L'avviso di accertamento non può essere emesso prima di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione a causa della messa in liquidazione della società che non può rappresentare una ragione di urgenza. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 3045 del 2023
In tema di diritti del contribuente, l’art. 12 della L. 212/2000 prevede che l’avviso di accertamento non possa essere emesso prima del decorso di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, salvo la sussistenza di valide ragioni di urgenza, consistenti in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità.
Di conseguenza la messa in liquidazione della società controllata non può mai essere considerata, da sola, come ragione di urgenza per emettere anticipatamente l’avviso di accertamento, in quanto la procedura non avrebbe fatto venir meno i poteri di accertamento se questi fossero stati debitamente esercitati.
È questo il principio pronunciato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 3045 del 1° febbraio 2023.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 3045 del 1° febbraio 2023
- Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 3045 del 1° febbraio 2023
La decisione della Corte di Cassazione su liquidazione della società e anticipo dell’accertamento
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR che, in linea con la sentenza di prime cure, aveva respinto l’appello dell’Amministrazione finanziaria in una controversia avente ad oggetto avvisi di accertamento, emessi dall’Ufficio prima dello scadere del termine dilatorio di 60 giorni decorrente dalla data di notifica del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza.
A parere della CTR l’Ufficio non aveva fornito prova atta a giustificare l’avvenuta emissione ante tempus degli impositivi, comunque non individuabile nella messa in liquidazione della società contribuente.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, nella parte in cui il giudice di merito ha erroneamente escluso che la messa in liquidazione della società contribuente possa costituire valida ragione per emettere l’atto impositivo prima del decorso del termine dilatorio del citato art. 12.
I giudici di legittimità hanno ritenuto infondato il motivo e rigettato il ricorso presentato dall’Ufficio erariale.
In tema di garanzie del contribuente, la Corte di cassazione ha sempre affermato come sia onere dell’Amministrazione offrire, come giustificazione dell’urgenza di emettere anticipatamente l’atto impositivo rispetto al termine previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente, la prova - in base a fatti concreti e precisi - che ciò dipenda da fattori ad essa non imputabili, che hanno inciso al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, pena la dissoluzione della finalità di recupero delle imposte non versate.
In altre parole le ragioni di urgenza che, se sussistenti e provate dall’amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità.
Resta da chiarire se lo stato di liquidazione della società rappresenti un fatto tale da giustificare l’emissione anticipata dell’atto. Alla questione la Corte di cassazione ha risposto negativamente affermando a chiare lettere che la messa in liquidazione della società non rappresenta un valido motivo per l’emissione dell’atto impositivo ante tempus.
In effetti, con la riforma del diritto societario, all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società medesima, determinandosi un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Inoltre, deve comunque ritenersi valida la notifica dell’avviso di accertamento effettuata a mani dei soci dopo l’estinzione della società a seguito di cancellazione dal registro delle imprese.
Ne deriva che lo stato di liquidazione della società – antecedente alla sua estinzione - non preclude l’attività di accertamento né la soddisfazione delle eventuali ragioni creditorie dell’Ufficio.
Nel caso di specie la CTR ha dato corretta attuazione ai principi suesposti, affermando come la messa in liquidazione della società contribuente non avrebbe fatto venir meno i poteri di accertamento se questi fossero stati debitamente esercitati. Da qui l’illegittimità dell’intero avviso di accertamento.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La liquidazione della società non è motivo sufficiente per anticipare l’accertamento