Esenzione Iva e regime fiscale: le novità per gli ETS dal 2024

Cristina Cherubini - Associazioni

Novità su esenzione IVA e regime fiscale per gli enti del terzo settore: focus sulle modifiche alla normativa introdotte dal Decreto Fiscale 2022 che, secondo le disposizioni della Legge di Bilancio, entreranno in vigore dal 2024.

Esenzione Iva e regime fiscale: le novità per gli ETS dal 2024

La riforma del terzo settore sembra che necessiti ancora di molto tempo prima di potersi insediare e sviluppare a pieno all’interno del panorama legislativo e socio-culturale nazionale.

Difatti ad oggi non abbiamo ancora appreso gli esiti della valutazione della Commissione Europea in merito all’approvazione del titolo X del d.lgs 117/2017 che già il legislatore tenta di modificarne con quanto previsto dal d.l 146/2021 e ulteriormente confermato legge di Bilancio 2022.

Come abbiamo analizzato in un precedente approfondimento, la prima questione in discussione è la variazione della natura delle attività esercitate dagli enti non commerciali ai fini dell’applicazione della normativa iva.

Con una prima modifica il legislatore, a seguito della conversione del decreto-legge 146/2021 vorrebbe far configurare come commerciali molte delle attività tipicamente escluse dall’ambito dell’applicazione dell’IVA, in quanto da sempre descritte come a carattere istituzionale e svolte per obiettivi comuni della collettività interessata, mentre con le modifiche inserite nella Legge di Bilancio 2022 ha rimandato l’entrata in vigore delle novità al 2024.

Saranno quindi tre le modifiche importanti che interesseranno le associazioni, se le nuove previsioni dovessero essere approvate, senza subire ulteriori cambiamenti, quali la commercialità delle attività istituzionali, l’esenzione delle operazioni prima soggette ad esclusione della disciplina iva e una revisione dei regimi fiscali previsti per gli ETS rispetto a quelli previsti dal titolo X del d.lgs 117/2017.

Esclusione o esenzione: cosa cambia per le associazioni con le novità del Decreto Fiscale 2022

La conseguente ed ulteriore modifica interessa l’art. 10 del D.P.R. 633/72, all’interno del quale è possibile incontrare le operazioni per le quali il legislatore ha previsto l’esenzione dall’applicazione dell’IVA.

L’art. 5 comma 15-bis del d.l 146/2021 andrebbe difatti ad includere all’interno dell’art. 10 del D.P.R. 633/72 dopo il terzo comma, ulteriori due commi nei quali elencare le attività fin ora escluse dall’applicazione dell’IVA, prevedendo così per loro l’esenzione.

Ad oggi gli operatori del settore tirano un lieve sospiro di sollievo, ma dal 2024 saranno travolti dal profondo cambiamento indotto dall’approvazione di tali nuove previsioni normative.

L’esclusione dalla disciplina IVA ha fin ora semplificato notevolmente l’apparato burocratico delle associazioni che effettivamente non svolgono attività commerciali, e che quindi non comportano alcun tipo di squilibrio sul mercato.

Il legislatore con le modifiche apportate all’art. 10 potrebbe invece realmente creare degli squilibri e inficiare sulla normale gestione della concorrenza da parte degli agenti del mercato senza poi in realtà beneficiare di nessun tipo di incremento né economico, né finanziario né tanto meno sociale.

Nello specifico l’art. 5 comma 15 bis del d.l 146/2021 introduce le seguenti fattispecie all’interno dell’art. 10 del D.P.R. 633/72:

  • le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
  • le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche;
  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti organizzate a loro esclusivo profitto;
  • la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti dalle associazioni di promozione sociale sempreché tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività.

Appare chiaro, quindi, che le presenti modifiche interesseranno tutti gli enti non commerciali sia quelli compresi nella riforma del terzo settore, sia quelli che decideranno di restarne al di fuori, come ad esempio molte ASD.

Tendenzialmente questa modifica causerà solo un aggravio di adempimenti da parte delle associazioni che di base dovranno già adeguarsi alle nuove norme previste dal d.lgs 117/2017 e sono quindi già sovraccaricati di nuove prassi da implementare per poter far parte del terzo settore, iscriversi al RUNTS e continuare a beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dal legislatore oltre che di molte altre possibilità che altrimenti sarebbero loro precluse.

A partire da gennaio 2024 saranno quindi sicuramente molte le associazioni che dovranno cessare la loro attività, a causa dell’impossibilità sopravvenuta nell’adeguare la propria struttura organizzativa al fine di poter far fronte ai nuovi adempimenti previsti dal legislatore.

Lo Stato inoltre non avrà un beneficio da un punto di vista finanziario in quanto le operazioni seppur non più escluse dall’IVA saranno comunque esenti, e quindi non sarà comunque applicata l’imposta, e di conseguenza non andrà a rimpolpare le casse dello Stato, c’è da chiedersi quindi se il reale vantaggio sarà solo relativo ad un maggiore ed ulteriore controllo in merito alle attività svolte dalle associazioni, e se esso non possa essere svolto in altro modo senza sovraccaricare tali enti di adempimenti tipici e più adatti ad un’attività lucrativa svolgente attività commerciale.

Regimi fiscali per gli ETS: le nuove varianti

L’ultimo step mancante ai fini dell’effettiva attuazione della riforma del terzo settore è l’approvazione della Commissione Europea al titolo X del d.lgs 117/2017 contenente le nuove normative relative ai regimi fiscali previsti per gli enti del terzo settore, ed il legislatore, pone l’attenzione su di esso rivendendo alcuni punti all’art. 5 comma 15 ter del d.l 146/2021.

Nel comma 15 ter dell’art. 5 si prevede infatti in virtù anche del periodo di transizione che si sta prolungando per le associazioni, che fino alla piena operatività delle disposizioni del titolo X del decreto legislativo n. 117 del 2017, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000, possano applicare, ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all’articolo 1, commi da 58 a 63, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

L’applicazione di tale regime forfettario permette agli enti interessati di non effettuare i seguenti adempimenti:

  • non devono addebitare l’IVA in fattura ai propri clienti;
  • non detraggono l’IVA sugli acquisti;
  • non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale IVA;
  • non devono comunicare all’Agenzia delle entrate le operazioni rilevanti ai fini IVA, né quelle effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list.
  • non hanno l’obbligo di registrare i corrispettivi, le fatture emesse e ricevute.

L’unico obbligo difatti da rispettare è quello di numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali, certificare i corrispettivi, integrare le fatture per le operazioni di cui risultano debitori di imposta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, da versare entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni, senza diritto alla detrazione dell’imposta relativa.

Gli obblighi e gli adempimenti sopra esposti sono necessari al fine di far ben comprendere quale potrà essere l’entità della mole burocratica che graverà sugli enti.

A livello fiscale il regime forfettario sopra citato, che ad oggi è utilizzato dalla maggior parte delle piccole e medie partite iva che pullulano il mercato italiano, è senza alcun dubbio la tipologia più snella e dinamica, quindi sicuramente non rispecchia un tentativo ostativo da parte del legislatore.

Resta comunque dubbio il motivo che ha portato il legislatore a prevedere per la durata del periodo di transito verso l’attuazione dei nuovi regimi fiscali per gli ETS la possibilità di estendere l’applicazione del regime forfettario anche agli enti del terzo settore così per come è formulato.

Probabilmente questa è la risposta che stavamo aspettando, la soluzione fornita agli enti che ad oggi risultavano ancora incerti nei confronti di una celere iscrizione al RUNTS in quanto tale scelta avrebbe significato l’impossibilità di applicare le precedenti norme e la contestuale non disponibilità del nuovo apparato normativo.

Il legislatore quindi fornendo la possibilità di applicare il regime forfettario anche agli ETS garantisce a tutti gli enti che decideranno di iscriversi fin da oggi al RUNTS la possibilità di continuare a beneficiare di un regime fiscale semplificato, ai fini IVA e con ridotti adempimenti a cui far fronte.

Resta comunque una perplessità, è complesso difatti capire come queste semplificazioni, previste per il periodo di transizione, potranno essere applicabili con la conferma delle modifiche agli art. 4 e 10 del D.P.R 633/72 con la quale il legislatore prevede l’esenzione anziché l’esclusione dalla disciplina iva per le attività svolte dagli stessi enti, in quanto alcuni degli adempimenti non previsti dal regime forfettario sopra esposto dovranno invece essere effettuati ai fini della corretta applicazione dell’art. 10 del D.P.R 633/72.

Non resta altro che capire le nuove direzioni di questo profondo cambiamento all’interno di un settore, a nostro parere, già in profonda confusione ed in pieno stato di transizione.

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