa fiscale aveva, dunque, applicato l’art. 37 cit., secondo il quale “in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”.

Sul punto la Corte richiama quindi il seguente principio:

“in tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta; ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali” (cfr., Cass., n. 21794/2014 e Cass., n. 26445/2018)

La Cassazione ricorda poi che

“ai fini dell’applicazione della disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, anche il carattere reale e non simulato di una sequenza negoziale, consistente nella donazione tra genitori e figli di un bene, immediatamente dopo alienato a terzi dai donatari, che ne percepiscano effettivamente il corrispettivo, integra lo scopo elusivo di cui alla citata norma ove consenta di superare il regime fiscale di riferimento mediante l’uso improprio, ingiustificato o deviante di legittimi strumenti giuridici” (cfr., Cass., n. 5408/2017)

Nella fattispecie, pertanto, secondo la Corte, la CTR, avuto riguardo alla sequenza negoziale-donazione di terreni edificabili conclusa fra coniugi, seguita a breve dalla vendita dei beni a terzi, aveva correttamente ritenuto che le ragioni addotte dal contribuente a giustificazione della complessiva operazione fossero inidonee ad escludere la strumentalità della donazione allo scopo di evitare il pagamento delle imposte sulla plusvalenza maturata dal donante.

Il perimetro dell’interposizione in ambito tributario: alcune osservazioni

Si ricorda che la fattispecie dell’interposizione non va confusa con l’elusione fiscale.

Nell’elusione tout court le parti dell’operazione sono infatti effettivamente quelle che risultano dagli atti o negozi.

Nell’interposizione (fittizia) invece le parti vere (interposte) sono diverse da quelle che appaiono all’esterno (interponenti).

Questo è il caso, appunto, della simulazione relativa soggettiva, nella quale l’interponente esprime la volontà “effettiva”, mentre l’interposto manifesta una volontà solo apparente.

Quando una persona fisica o giuridica interpone tra sé e il Fisco un altro soggetto, si crea dunque una situazione in cui l’apparenza mira a mascherare la realtà.

Diversamente, con l’elusione/abuso si pone in essere un negozio effettivamente voluto dalle parti, disciplinato nei suoi effetti “tipici” dall’Ordinamento, ma con una sostanziale distorsione di quegli stessi effetti, che diventano irrilevanti o comunque secondari rispetto al vero obiettivo (non contemplato dall’Ordinamento), consistente nel raggiungimento dell’obiettivo fiscale.

L’apparente contrasto può essere allora concettualmente risolto considerando che è anche possibile che tramite l’interposizione lo scopo elusivo venga attuato mediante operazioni effettive e reali.

In tal senso, quindi, come dice, in sostanza, anche la Corte nella sentenza in commento, la disciplina dell’interposizione è una disciplina “antielusiva”, per verificare la quale è sufficiente un uso improprio, ingiustificato, o deviante di un legittimo strumento giuridico.

L’interposizione fittizia di persona trova del resto riscontro nelle caratteristiche tipiche dell’interposizione soggettiva, ovvero: l’interponente è l’effettivo contraente; l’intervento dell’interposto è simulato e riveste una funzione eminentemente passiva, tale da occultare l’effettivo titolare del reddito; il terzo contraente è a conoscenza che l’interposto non intende assumere i diritti e gli obblighi che gli derivano dal contratto, avendo piena consapevolezza di contrarre con l’interponente.

Che la disciplina dell’interposizione fittizia non presupponga necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, come evidenziato anche nella sentenza in commento, era stato del resto già affermato anche da Corte di Cassazione n. 12317 del 17 maggio 2017, anche questa relativa ad un caso di recupero a tassazione della plusvalenza che l’Ufficio riteneva essere stata realizzata dalla contribuente tramite la cessione a titolo oneroso di un terreno edificabile (in quel caso inizialmente donato al coniuge e ai figli e quindi venduto da questi ultimi ad una società).

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