Regolamento condominiale contrattuale, assembleare e codice civile

Carla Mele - Leggi e prassi

Il regolamento di condominio è obbligatorio? Se si, in quali casi? Analizziamo insieme in questa guida i principali riferimenti normativi su parti comuni, orari, rumori e altre situazioni che possono verificarsi.

Regolamento condominiale contrattuale, assembleare e codice civile

Chi vive in un condominio avrà sicuramente sentito parlare del regolamento condominiale: esso viene sancito tra i condòmini per autodisciplinare la gestione del condominio nelle sue parti comuni e porre diritti e doveri da rispettare.

L’articolo 1138 del Codice Civile dispone che, se un condominio presenta più di dieci condòmini, sorge l’obbligo di redigere e far approvare a maggioranza un regolamento condominiale. L’obbligo di stesura sorge quindi dalla presenza di undici condomini in poi.

Il regolamento condominiale di natura assembleare deve attenersi alle disposizioni e i limiti già indicati nel codice civile e tocca in genere quattro argomenti fondamentali: gestione delle parti comuni, ripartizione delle spese, il decoro architettonico e le scelte amministrative.

Esiste anche la possibilità di realizzare un regolamento contrattuale, redatto all’unanimità, la cui finalità è istituire vincoli stringenti da rispettare, come ad esempio l’uso e la destinazione dei singoli appartamenti, argomento che nel regolamento approvato a maggioranza non può essere trattato.

Vediamo nel dettaglio cos’è un regolamento condominiale e come è composto.

Il regolamento condominiale assembleare

L’articolo 1138 del codice civilesancisce le regole per la stesura del regolamento del condominio:

“Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.”

Nella seconda parte dell’articolo, viene illustrata la modalità di iniziativa, gestione e approvazione:

“Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente .... Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 ed allegato al registro indicato dal numero 7) dell’articolo 1130. Esso può essere impugnato a norma dell’articolo 1107.”

Quando parliamo di regolamento di condominio assembleare ci troviamo di fronte ad un regolamento approvato con i voti favorevoli degli intervenuti in assemblea condominiale, che rappresentino la maggioranza cioè almeno la metà del valore del valore dell’edificio, ovvero 500 millesimi.

Una volta approvato, il regolamento va allegato al registro dei verbali e delle assemblee; potrà comunque essere impugnato, secondo le regole ordinarie in materia di impugnazione delle delibere.

Il regolamento di condominio assembleare è abilitato ad intervenire su quattro temi fondamentali che sono le parti comuni, le spese, il decoro architettonico e l’amministrazione, nel rispetto però di quanto già disposto dal Codice Civile.

Riguardo alle parti comuni sono ammesse semplici precisazioni per le modalità e il concorso d’uso; di solito, i regolamenti stabiliscono ad esempio, gli orari per espletare alcune attività come il gioco dei bambini nel cortile o laddove presente, l’uso della piscina.

Non è consentito al regolamento assembleare limitare l’uso a taluni proprietari piuttosto che ad altri o in generale, statuire divieti assoluti per l’uso delle cose comuni.

Per quanto riguarda le spese condominiali, il codice civile disciplina ampiamente le modalità di riparto, esposte nell’articolo 1123, che i regolamenti assembleari devono obbligatoriamente rispettare.

In merito si segnala l’articolo di approfondimento Spese Condominiali: regole di riparto e normativa di riferimento.

Riguardo al decoro architettonico, che si sostanzia nell’estetica del fabbricato, considerando l’insieme delle sue linee architettoniche e strutture ornamentali, l’assemblea può decidere limitatamente a pochi aspetti, quali ad esempio la tinta degli infissi, il colore e la forma delle grate eccetera, perché da un punto di vista normativo, il decoro di un condominio è disciplinato dagli articoli 1117-ter, 1122, 1122-bis, e 1127 del Codice Civile.

L’amministrazione comune può trovare disciplina nel regolamento solo riguardo l’inizio della gestione e al tempo per la chiusura della stessa, ma non oltre.

Il regolamento assembleare non può contenere disposizioni che limitino il godimento degli appartamenti in quanto:

“le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, né derogare gli articoli inderogabili”.

Il regolamento condominiale contrattuale

Per poter incidere in maniera più decisa sui diritti e gli obblighi dei condòmini o anche intervenire su quanto disciplinato dalle c.d. norme derogabili, esiste uno strumento più efficiente del regolamento assembleare, che è il regolamento contrattuale.

Il regolamento contrattuale è redatto per iscritto, accettato o successivamente modificato con il consenso unanime di tutti i condòmini e quindi molto più vincolante rispetto a quello redatto a maggioranza.

Esso può spingersi a trattare materie e fare precisazioni non consentite nel regolamento assembleare: ad esempio si può decidere di esentare alcune categorie di condomini dalle spese, o per quanto riguarda il decoro architettonico, vietare l’installazione o imporre in ordine della stessa destinazione delle proprietà esclusive.

Il regolamento vincola in genere, che sia esso di natura assembleare o contrattuale, non solo gli inquilini in affitto ma anche gli usufruttuari e per i successivi acquirenti degli appartamenti.

Se un regolamento contrattuale, votato all’unanimità, contiene espressi limiti all’utilizzo degli appartamenti (ad esempio, limite sull’affitto, sull’esposizione di fioriere, sugli animali in casa etc.) per essere vincolante ed efficace verso terzi, (quindi anche verso i successivi acquirenti), dovrà essere portato a conoscenza di questi, prima del rogito.

Ciò può avvenire in due modi:

  • attraverso la trascrizione nei pubblici registri immobiliari;
  • allegandolo o richiamandolo nel rogito notarile di compravendita dell’appartamento.

In genere il regolamento contrattuale è quello predisposto dall’originario proprietario dello stabile cioè il costruttore e poi richiamato nei successivi atti di compravendita, accettato dagli acquirenti delle singole unità immobiliari.

Concludendo, possiamo dire che la principale differenza tra regolamento assembleare e contrattuale è, oltre all’espressione di voto di approvazione unanime, la presenza di clausole di limitazioni d’uso e destinazione della proprietà privata.

Ecco alcuni esempi di clausole limitative di un regolamento di natura contrattuale:

  • l’obbligo di destinare l’appartamento all’esclusivo uso civile (abitativo), e non anche professionale o commerciale: ad esempio divieto di aprire un B&B.
  • il divieto di destinare i locali ad un uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario all’igiene o al decoro dell’edificio;
  • il divieto di stendere i panni da finestre e balconi;
  • il divieto di trasformare o solai in abitazione;
  • il divieto di esporre fioriere o condizionatori d’aria;
  • il divieto di montare tende da sole di colore e struttura diversa da quella prevista per il decoro architettonico;
  • il divieto di detenere animali negli appartamenti.

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