Naspi: sì dell’INPS alla disoccupazione anche dopo licenziamenti sospesi

Tommaso Gavi - Leggi e prassi

Naspi, nonostante la sospensione dei licenziamenti prevista dal del decreto Cura Italia e dal DL Rilancio può essere presentata la domanda di disoccupazione. Lo rende noto il messaggio INPS numero 2261 del 1° giugno 2020, che specifica che le somme devono essere restituite se il lavoratore viene reintegrato sul posto di lavoro.

Naspi: sì dell'INPS alla disoccupazione anche dopo licenziamenti sospesi

Naspi, l’indennità di disoccupazione può essere richiesta anche dopo un licenziamento successivo al 17 marzo 2020.

Lo rende noto il messaggio INPS 2261 del 1° giugno 2020 che specifica che si può fare domanda, nonostante il divieto dell’articolo 46 del decreto Cura Italia, ampliato dal decreto Rilancio.

Tuttavia le somme saranno richieste indietro nel caso in cui il lavoratore dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro.

L’Istituto riporta il parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Naspi: sì dell’INPS alla disoccupazione anche dopo licenziamenti sospesi

Sulla Naspi arriva il “sì” dell’INPS per le richieste di disoccupazione nonostante sia espressamente previsto un divieto per i licenziamenti nei 5 mesi successivi al 17 marzo 2020.

Lo spiega il messaggio INPS 2261 del 1° giugno 2020 che riporta il parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e specifica come comportarsi nei casi di reintegro del lavoratore nel posto di lavoro.

INPS - Messaggio numero 2261 del 1° giugno 2020
Articolo 46 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo. Tutela NASpI.

In apertura il messaggio riporta quanto previsto nell’articolo 46 del decreto Cura Italia.

Tale disposizione stabilisce che, a decorrere dalla data del 17 marzo 2020, l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è precluso per cinque mesi e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.

Il periodo di 5 mesi è frutto dell’ampliamento dell’articolo 80 del decreto Rilancio, che ha inoltre aggiunto il comma 1-bis all’articolo 46 del decreto Cura Italia:

“Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.”

Nonostante l’espresso divieto alla possibilità di richiedere l’indennità di disoccupazione, l’INPS ha richiesto il parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che si esprime come segue:

“non rileva dunque, a tal fine, il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato da datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto - atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore.”

I lavoratori licenziati, quindi, possono fare richiesta di Naspi, ma l’INPS sottolinea che, nel caso in cui il lavoratore venga reintegrato sul posto di lavoro, le somme percepite dovranno essere restituite.

Nel caso di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, con successivo reintegro, il lavoratore è tenuto a comunicare all’INPS, attraverso il modello NASpI-Com, l’esito del contenzioso per la restituzione di quanto erogato e non dovuto per effetto del licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.

Lo stesso vale nel caso in cui il datore di lavoro revochi il recesso (il licenziamento per giustificato motivo oggettivo), chiedendo per il lavoratore riassunto il trattamento di cassa integrazione salariale, a partire dalla data di efficacia del precedente licenziamento.

Anche in questa ipotesi le somme devono essere restituite.

Naspi: no a colf e badanti e per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa

Nel messaggio INPS numero 2261, l’Istituto sottolinea di aver richiesto chiarimenti sulla Naspi al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali anche per le colf e le badanti.

Sui rapporti di lavoro domestico il Ministero fornisce parere negativo, spiegando che le disposizioni del decreto Cura Italia non trovano applicazione dal momento che il regime di libera recedibilità è soggetto ad una peculiare disciplina.

Il “no” arriva anche per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

In questo caso la motivazione dell’esclusione si basa sul fatto che l’ambito di applicazione della disposizione è limitato ai soli rapporti di lavoro subordinato.

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