Imposta patrimoniale globale contro le disuguaglianze? Le richieste dei super ricchi e l’importanza delle scelte fiscali

Rosy D’Elia - Imposte

260 super ricchi del mondo, tra cui anche degli italiani, chiedono di essere tassati: nel Fisco ideale del futuro si fa largo l'idea di un'imposta patrimoniale globale contro le disuguaglianze. La richiesta in una lettera inviata al World Economic Forum, in corso a Davos, accende i riflettori sul ruolo cruciale delle scelte fiscali

Imposta patrimoniale globale contro le disuguaglianze? Le richieste dei super ricchi e l'importanza delle scelte fiscali

La lettera che i 260 super ricchi da 17 paesi, tra cui anche l’Italia, hanno inviato ai leader presenti al World Economic Forum in corso a Davos dal 15 al 19 gennaio, per essere tassati accende i riflettori su un punto: l’importanza delle scelte fiscali per le dinamiche non solo economiche ma soprattutto sociali.

Tassate le ricchezze estreme per intervenire sulle diseguaglianze economiche e sociali: è questa la richiesta che arriva tramite la campagna “Proud to pay more” e che sembra fare spazio a un’imposta patrimoniale globale nel Fisco ideale del futuro.

Al di là dell’applicazione concreta e delle valutazioni sulle eventuali effettive conseguenze di una maggiore tassazione, la voce dei milionari richiama l’attenzione sulle potenzialità del Fisco.

L’ipotesi di una imposta patrimoniale globale contro le disuguaglianze: la lettera dei super ricchi che chiedono di essere tassati

“Siamo sorpresi che non abbiate risposto a una semplice domanda che ci poniamo da tre anni: quando tasserete le ricchezze estreme? Se i rappresentanti eletti delle principali economie mondiali non adottano misure per affrontare il drammatico aumento della disuguaglianza economica, le conseguenze continueranno ad essere catastrofiche per la società.”

Comincia così, con un invito diretto all’azione, la lettera dei super ricchi. A firmarla anche tre italiani: Martino Cortese, nipote del fondatore di Amplifon e co-founder di Citybility, e i nobili siciliani Guglielmo e Giorgiana Notarbartolo di Villarosa.

“La nostra spinta verso tasse più giuste non è radicale. Si tratta piuttosto di una richiesta di ritorno alla normalità basata su una valutazione ponderata delle attuali condizioni economiche. Siamo le persone che investono in startup, modellano i mercati azionari, fanno crescere le imprese e promuovono una crescita economica sostenibile. Siamo anche le persone che beneficiano maggiormente dello status quo. Ma la disuguaglianza ha raggiunto un punto critico e il suo costo per la nostra stabilità economica, sociale ed ecologica è grave e cresce ogni giorno. In breve, abbiamo bisogno di agire adesso.

La nostra richiesta è semplice: vi chiediamo di tassare noi, i più ricchi della società. Ciò non modificherà radicalmente il nostro tenore di vita, né priverà i nostri figli, né danneggerà la crescita economica delle nostre nazioni. Ma trasformerà la ricchezza privata estrema e improduttiva in un investimento per il nostro futuro democratico comune.

La soluzione a questo non può essere trovata in donazioni una tantum o nella filantropia; l’azione individuale non può correggere l’attuale colossale squilibrio.

(...)

Il valore di sistemi fiscali più equi dovrebbe essere evidente. Sappiamo tutti che l’economia “a cascata” non si è tradotta in realtà. Invece ci ha dato salari stagnanti, infrastrutture fatiscenti, servizi pubblici inadeguati e ha destabilizzato l’istituzione stessa della democrazia. Ha creato un sistema economico vergognoso, incapace di garantire un futuro più luminoso e sostenibile. Queste sfide non potranno che peggiorare se non si riesce ad affrontare l’estrema disuguaglianza in termini di ricchezza.

La vera misura di una società può essere trovata non solo nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili, ma in ciò che chiede ai suoi membri più ricchi. Il nostro futuro è caratterizzato dall’orgoglio fiscale o dalla vergogna economica. Questa è la scelta”.

I 260 milionari dal mondo immaginano anche quali potrebbero essere gli effetti positivi di un intervento globale, e locale, sul Fisco, che li renderebbero proud/orgogliosi:

  • affrontare la disuguaglianza estrema;
  • ridurre il costo della vita dei lavoratori;
  • migliorare l’educazione per la prossima generazione;
  • sistemi sanitari resilienti e infrastrutture migliori;
  • favorire la transizione verde.

La lettera è accompagnata, inoltre, da un report che evidenzia i dati di un sondaggio condotto su 2.300 persone titolari di patrimoni investibili (senza considerare le abitazioni).

Il 75 per cento degli intervistati e delle intervistate si è mostrato favorevole all’introduzione di una imposta patrimoniale pari al 2 per cento che potrebbe agire, quindi, sul “complesso dei beni, mobili o immobili, che una persona possiede”, volendo far riferimento alla sintesi del concetto di “patrimonio” fornito dall’enciclopedia Treccani.it.

Un’imposta patrimoniale globale, ma più in generale la leva fiscale, sembra essere in quest’ottica la panacea di molti mali del mondo contemporaneo.

L’idea di una imposta patrimoniale globale contro le disuguaglianze e l’importanza delle scelte fiscali

Sappiamo bene che dalla teoria alla pratica le soluzioni non sono così semplici e non solo per l’immobilismo politico a cui fanno riferimento i milionari. La campagna, però, ha senza dubbio il merito di accendere i riflettori su un punto fondamentale: la capacità delle scelte fiscali di orientare dinamiche economiche e sociali in maniera sensibile.

Un tema caldissimo a livello nazionale, se si considerano i lavori in corso per l’attuazione della riforma fiscale: il nuovo assetto di imposte, tasse e amministrazione che si va costruendo orienta il futuro dei cittadini e delle cittadine, delle imprese, del Paese tutto.

In termini diversi, su scala nazionale, più volte tramite queste pagine abbiamo richiamato l’attenzione sull’importanza della leva fiscale per agire sulla società.

È il caso della necessità di incrementare l’occupazione femminile, ancora ferma al 52,9 per cento, e della possibilità di utilizzare la gender tax, una tassazione più favorevole sul lavoro femminile, che per superare le criticità sulle disparità di trattamento tra uomini e donne potrebbe essere tradotta in una tassazione più favorevole sul secondo coniuge che entra nel mondo del lavoro.

E ancora, anche per combattere la denatalità si fa largo l’ipotesi di percorrere la via fiscale da bilanciare anche con i principi di parità e di capacità contributiva.

Il Fisco può essere lo strumento per “dare una spinta più o meno gentile” per dare concretezza a quei “principi che sono importantissimi ma che non vengono spontaneamente realizzati nella società”, per citare le parole di Elsa Fornero professoressa di Economia all’Università degli Studi di Torino intervistata su gender tax e parità di genere.

E sono proprio le potenzialità della leva fiscale che impongono un’attenta riflessione, locale e globale, sulla loro messa in atto.

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