Obbligo di motivazione sul calcolo degli interessi esposti in cartella

Nella cartella devono essere indicati: l'importo richiesto, la base normativa in relazione agli interessi richiesti e la decorrenza degli accessori. L'assenza comporta l'illegittimità dell'atto. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza 10493/2024

Obbligo di motivazione sul calcolo degli interessi esposti in cartella

Nell’ipotesi in cui la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione la stessa deve indicare l’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati nonché la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti.

L’assenza di tali elementi comporta l’illegittimità dell’atto perché non consente di comprendere, neppure implicitamente, tipologia, natura e decorrenza degli interessi richiesti al contribuente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 10493 del 18 aprile 2024.

Obbligo di motivazione sul calcolo degli interessi esposti in cartella

La controversia riguarda l’impugnazione da parte di una società di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, recante l’iscrizione a ruolo di Iva e relativi interessi.

La contribuente ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione lamentando violazione degli artt. 7 e 17 della Legge 27 luglio 2000 n. 212, per aver la CTR erroneamente ritenuto legittima la cartella di pagamento impugnata benché la stessa, quale primo atto impositivo notificato al contribuente, fosse priva di motivazione in relazione alla modalità di calcolo degli interessi dovuti.

I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il motivo proposto dalla ricorrente e, decidendo nel merito, hanno parzialmente accolto l’originario ricorso, annullando la cartella di pagamento impugnata limitatamente alle somme richieste a titolo di interessi.

Nella sentenza in commento i giudici di legittimità hanno richiamato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata - con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati - attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990.

Diversamente, come accade nel caso di specie, se la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione la stessa deve indicare tutti i seguenti elementi:

  • l’importo monetario richiesto,
  • la base normativa relativa agli interessi reclamati, che può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono,
  • la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo.

Nel caso di specie, trattandosi di atto cd. “impoesattivo” (cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato) e tenuto conto della generica dizione “interessi” contenuta in cartella, l’affermazione, contenuta nella sentenza della CTR, per cui “il criterio di calcolo è fissato dalla legge” non risponde al minimo motivazionale richiesto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, non consentendo di comprendere, neppure implicitamente, tipologia, natura e decorrenza degli interessi richiesti alla società contribuente.

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