Il bonus mamma? Servono azioni strutturali per contrastare denatalità e scarsa occupazione femminile

Rosy D’Elia - Leggi e prassi

Per contrastare la scarsa occupazione giovanile e femminile, a cui è strettamente connesso il tema della denatalità, servono azioni strutturali, oltre qualsiasi bonus mamma o agevolazione rivolta al presente senza investimenti sul futuro. Sono queste le conclusioni che chiudono l'evento Lavoro tra genere e generazioni che si è tenuto il 12 marzo presso Esperienza Europa - David Sassoli a Roma

Il bonus mamma? Servono azioni strutturali per contrastare denatalità e scarsa occupazione femminile

Il bonus mamma? Dall’imprenditoria al lavoro dipendente, servono misure strutturali per contrastare la scarsa occupazione giovanile e femminile, a cui è strettamente connesso il tema della denatalità.

Prendendo spunto da una delle ultime agevolazioni introdotte, si arriva alle conclusioni che chiudono l’evento “Lavoro tra genere e generazioni” organizzato presso Esperienza Europa - David Sassoli a Roma.

L’appuntamento rientra nel ciclo di incontri “I Giovani chiamano, l’Europa risponde”: le voci che intervengono nel pomeriggio del 12 marzo sono quelle di Debora Giannini, Project Manager del Centro Studi G. Tagliacarne, Gerarda Grippo; docente in “Lavoro, Organizzazioni e Genere” per il corso di Laurea magistrale “Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione” presso Sapienza Università di Roma e Nicola Danti, Europarlamentare del Gruppo Renew Europe e membro ITRE (Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia).

Incrementare l’occupazione femminile e giovanile con misure di lungo periodo, oltre i bonus e le agevolazioni

“Un aumento dei livelli di occupazione è essenziale per favorire una crescita proficua per tutti”, ha scritto l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico negli ultimi studi sull’Italia pubblicati a gennaio 2024.

La crescita del Paese passa dall’incremento dell’occupazione giovanile e femminile a cui si lega a doppio filo anche la fine del cosiddetto inverno demografico in cui l’Italia è attualmente immersa.

Non può che partire da questi presupposti la discussione su Lavoro, genere e generazioni.

Dal 2012 ad oggi il nostro Paese ha perso 87.000 laureati e laureate, che vanno in altri paesi, e tra formazione e mondo del lavoro c’è un divario di competenze che non può essere più ignorato: è questo il quadro che delinea Debora Giannini, Project Manager del Centro Studi G. Tagliacarne.

Il panorama non migliora con i dati sull’occupazione femminile che espone Gerarda Grippo, docente del corso “Lavoro, Organizzazioni e Genere”:“attualmente più o meno lavora una donna su due. Il dato, inoltre, peggiora mano a mano che la composizione del nucleo familiare cambia. In presenza di figli, la percentuale di donne occupate si abbassa di 20 punti: una su 5 esce dal mercato del lavoro”. È così che l’Italia è ultima in Europa con una distanza di 14 punti dalla media UE.

Il bonus mamma? Azioni strutturali per contrastare denatalità e scarsa occupazione femminile

Come superare l’impasse? Una ricetta unica non esiste e soprattutto gli ingredienti da mettere in campo sono diversi. Ma non ha dubbi Grippo, un problema occupazionale strutturale come quello italiano, non si può risolvere a colpi di bonus, come il nuovo esonero contributivo per le lavoratrici madri.

Servono soluzioni di lungo periodo perché, accanto all’indiscutibile questione di equità, c’è n’è una di competitività e di efficienza del sistema paese: c’è un “bacino di capitale umano” che non viene utilizzato. E la questione interessa tutti e tutte, uomini e donne.

Prima di tutto servono asili nido e strutture di assistenza a disabili e anziani“attualmente il vuoto lasciato dalle politiche di welfare italiane viene colmato dalle donne. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il 74 per cento di carichi familiari e di lavoro non retribuito è sulle loro spalle”.

“È necessario incrementare la presenza delle donne nel mercato del lavoro potenziando l’accesso all’istruzione pubblica per la prima infanzia. Inoltre, sarebbe utile introdurre misure atte a incentivare maggiormente il congedo di paternità, anche attraverso l’introduzione di una “quota padre” nel diritto al congedo parentale per entrambi i genitori”.

Scrive l’OCSE nel comunicato stampa che accompagna gli studi economici.

D’altronde il primo passo strutturale da compiere in Italia è di tipo culturale: si parla di bonus mamma, sottolinea Grippo, veicolando una genitorialità che viene intesa ancora a senso unico.

Al di là dei nomi, che pure da forma possono diventare sostanza, la debolezza di agevolazioni di questo tipo è che “non risolvono i problemi e lasciano fuori le donne più fragili”.

L’agevolazione introdotta dall’ultima Legge di Bilancio consiste in un esonero contributivo per tutte le dipendenti del settore pubblico e privato con contratto a tempo indeterminato con almeno tre figli o figlie. Nel 2024 è riconosciuto, in via sperimentale, anche a chi ne ha due.

Servono azioni e progetti di lungo periodo che possano “supportare l’idea di mettere su famiglia” per colmare le mancanze di infrastrutture e di politiche capaci di portare i giovani e le donne a intraprendere percorsi genitoriali, evidenzia la docente.

Un cambio di passo è necessario anche per Debora Giannini che parla di salto infrastrutturale e sottolinea l’importanza di un cambiamento anche dal punto di vista imprenditoriale: “non bisogna agire con piccoli aiuti contingenti, ma che diano una prospettiva di crescita e di cultura d’impresa al femminile diversa”.

Sul punto è d’accordo anche la voce politica e istituzionale Nicola Danti, Europarlamentare del Gruppo Renew Europe e membro ITRE, che però, pur sottolineando la sensibilità europea sui temi generazionali e di genere, dall’Europa rimanda all’Italia la questione.

Bisogna spingere sull’acceleratore utilizzando al meglio il Fondo Sociale Europeo e le risorse del PNRR, consiglia. Ma ricorda: l’Europa non è tutta uguale, non è tutta come l’Italia”.

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