In caso di decadenza dalle agevolazioni prima casa: la responsabilità solidale c'è anche per chi possiede una quota esigua

Vi siete mai chiesti che rischi ci possono essere ad essere proprietari di un immobile per una quota irrisoria? Si potrebbe pensare che, erroneamente, non ce ne sia nessuno ma non è così.
A questo proposito, i giudici della Corte di Cassazione hanno esaminato un caso particolare in cui uno dei comproprietari è titolare solo della quota dell’1 per cento dell’immobile, ritenendo tale circostanza irrilevante ai fini della operatività del meccanismo di responsabilità solidale.
Analizziamo nel dettaglio questa fattispecie, molto interessante e, soprattutto, molto diffusa.
Decadenza dalle agevolazioni prima casa: responsabilità solidale anche per chi possiede una quota esigua
L’Agenzia delle Entrate, con avviso di liquidazione emesso nei confronti di una contribuente, recuperava la maggiore Iva dovuta per effetto della revoca dell’agevolazione c.d. prima casa (nel caso di specie trattandosi di atto soggetto ad IVA era stata applicata l’imposta al 4 per cento) fruita per l’acquisto in comunione pro- indiviso con il figlio (con titolarità di quote rispettivamente dell’1 per cento in capo alla madre e del 99 per cento in capo al figlio) di un fabbricato poi rivenduto entro un quinquennio senza aver proceduto al riacquisto entro l’anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici fiscali, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Contro tale avviso la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla competente CTP che lo accoglieva parzialmente ritenendo che la pretesa tributaria dovesse essere limitata alla quota parte relativa all’equivalente dell’1 per cento dell’acquisto.
Avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale competente che lo accoglieva.
La contribuente pertanto proponeva ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.
Le motivazioni della Corte: il meccanismo della solidarietà passiva prescinde dalla quota posseduta
La contribuente in particolare contestava la sentenza di secondo grado per avere la CTR fondato la declaratoria di solidarietà passiva tra i comunisti nel pagamento della maggiore imposta sull’ assunto, a suo avviso erroneo, secondo cui la contribuente aveva potuto usufruire dell’agevolazione fiscale per avere acquistato la propria quota dell’1 per cento della comunione immobiliare insieme al contestuale perfezionamento dell’acquisto da parte del figlio della residua quota del 99 per cento.
Ciò premesso, la Corte non ha accolto il ricorso della contribuente sulla base del seguente iter argomentativo.
In particolare, il tema su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi attiene alla questione se, a fronte dell’acquisto, in comune e pro-indiviso di immobile, che ha goduto dell’agevolazione prima casa, da parte della contribuente e del figlio (rispettivamente con titolarità delle quote all’1 per cento e al 99 per cento), l’avvenuta decadenza del beneficio in seguito alla rivendita dell’immobile infra-quinquennale ed il mancato riacquisto, nel termine di un anno dall’alienazione, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, richiesto dalla legge per evitare la comminatoria della decadenza dell’agevolazione, potesse produrre effetti, come sostenuto dalla ricorrente, limitatamente alla quota di comproprietà in capo alla contribuente dell’immobile agevolato, legittimando la pretesa fiscale soltanto entro tali termini, ovvero se il recupero della maggiore imposta (oltre interessi e sanzioni), potesse essere preteso, come avvenuto sulla base dell’avviso di liquidazione per intero nei confronti della contribuente, in qualità di obbligata in via solidale.
L’art. 16, secondo comma, del DPR n. 633 del 1972, nella formulazione vigente “ratione temporis”, prevede che sia pari al 4 per cento l’aliquota dell’IVA dovuta per le operazioni che hanno per oggetto i beni e i servizi elencati nell’allegata Tabella A del medesimo DPR, tra cui sono menzionate anche, alla parte II, n. 21, le case di abitazione, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al TUR.
Nell’ipotesi (diversa da quella del caso di specie) in cui il soggetto cedente l’immobile non sia un soggetto cui si applica l’IVA (trattandosi ad es. di un privato e non di un costruttore), nel rispetto delle condizioni previste dalla menzionata nota II bis, trova applicazione l’imposta di registro nella misura agevolata del 2 per cento, in luogo del 9 per cento.
Inoltre, la Corte osserva che il quarto comma della richiamata nota II bis prevedeva la perdita dell’agevolazione, con obbligo del contribuente di versare le imposte non assolte nella misura ordinaria, nonché la relative sanzioni (anche) in caso di trasferimento dell’immobile acquistato prima del decorso del termine di cinque anni dalla data di acquisto, salvo che, entro un anno dall’alienazione, il contribuente avesse proceduto all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Per evitare al contribuente la decadenza dalle agevolazioni sono, dunque, previste, con riferimento all’acquisto del secondo immobile, condizioni più restrittive rispetto a quelle stabilite per la concessione delle agevolazioni medesime per l’acquisto del primo immobile.
In particolare, mentre il riconoscimento del beneficio è subordinato, tra le altre condizioni, al trasferimento della residenza del contribuente nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato, il mantenimento dello stesso in caso di alienazione dell’immobile acquistato è subordinato alla più restrittiva condizione dell’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, la cui ratio è quella di evitare che il riconoscimento dell’agevolazione possa assecondare eventuali intenti speculativi del contribuente.
Il parere della Corte
La Corte in questa occasione ribadisce che la condizione che il contribuente, entro un anno dal trasferimento del bene, prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto con i benefici, provveda “all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale” (art. 1, nota II bis, della parte prima della tariffa allegata al TUR) può essere soddisfatta anche dall’acquisto non dell’intero immobile, ma di una quota dello stesso, purché la quota sia significativa della concreta possibilità di disporre del bene per adibirlo a propria abitazione; pertanto, l’acquisto di una quota esigua di un immobile, non comportando il potere di disporne come abitazione propria ai sensi della disposizione richiamata, rende legittima la revoca dei benefici (in una fattispecie già esaminata dalla Corte, il contribuente aveva alienato il bene entro cinque anni e riacquistato una quota pari a quattro millesimi di altro immobile, da destinarsi a prima casa).
Nell’ipotesi in cui a fronte della cessione infraquinquennale non venga acquistato altro immobile da adibire ad abitazione principale, se si tratta, come nel caso in esame, di cessioni soggette ad IVA, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima.
Pertanto il legislatore ha previsto, in caso di decadenza dell’agevolazione fiscale, un recupero della maggiore imposta risultata dovuta (oltre sanzioni) solidalmente nei confronti di ognuno degli acquirenti in comunione pro indiviso dell’immobile acquistato con le agevolazioni e poi rivenduto entro un quinquennio senza riacquisto, entro l’anno, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
In particolare, in tema di benefici per l’acquisto della prima casa, la revoca dell’agevolazione in caso di rivendita infraquinquennale del bene immobile acquistato con tali benefici comporta la responsabilità solidale dell’obbligazione tributaria ai sensi dell’art. 57, comma 1, DPR n. 131 del 1986, a mente del quale “sono solidalmente obbligati al pagamento dell’ imposta le parti contraenti”, in capo ad entrambi gli acquirenti in comunione pro-indiviso dell’ immobile (che avevano fruito, in forza di tale acquisto, per intero dell’agevolazione in questione) senza provvedere al riacquisto entro un anno di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Il meccanismo della solidarietà passiva rafforza la posizione creditoria dell’amministrazione finanziaria venendo in soccorso anche per le ipotesi in cui uno dei soggetti obbligati sia insolvibile.
La Corte pertanto ritiene che tale meccanismo sia operante a prescindere dalla quota ideale detenuta da uno dei comproprietari e la sua valenza oggettiva assume particolare rilevanza proprio nel caso in esame, peculiare in ragione della esigua quota dell’1 per cento detenuta da uno dei comproprietari.
I giudici della Cassazione pertanto pervengono alla conclusione che in materia di benefici per l’acquisto della prima casa, in comunione e pro-indiviso da parte di più soggetti, la decadenza dell’agevolazione ai sensi dell’art. 1 nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito dell’ immobile acquistato con tali benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del suo acquisto, comporta in capo agli acquirenti la responsabilità solidale dell’obbligazione tributaria ai sensi dell’ art. 57, comma 1, del TUR, mentre la rilevanza delle quote ideali in capo ai comunisti riguarda soltanto il piano del rapporto interno.
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