Se non c’è stata esplicita richiesta dai verificatori, i documenti sono utilizzabili in giudizio

Se non c'è stata una esplicita richiesta da parte dei verificatori, non c'è il divieto di utilizzo in sede giudiziaria dei documenti non esibiti in sede amministrativa. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nell'Ordinanza n. 4662 del 2024

Se non c'è stata esplicita richiesta dai verificatori, i documenti sono utilizzabili in giudizio

Il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa opera solo se c’è stata una specifica richiesta dei verificatori e scatta non solo nell’ipotesi di rifiuto dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere i documenti in suo possesso o li sottragga all’ispezione per errore non scusabile dovuto, ad esempio, a dimenticanza o disattenzione.

Sono queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 4662/2024.

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Se non c’è stata esplicita richiesta dai verificatori, i documenti sono utilizzabili in giudizio. Un caso pratico

La controversia ha avuto origine dal ricorso avverso un avviso di accertamento notificato a un contribuente, relativo alla maggiore imposta IRPEF sul maggior reddito determinato sulla base delle risultanze delle indagini effettuate sui conti correnti del contribuente medesimo.

La CTR, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accolto l’appello proposto dal contribuente riducendo significativamente il maggior reddito accertato, il tutto dopo aver espletato CTU ai cui esiti di fatto il giudice d’appello si è conformato.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato davanti alla Corte di Cassazione la sentenza della Commissione Tributaria Regionale lamentando, quale motivo principale di ricorso, violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR n. 600 del 1973, in quanto la documentazione consegnata in sede giudiziale non era stata prodotta in sede amministrativa, e senza che il contribuente allegasse alcuna giustificazione circa l’impossibilità di produzione anteriormente all’introduzione del giudizio.

La Corte di Cassazione ha deciso per l’infondatezza del motivo e ha rigettato il ricorso, posto che l’Agenzia delle Entrate non ha chiarito, né tantomeno specificato, come e in quale contesto la documentazione portata a giustificazione fosse stata richiesta in sede amministrativa, richiesta che costituisce il presupposto per l’inutilizzabilità di quella poi depositata in giudizio dal contribuente.

In tema di dati e informazioni richiesti da parte dei verificatori dell’amministrazione finanziaria nel corso di accessi, ispezioni e verifiche, l’articolo 52, comma 5, del DPR n. 633 del 1972 dispone che:

“i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione.”

A riguardo la Corte di Cassazione ha precisato che il divieto di utilizzo in sede giudiziaria dei documenti non esibiti in sede amministrativa, previsto dal richiamato articolo 52, presuppone che vi sia stata una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto.

In particolare, la preclusione opera non solo nell’ipotesi di rifiuto dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere i documenti in suo possesso, o li sottragga all’ispezione, non allo scopo di impedire la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto dovuto, ad esempio, a dimenticanza, disattenzione o a carenze amministrative.

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La preclusione a fornire documenti nuovi in fase processuale non scatta in automatico

Invero, già con la Sentenza n. 32117/2018 il Collegio di legittimità si era espresso sul tema dell’utilizzabilità dei documenti di cui parla, dando ragione ad un contribuente a cui era stato inviato un questionario. Questi aveva lamentato violazione delle disposizioni contenute nell’articolo 32, comma 4 del DPR n. 600/1973 secondo cui:

“le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta.”

La decisione era stata presa sulla base dell’assunto per cui la preclusione processuale a produrre documenti scatta solo qualora l’Amministrazione abbia inviato il questionario al contribuente, contenente l’indicazione specifica dei documenti ritenuti rilevanti e di cui si chiede l’esibizione con l’espresso avvertimento che, in caso di mancata o insufficiente risposta, opera la preclusione processuale dell’impossibilità di successivo deposito nella eventuale fase contenziosa.

Da tale principio si deduce che, se il contribuente non risponde ad un questionario, non può automaticamente scattare la preclusione a fornire documenti nuovi in fase processuale perché deve sempre essere riscontrata l’idoneità del questionario a produrre tale pregiudizio.

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