Dipendenti pubblici, Italia tra le ultime d’Europa

Stefano Paterna - Pubblica Amministrazione

L'Italia è al quart'ultimo posto in Europa nel rapporto tra numero dei dipendenti pubblici e totale degli occupati, pari al 14%. A livello regionale, a sorpresa è la Valle d'Aosta ad avere una percentuale maggiore pari al 21,6%, ma emerge come dato rilevante la questione del grado di autonomia

Dipendenti pubblici, Italia tra le ultime d'Europa

L’Italia non è un paese per dipendenti pubblici.

A confermarlo è una recente elaborazione del Centro Studi Impresa Lavoro che pone la Penisola al quart’ultimo posto in Europa: 3 milioni e 219.000 persone, ovvero il 14% di lavoratori impiegati nelle amministrazioni pubbliche sul totale degli occupati.

Secondo l’indagine basata su dati Eurostat soltanto l’Olanda (13%), il Lussemburgo (12%) e la Germania (10) ne avrebbero di meno.

Tuttavia, va precisato che i dati che i singoli paesi forniscono all’Istituto di statistica europea sono condizionati dai criteri che ogni singolo paese adotta in materia di distinzione tra pubblico e privato. Ad esempio il dato tedesco risente del fatto che i lavoratori della sanità hanno dei contratti privati, anche se sono comunque pagati dallo Stato, non figurando però tra i dipendenti pubblici.

È possibile quindi che l’Italia possa essere anche più in fondo nella classifica dei Paesi d’Europa per numero di dipendenti nel pubblico impiego.

Del resto, si parla da tempo della questa carenza nell’organico dell’apparato dello Stato.

La classifica è invece guidata dai paesi dell’area scandinava (Svezia 29%, Danimarca 28%, Finlandia 25), mentre la Francia è al sesto posto con il 22% e persino la Grecia (18%), l’iperliberista Gran Bretagna (16%) e la Spagna (15%) precedono l’Italia: il ben conosciuto effetto di anni e anni di blocchi delle assunzioni in funzione del contenimento della spesa pubblica.

Il dato, sebbene ormai ben conosciuto, è di particolare interesse in quanto viene rimarcato anche da un istituto di ricerca molto incline a un approccio di analisi certamente non statalista.

Dipendenti pubblici, numero maggiore in Valle d’Aosta. La questione dell’autonomia differenziata

Più sorprendenti appaiono i risultati sulla distribuzione regionale dei dipendenti pubblici in Italia.

Ci si aspetterebbe di vedere il Sud nei primi posti, ma in realtà la regione con più dipendenti pubblici è invece la Valle d’Aosta con un rapporto sul numero totale degli occupati pari al 21,6%, più o meno come la Francia.

Ora è vero che i seguenti posti sono occupati da Calabria (21,4%), Sicilia (20) e Sardegna (19,4), mentre gli ultimi tre sono pertinenza di Emilia-Romagna (11,6%), Veneto (10,5) e Lombardia (9.3%), ovvero le tre regioni che si sono fatte promotrici della richiesta di autonomia differenziata che ha parecchio animato il dibattito politico.

Tuttavia, l’elaborazione di Impresa Lavoro incrociando il numero dei lavoratori pubblici con il numero dei risiedenti nella regione (bambini e anziani compresi) ci mostra una graduatoria molto diversa su una media nazionale del 5,3%.

Al primo posto c’è sempre la Valle d’Aosta con il 9,3%, ma al secondo posto c’è il “nordico” Trentino Alto Adige con il 7,7%, al terzo il Lazio (che ovviamente risente della presenza dei ministeri e del governo centrale) con il 6,9 e poco dietro il Friuli (6,8) e la Sardegna (6,6). In fondo alla classifica la Campania (4,8%), Veneto (4,6) e Lombardia (4,1).

Viene a cadere in questa correlazione la distinzione tradizionale tra Nord e Sud del Paese, mentre ne salta agli occhi un’altra: quella della differenza di autonomia.

Sono infatti le regioni a Statuto Speciale quelle con il maggior numero di dipendenti sulla popolazione totale. Il che ovviamente si spiega con il maggior numero di funzioni e di risorse attribuite al livello di governo regionale.

La circostanza può spiegare in parte il motivo dell’insistenza “autonomistica” di Emilia, Lombardia e Veneto. In epoca di recessione economica il pubblico impiego può essere un volano di sviluppo per l’intero Paese oppure, in un’ottica localistica, dare una mano alle regioni locomotive d’Italia, ora un po’ in affanno.

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