Profili fiscali del mondo del calcio

Fisco e calcio rappresentano un binomio molto complesso: un approfondimento sul tema con un'analisi del rapporto che lega l'ordinamento sportivo e quello generale

Profili fiscali del mondo del calcio

Il mondo del calcio, come dimostrano anche recenti avvenimenti di cronaca, presenta una complessità giuridica e fiscale a volte sottovalutata.

Uno dei problemi principali è senz’altro relativo al rapporto procuratori/calciatori/società.

I procuratori possono infatti prestare la loro attività a favore del club oppure del calciatore.

Tuttavia, l’attività degli agenti è in realtà diretta a convincere entrambe le parti della trattativa, con la prassi che le società si accollano poi tutte le spese dell’intermediazione.

Fisco e calcio: un binomio complesso

Con la Legge di Stabilità 2014, peraltro, per porre rimedio a tale problematica, era stato stabilito un prelievo “automatico”, sancendo che il 15 per cento dei compensi versati dai club agli agenti dei calciatori rappresentasse comunque una parte dello stipendio di questi ultimi e consentendo quindi alle società di continuare a dedurre l’85 per cento.

Il testo di cui all’art. 51, comma 4 bis del TUIR disponeva quindi che: “Ai fini della determinazione dei valori di cui al comma 1, per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell’attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell’ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15 per cento, al netto delle somme versate dall’atleta professionista ai propri agenti per l’attività di assistenza nelle medesime trattative”.

Tale comma è stato però poi stato abrogato dall’art. 1, comma 8, L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 11337 del 07 aprile 2022, ha peraltro recentemente chiarito che, premesso che l’omessa dichiarazione del reddito, nel caso di specie dei fringe benefit, è sanzionata dall’art. 1 del Dlgs. n. 471 del 1997, le argomentazioni per le quali il giudice d’appello sembrava voler escludere la sanzionabilità della condotta omissiva del contribuente, riferite alla possibile ignoranza, da parte del calciatore, dell’importo corrisposto dalla società al suo procuratore, non tenevano conto che la natura e l’inquadramento del rapporto giuridico d’imposta andava ricondotta alla natura retributiva dei fringe benefit (ai sensi dell’art. 51 del Dpr. 22 dicembre 1986, n. 917).

Al di là degli obblighi del sostituto d’imposta, pertanto, il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria restava sempre il lavoratore e ciò era sufficiente a riconoscere che questi era comunque tenuto a riportare quel reddito nella propria dichiarazione annuale.

Né poteva semplicisticamente affermarsi che il dipendente-percettore del fringe benefit non fosse a conoscenza del vantaggio economico, di cui era pur stato beneficiato, per il solo fatto che, estraneo all’accordo tra società-datrice di lavoro e la società che aveva curato gli interessi del calciatore-dipendente (quale suo procuratore), avrebbe potuto non conoscere l’importo corrisposto dalla società al procuratore.

Anche perchè, in ogni caso, dell’omessa dichiarazione del reddito da parte del soggetto passivo d’imposta ne risponde solo quest’ultimo, anche solo per colpa.

Per comprendere bene le fattispecie passibili di contestazioni fiscali, occorre dunque analizzare il rapporto tra Ordinamento sportivo ed Ordinamento generale relativo alla disciplina dell’attività negoziale dei privati.

I rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello generale sono stati con chiarezza definiti dalla Corte di Cassazione nel modo seguente:

  • a) per la coincidenza tra la funzione amministrativa dell’ordinamento sportivo e la funzione amministrativa dell’ordinamento giuridico statale nel settore sportivo, quest’ultimo non si limita a riconoscere l’ordinamento giuridico sportivo, ma gli attribuisce anche la sua funzione amministrativa nella materia sportiva;
  • b) l’ordinamento giuridico sportivo, quale ente pubblico distinto dallo Stato, è utilizzato dall’ordinamento giuridico statale per l’esercizio in via indiretta della funzione amministrativa nel settore sportivo sì che l’efficacia degli atti amministrativi e della normativa regolamentare si estende nell’ambito dell’ordinamento giuridico statale… (Sentenza 11 febbraio 1978, n. 625).

Con la sentenza del 28 luglio 1981, n. 4845, la Suprema Corte, muovendo dai principi espressi nella motivazione precedentemente citata, ha poi affermato che in un ordinamento interno particolare quale quello sportivo “il potere di dettare regole per la futura conclusione di contratti nel proprio ambito è assimilabile al concetto dell’atto normativo. Il relativo potere trae, invero, il suo fondamento giuridico non già in una delegazione di poteri (normativi) da parte dello Stato, ma nella stessa potestà - originaria e indipendente dall’autorità dello Stato - di ogni nucleo sociale di darsi una serie più o meno complessa di regole che servano a determinare il contenuto degli eventuali futuri contratti …”.

Ai fini di un efficace controllo su tali tipi di fattispecie occorre pertanto sempre acquisire le relative pattuizioni contrattuali.

Fisco e calcio: gli effetti del rapporto tra ordinamento sportivo e generale

Dopo aver appurato l’effettiva stipula del contratto di mandato con le modalità previste dal Regolamento, al fine di confermare, ad esempio, il quadro probatorio in ordine alla effettiva deducibilità del costo sostenuto dalla società (come fringe benefit del calciatore), si potrà comunque eventualmente anche passare a raccogliere altri elementi, idonei magari ad attestare, al di là dell’aspetto formale, che il pagamento della società sia avvenuto in luogo di quello dovuto dal calciatore.

Neppure dunque la riscontrata inerenza sulla base delle regole dell’Ordinamento sportivo, laddove dimostrata mediante la produzione della stipula del contratto, sarebbe sufficiente alla deducibilità del costo, dovendo essere poi comunque anche dimostrato l’effettivo pagamento da parte della società di quello che, per sua natura, non è un costo di sua pertinenza (ma, semmai, di pertinenza del calciatore).

È quindi ormai confermata, sia in sede normativa che giurisprudenziale, l’esistenza di una circolarità e corrispondenza tra legge statale e norme federali.

Queste ultime, in particolare, assumono il ruolo di vere e proprie condizioni di ammissibilità ai fini della piena valorizzazione degli accordi (e dei loro effetti) nell’ordinamento giuridico statale.

Un altro aspetto fiscale rilevante riguarda poi la cessione di un calciatore fra società sportive, laddove oggetto del contratto è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva per la durata del contratto stesso e tale diritto deve essere considerato un bene immateriale strumentale, generando quindi una plusvalenza o minusvalenza e rientrando il trasferimento del calciatore nella gestione ordinaria “accessoria” della società sportiva.

Tale tesi è stata del resto ritenuta corretta dal Consiglio di Stato nel 2012, con parere di cui anche la Corte di Cassazione ha riconosciuto la validità (cfr., Cass., Ordinanza n. 2144 del 25/01/2019).

La cessione del contratto realizza infatti, secondo tale impostazione, una immobilizzazione, in quanto non esaurisce la propria utilità in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi, essendo quindi assimilabile ai beni immateriali, e ammortizzabile ai sensi dell’art. 68 Dpr 917/1986.

Pertanto, il compenso derivante dalla cessione del bene immateriale strumentale genera plusvalenza o minusvalenza; e nel conto economico di cui all’art. 2425 c.c. le plusvalenze vanno, quindi, indicate alla voce A n. 5 “altri ricavi e proventi”, non come proventi straordinari di cui alla voce del conto economico E 20.

Ancora, il 21 aprile scorso è stata infine emessa la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 1604/2022, che ha stabilito la indeducibilità delle minusvalenze da cessioni gratuite dei diritti sui calciatori, essendo invece fiscalmente rilevanti le quote di ammortamento sui contratti di compartecipazione.

In conclusione, i profili fiscali relativi al mondo del calcio sono vari e complessi e richiederebbero senz’altro un intervento normativo che ne chiarisse definitivamente, e in maniera coordinata e sistematica, la corretta applicazione.

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