L’Amministrazione finanziaria non può riqualificare la cessione immobiliare

La cessione di un edificio, anche se da demolire e ricostruire, non può essere riqualificata dall'Amministrazione Finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante. Lo ha precisato la Corte di Cassazione

L'Amministrazione finanziaria non può riqualificare la cessione immobiliare

Ai fini IRPEF, la compravendita di un compendio immobiliare anche solo parzialmente edificato non sconta la tassazione della plusvalenza da cessione di area edificabile, ma deve essere inquadrata nella fattispecie della compravendita di terreno già edificato, ancorché l’immobile già esistente sia da abbattere e riedificare.

In altre parole, la cessione di un edificio, anche qualora le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste.

Infatti, è inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni.

Sono queste le indicazioni che la Corte di Cassazione ha fornito con l’Ordinanza n. 11800/2024.

L’Amministrazione finanziaria non può riqualificare la cessione immobiliare e decidere il regime fiscale

La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2007 con cui veniva ripresa a tassazione la plusvalenza generata da un atto di compravendita ex articolo 67, comma 1, lett. b) del TUIR.

La vicenda traeva origine dalla decisione della contribuente e dei suoi due fratelli, proprietari ciascuno di un appartamento facente parte di una palazzina, di alienare l’intero compendio immobiliare e la relativa area cortilizia.

La stipula in oggetto era però stata preceduta da un preliminare di compravendita che aveva consentito alla società promissaria acquirente di presentare una richiesta di rilascio di permesso di costruire all’amministrazione comunale, avente ad oggetto un intervento di demolizione e nuova costruzione di fabbricato condominiale. Solo dopo l’accoglimento della domanda da parte dell’ente civico, le parti addivenivano alla stipula del contratto di compravendita, cui seguiva invero la comunicazione di inizio lavori.

Sulla scorta di tali accadimenti l’Ufficio riteneva sussistenti i presupposti per non qualificare l’atto de quo come cessione di immobile bensì come alienazione di area edificabile.

Il primo grado di giudizio è stato sfavorevole al contribuente ma la CTR ha ribaltato il giudizio, ritenendo che l’atto avesse ad oggetto un fabbricato con annesso terreno, di proprietà della contribuente da oltre un quinquennio e per il quale non era dunque censurabile alcun intento speculativo.

Inoltre, non si trattava di area edificabile bensì di un terreno già edificato, essendo irrilevante ai fini tributari la pratica edilizia di demolizione e successiva nuova costruzione.

Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’Ufficio, lamentando violazione dell’articolo 67, comma 1, lett. b) del TUIR e dell’articolo 20 del DPR n. 131/1986.

La cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno sottostante

La Corte di Cassazione ha respinto la tesi dell’Amministrazione finanziaria, ribadendo un principio già affermato in passato secondo cui, in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore degli artt. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, del DPR n. 917 del 1986, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le:

“plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.”

Pertanto, non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice del citato articolo 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica.

Inoltre, ai fini della tassazione separata delle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, la Cassazione ha precisato che l’alternativa fra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”.

Di conseguenza, la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste.

Infatti, è inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni.

La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso, essendosi la CTR adeguata ai principi di legittimità surrichiamati.

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