
La direttiva UE 2023/970, approvata al Parlamento e dal Consiglio europeo dopo un lungo percorso di analisi del gender pay gap tra gli Stati membri, nasce per rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione.
Nei singoli paesi le regole dovranno essere adottate entro giugno 2026: l’obiettivo è quello di ridurre il divario retributivo di genere che in media è pari al 12 per cento (Eurostat 2023).
Le novità previste dall’UE interessano tutti i datori di lavoro, sia del settore privato che pubblico, e tutte le forme contrattuali, a partire da prima dell’assunzione con obblighi che possono essere calibrati in base alla dimensione aziendale.
La strada da seguire passa per l’accessibilità delle informazioni su diversi aspetti del rapporto di lavoro:
- i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, che devono essere “oggettivi e neutri sotto il profilo del genere”, come impone il testo della direttiva UE;
- i livelli retributivi;
- la progressione economica dei lavoratori.
Più nel dettaglio, la direttiva 2023/970 che dovrà trovare spazio nella normativa italiana e in quella degli altri Stati membri regola, tra gli altri, i seguenti aspetti:
- trasparenza retributiva prima dell’assunzione;
- trasparenza della determinazione delle retribuzioni e dei criteri per la progressione economica;
- diritto di informazione e accessibilità dei dati sul livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore;
- comunicazioni periodiche, con cadenza variabile in base alla dimensione aziendale, di informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile;
- valutazione congiunta delle retribuzioni con il coinvolgimento dei rappresentanti di lavoratrici e lavoratori in caso di immotivata differenza degli stipendi riconosciuti in busta paga a uomini e donne superiore al 5 per cento;
- tutela dei diritti, anche quando il rapporto di lavoro è ormai terminato;
- diritto al risarcimento: “gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi lavoratore che abbia subito un danno a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione abbia il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento o la piena riparazione, come stabilito dallo Stato membro, per tale danno”;
- inversione dell’onere della prova: spetta al datore di lavoro provare l’insussistenza della discriminazione retributiva diretta o indiretta segnalata e documentata da lavoratrici e lavoratori;
- sanzioni che devono essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”.