Indagini finanziarie: la “vincita all’enalotto dell’amico” non è una giustificazione...

Gianfranco Antico - Dichiarazioni e adempimenti

Non è sufficiente che il contribuente adduca la vincita al lotto per giustificare i propri movimenti bancari, infatti la prova liberatoria deve essere specifica. La Corte di Cassazione si è espressa sul tema

Indagini finanziarie: la “vincita all'enalotto dell'amico” non è una giustificazione...

Lo studio della giurisprudenza tributaria a volte regala casi davvero curiosi, come quello che vi racconteremo oggi.

Alla Corte di Cassazione, infatti, è arrivato il caso di un contribuente che - essendosi visto contestare alcuni movimenti bancari non giustificati in entrata - ha addotto come giustificazione il fatto che queste entrate arrivassero da una vincita al lotto, anzi no... ad una vincita al Superenalotto di un amico...

Nel caso specifico - Ordinanza n. 1020/2024 - ai giudici non convince la tesi del contribuente che intende giustificare dei versamenti rinvenuti nei suoi conti, inizialmente spiegati come vincita all’Enalotto, e poi come il dono di un amico che sua volta avrebbe vinto all’Enalotto.

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La vincita all’Enalotto: il fatto

Un contribuente, esercente la professione di dottore commercialista, riceveva la notifica di due avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2007 e 2008, fondati sul controllo effettuato su quattro conti correnti accesi presso altrettanti istituti di credito, sui quali risultavano movimentazioni di importo totale incompatibile con le cifre dichiarate nelle due annualità oggetto di verifica fiscale ossia 67.027 euro per l’anno 2007 ed 123.583 euro per il 2008.

Avverso gli avvisi di accertamento, il contribuente proponeva distinti ricorsi, che la CTP, previa riunione, accoglieva, statuendo esclusivamente in relazione alla ricorrenza dei presupposti per l’IRAP.

Contro la sentenza proponeva appello l’Ufficio dinanzi la CTR, che rigettava il gravame confermando la pronuncia di prime cure.

Da qui il ricorso erariale in cassazione.

Il pensiero degli Ermellini

Per la Corte, i motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, afferendo tutti alla prova del contribuente rispetto alle movimentazioni bancarie contestate, sono fondati.

Costituisce principio giurisprudenziale pacifico e reiterato quello secondo cui in tema di accertamenti bancari:

“gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112).”

Ancora (Cass. 05/05/2017, n. 11102):

“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative.”

In dettaglio, secondo questa giurisprudenza di legittimità, in materia di accertamenti bancari:

“all’onere probatorio gravante sul contribuente che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’Erario, che, avendo fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729, cod. civ., per le presunzioni semplici, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica (sul punto, vedi Cass. 26111 del 2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014), corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.”

Nella fattispecie in esame, fermo rimanendo che rimangono in contestazione solo i versamenti, la CTR ha fatto mal governo dei superiori principi, laddove ha dato rilievo unicamente alla produzione, da parte del contribuente, di una dichiarazione attestante un prestito per 40.000 euro da restituire a rate, di una nota della banca, “che attesterebbe che la somma di 240.000 euro, inizialmente giustificata come vincita enalotto, sarebbe invece il dono di un amico che a sua volta aveva vinto all’enalotto”.

La CTR non ha, quindi, riscontrato nulla circa le movimentazioni compiute nel 2007 e nel 2008 sul conto acceso presso la banca in questione e su quelle che risultano dall’avviso di accertamento per il 2007 e il 2008.

Nella sentenza impugnata:

“la motivazione si profila apodittica e non chiarisce perché gli elementi esaminati costituiscono valide giustificazioni delle operazioni contestate e, comunque la C.t.r. oblitera del tutto la valutazione di un’ulteriore serie di operazioni… che rimangono assolutamente ignorate.”

Le indagini finanziarie: la giurisprudenza

In presenza dei requisiti prescritti dall’art. 32, D.P.R. n. 600/1973 l’Amministrazione finanziaria è facoltizzata a desumere dalle notizie, dati ed elementi acquisiti tramite le indagini effettuate su conti correnti, rapporti e depositi intrattenuti presso istituti di credito i fatti sui quali fondare, giusta la presunzione iuris tantum legale, la ricostruzione del reddito imponibile.

Tale presunzione trae origine dalla rilevante probabilità che le rimesse ed i movimenti che interessano i conti e rapporti siano riferibili al titolare senza necessità di analizzare le singole operazioni e ponendo a carico del contribuente l’onere di dimostrarne l’estraneità in rapporto al reddito dichiarato o l’irrilevanza fiscale.

In sede giurisprudenziale, con la sentenza n. 1560/2015 (ud 26 novembre 2014), la Corte di Cassazione ha confermato che:

“a fronte di detta presunzione legale il contribuente è onerato di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. 22502/2011).”

Prosegue la Corte affermando che:

“la presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili si correla, infatti, ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilità che il contribuente si avvalga del conto corrente bancario per effettuare rimesse e prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attività d’impresa, onde alla presunzione di legge (relativa) non può contrapporsi una mera affermazione di carattere generale, nè è possibile ricorrere all’equità (Cass. 13035/12).”

Le vincite al Lotto

Sul punto specifico delle presunte vincite al Lotto, richiamiamo la sentenza n. 2752/2009 (ud. del 28 ottobre 2008), dove la Corte di Cassazione ha bacchettato la CTR, che non ha esplicitato quali siano i concreti elementi dai quali ha desunto il suo convincimento che “le somme, depositate, dal contribuente sui conti bancari e sui libretti di risparmio, hanno la loro origine in vincite conseguenti a giocate effettuate presso ricevitorie di Genova”.

La peculiarità della giustificazione (vincite al lotto) addotta dal contribuente, peraltro, tenuto conto della natura per così dire al portatore dello “scontrino” di giocata:

“richiede, in via logica, la considerazione e, in via motivazionale, la conseguente esplicitazione delle conferenti ragioni, di un accertamento puntuale e specifico circa la identificazione, per ognuna delle concrete giocate indicate dall’A., di questi con il presentatore dell’afferente scontrino e, di poi, (solo) all’esito favorevole di tale riscontro, la effettiva riconducibilità di ogni incasso delle vincite proprie del contribuente ai versamenti bancari contestati.”

La stessa Commissione Tributaria Regionale, inoltre, non spiega mai se e perché le vincite dedotte dal contribuente siano idonee a infirmare la presunzione legale anche per la differenza tra l’ammontare delle movimentazioni bancarie considerate dall’Ufficio ed il minore delle vincite stesse addotte dal contribuente.

Le evidenziate carenze, quindi, hanno imposto alla Corte di cassare la sentenza impugnata perché l’“origine” delle “somme depositate dal contribuente sui conti correnti e sui libretti di risparmio... in vincite conseguenti a giocate effettuate presso ricevitorie di Genova”, dalla stessa affermata:

“si rivela del tutto apodittica in quanto non risultano neppure enunciati i concreti elementi fattuali considerati e che hanno determinato il convincimento del superamento della presunzione (iuris tantum) detta circa la natura reddituale delle somme in questione, e perché, comunque, non spiega le ragioni per le quali le eventuali vincite accertate dell’A. (nella misura da questi effettivamente trasfuse nei conti esaminati) siano idonee a giustificare tutta la movimentazione bancaria posta dall’Ufficio a fondamento dell’avviso di accertamento si da determinare il totale annullamento di quest’atto.”

La stessa Cassazione, ordinanza n. 18245/2022, sempre in tema di accertamenti bancari, ha ritenuto che la CTR non abbia fatto corretta applicazione di questi principi:

“perché a fronte delle risultanze degli accertamenti bancari, e della circostanza che il reddito del contribuente era certificato, trattandosi di un dipendente dello Stato, ha ritenuto sufficiente la plausibilità delle giustificazioni date dal P., non sostenute da prova delle vincite, ma solo degli accessi alle case da gioco.”

In conclusione, la prova liberatoria, che consente di superare la presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui le movimentazioni dei conti correnti bancari legittimano l’accertamento del redditi, non può essere meramente generica (ho vinto la lotteria) ma deve essere specifica, individuando il passaggio del denaro (in questo caso dal Lotto al proprio conto corrente, atteso che lo scontrino della vincita è al portatore).

Perciò, non è sufficiente che il contribuente adduca la vincita al lotto, sperando così di traslare sull’Ufficio l’onere della prova ovvero il mero ingresso al casinò, senza che riesca a dimostrare la vincita.

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