La foto di Google street view vale come prova nell’accertamento tributario

Emiliano Marvulli - Imposte

L'accertamento tributario può essere fondato sulla foto di Google street view, perché prova della sua conformità alle cose e ai luoghi rappresentati

La foto di Google street view vale come prova nell'accertamento tributario

L’accertamento dell’imposta di pubblicità può anche essere fondato unicamente sulle foto tratte da Google street view, perché costituiscono valida prova della sua conformità alle cose e ai luoghi rappresentati.

Il contribuente che vuole opporsi alla loro efficacia ha l’onere di provare, in maniera chiara ed esplicita, il perché i fatti riportati nelle fotografie sono difformi dalla realtà.

Il curioso principio si ritrova in diverse pronunce giurisprudenziali, tra cui la datata ma sempre attuale ordinanza numero 308/2020 della Corte di Cassazione.

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Google Street View vale come prova nell’accertamento tributario

Il procedimento attiene a una causa promossa da una società avverso l’avviso di accertamento emesso dal Comune per il recupero dell’imposta di pubblicità per gli anni dal 2009 al 2014.

Il ricorso è giunto sin dinanzi alla CTR, che lo ha rigettato confermando la sentenza di prime cure.

Avverso tale decisione la società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nel punto in cui i giudici hanno ritenuto provato lo stazionamento del veicolo del ricorrente, contenente messaggi pubblicitari, sulla base di elementi privi di efficacia probatoria, tra cui le foto tratte dall’applicazione web Google street view, perché tali riscontri fotografici non assicurano la certezza della data del rilevamento.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese.

La sentenza in commento è particolarmente interessante perché i giudici si sono espressi in merito all’efficacia probatoria delle foto tratte da internet, quale unico elemento posto a base dell’accertamento tributario.

A riguardo il Collegio, richiamando una recente giurisprudenza di legittimità, ha ribadito che “la fotografia costituisce prova precostituita della sua conformità alle cose e ai luoghi rappresentati, sicché chi voglia inficiarne l’efficacia probatoria non può limitarsi a contestare i fatti che la parte che l’ha prodotta intende con essa provare, ma ha l’onere di disconoscere tale conformità”.

La prova deve essere però chiara, circostanziata ed esplicita

Ed ancora, affinché il disconoscimento sia efficace, tanto da far perdere alle riproduzioni fotografiche lo status di prova

“deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta”

Nel caso di specie, pertanto, in cui è stato genericamente contestato che le foto tratte da internet non avrebbero assicurato la certezza della data di rilevamento, la società avrebbe dovuto indicare in maniera chiara ed esplicita le ragioni per cui la riproduzione fotografica non fosse un elemento di prova ma un mero e semplice elemento presuntivo.

In assenza di tale valutazione il motivo è stato ritenuto inammissibile.

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