Quoziente familiare: che cos’è e come funziona

Il quoziente familiare potrebbe sostituire il modello ISEE nei prossimi anni

Quoziente familiare: che cos'è e come funziona

Cos’è e come funziona il quoziente familiare? Un approfondimento sul tema sulle possibili applicazioni pratiche partendo delle ultime novità approvate sul binomio Fisco-famiglia.

L’assegno unico e universale, come noto, dal primo luglio 2021, ha sostituito gli assegni familiari, le detrazioni per i figli a carico, i bonus bebè e tutti gli altri sostegni economici.

Il progetto di un assegno unico universale dovrebbe essere comunque parte di una riforma strutturale ben più ampia, legata ad una riforma fiscale che metta al proprio centro il reddito familiare.

Addirittura il quoziente familiare potrebbe sostituire l’ISEE.

Secondo il viceministro dell’economia Maurizio Leo il modello ISEE ha molti limiti e proprio per questo dovrebbe essere sostituito dal “quoziente familiare che tiene conto del reddito del nucleo come sommatoria di tutti i redditi applicando poi al denominatore dei coefficienti in base alla numerosità della famiglia. È un tema sul quale si potrà lavorare nella delega

Quoziente familiare, che cos’è?

In tal senso, il primo esempio a cui fare riferimento è quello del quoziente familiare, in cui le aliquote d’imposta si basano sul reddito familiare diviso per il numero di componenti, corretti per una scala di equivalenza.

In questo modo ci si avvicinerebbe ad una maggiore equità orizzontale e la dichiarazione dei redditi potrebbe bilanciare anche la regressività delle imposte indirette sui consumi dei redditi familiari più bassi.

L’ISEE, del resto, potrebbe anche fungere, in una prima fase, da base di partenza per tale riforma, considerando questo strumento già il reddito complessivo del nucleo familiare, più il 20 per cento del patrimonio mobiliare e immobiliare, diviso per una scala di equivalenza, laddove il primo membro “pesa” 1, il secondo 0,57, il terzo (che corrisponde al primo figlio) 0,47, il quarto (che corrisponde al secondo figlio) 0,42, con poi maggiorazioni per il terzo figlio e per problemi di disabilità.

L’ISEE dovrebbe essere comunque uno strumento di politica assistenziale e non di politica familiare, dato che la famiglia deve essere sostenuta indipendentemente dal reddito (seppur con correttivi a seconda del reddito).

Per questo motivo, come detto, l’assegno unico dovrebbe legarsi ad una riforma complessiva della fiscalità della famiglia, che introduca anche il quoziente familiare, passando dalla tassazione su base individuale a quello della tassazione per parti.

Quoziente familiare e sistema di tassazione per parti

Il sistema della tassazione per parti risponde infatti al principio secondo cui – a parità di reddito e di composizione familiare – a ciascun componente della famiglia deve essere garantito lo stesso ammontare di risorse, prima e dopo le imposte.

Le modalità per attuare tale modello sono di due tipi:

  • lo splitting del reddito, per effetto del quale i redditi complessivi dei coniugi sono divisi per due e si applica al reddito complessivo l’aliquota corrispondente alla metà del reddito;
  • E, appunto, il quoziente familiare, in base al quale il complesso del reddito familiare è tassato per quote, dividendo lo stesso reddito per un quoziente determinato in funzione del numero e delle caratteristiche dei componenti del nucleo.

Una tale soluzione è peraltro già ampiamente utilizzata anche in sede comunitaria.

Il quoziente familiare è, infatti, ad esempio, la regola in Francia, laddove l’aliquota da applicare e l’imposta dovuta si calcolano per una “parte” di reddito , individuata dividendo il reddito complessivo familiare per un quoziente, che si ottiene attribuendo a ciascun individuo un coefficiente.

L’imposta complessivamente dovuta dal nucleo si ottiene poi dalla moltiplicazione dell’imposta calcolata su ciascuna “parte” per il quoziente.

Lo splitting fra coniugi (restando in Europa) è invece obbligatorio in Portogallo, mentre è opzionale in Germania e Irlanda.

In conclusione, l’assegno unico, modalità di intervento “parafiscale”, ha indubbi pregi, anche solo di semplificazione del sistema.

Ma una più ampia riflessione fiscale (che intervenga sulla base imponibile sottoposta a tassazione), potrebbe fungere da moltiplicatore dei suoi benefici effetti.

E le due misure, congiuntamente, potrebbero fungere anche da “bazooka” contro la denatalità .

L’obiettivo di qualsiasi Governo, del resto, è (rectius: dovrebbe essere) dare sostegno alle famiglie.

E questo può avvenire anche tramite una riduzione delle tasse.

Quoziente familiare e possibili applicazioni

Una ricerca Eurispes ha dimostrato ad esempio, a tal proposito, che introdurre in Italia il quoziente familiare secondo il modello francese comporterebbe un risparmio medio annuo di imposta di circa 800 euro per famiglia; valori che vanno ad aumentare al crescere del reddito e del numero dei componenti delle famiglie.

Il costo di tale operazione ammonterebbe a circa 3 miliardi di euro, laddove, comunque, alla perdita “diretta” di gettito, corrisponderebbe però un incremento dei consumi familiari, con quindi conseguente maggior gettito fiscale generale.

In definitiva, il quoziente familiare - a differenza di quanto avviene oggi in Italia, dove la tassazione ha una base individuale, che, a parità di reddito, penalizza le famiglie monoreddito e quelle con figli a carico (cosa peraltro criticata, nella sua non equità, anche in alcune sentenze della Corte Costituzionale) - comporterebbe l’applicazione dell’imposta sul reddito all’insieme dei redditi dei membri della “famiglia fiscale”, composta dal contribuente, dal coniuge, dai suoi figli minorenni e dalle persone invalide conviventi.

L’applicazione concreta del quoziente familiare, ricalcando ad esempio quanto già avviene nel già citato modello francese, dovrebbe dunque passare attraverso le seguenti operazioni:

  1. determinazione delle quote che spettano a ciascun contribuente: lo sposato, il celibe o divorziato ed il vedovo (per ogni tipologia di contribuente occorrerebbe poi considerare le persone che sono a suo carico);
  2. divisione del reddito complessivo per il numero di quote;
  3. calcolo dell’imposta dovuta sul quoziente familiare;
  4. moltiplicazione dell’imposta dovuta per ogni quota per il numero delle quote stesse.

Il risultato corrisponderebbe così all’imposta lorda dovuta.

Facendo un esempio concreto: una coppia sposata con due figli a carico potrebbe avere così diritto a tre quote (1 quota per ciascun coniuge + mezza quota per ciascun figlio).

In sostanza, quindi, a parità di reddito familiare, l’imposta dovrebbe decrescere all’aumentare dei componenti e questo può essere ottenuto riducendo la progressività dell’imposizione al crescere dei componenti la famiglia.

Le aliquote progressive non vengono infatti applicate sul reddito familiare, ma sul reddito medio pro-capite (per definizione inferiore).

Il rischio che, indebolendo l’imposizione progressiva, si concedano benefici crescenti ai redditi più alti potrebbe poi essere eliminato, come avviene già in altri Paesi, introducendo un plafond, cioè un tetto massimo al beneficio ottenibile.

E sarebbe invece possibile aumentare il vantaggio per i redditi più bassi, prevedendo una no-tax area e una riduzione delle aliquote applicabili agli scaglioni più bassi.

Insomma, una scelta strategica ed equa di utilizzo della leva fiscale per il futuro delle prossime generazioni.

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